Cinema Natale rosso sangue: guida al lato oscuro del Natale

Natale rosso sangue: guida al lato oscuro del Natale

Ah il Natale! La sua atmosfera impareggiabile, l’odore di tacchino ripieno neanche fossimo al giorno del ringraziamento, e poi incredibili tombolate, parenti venuti come vichinghi dal Sud, il sorriso dei bambini, i regali, e naturalmente lui Babbo Natale, il pacioso e panciuto anziano dalla casacca rossa come la Coca Cola.

Il cinema horror diciamolo è per antonomasia un cinema cattivello, poco accomodante e non molto propenso a festeggiare le tradizioni, anzi a dire il vero le riscrive secondo ottiche di gotico crudele. Prendiamo per esempio 976 chiamata per il diavolo II – il fattore astrale, un filmaccio diretto da Jim Winorsky, regista famoso per aver fatto la versione porcona di Roger Rabbit, Evil Toons. Il film non vale il suo predecessore (di sua maestà Robert “Freddy Krueger” Englund), ma c’è una scena da applauso: ad un certo punto il classico La vita è meravigliosa di Frank Capra diventa La notte dei morti viventi con il cambio della frase “Quando un campanellino suona gli angeli mettono le ali” in “Quando un campanellino suona gli zombi ti strappano le budella”. Svolta mica male per una pellicola girata coi piedi e interpretata dall’ex signora Sly, Brigitte Nielsen. Sono quei momenti wow che trasformano i brutti film in scult, cult del brutto sublime, e ci fanno digerire anche un piatto rancito come questo 976 parte 2.

Ma per trovare un Babbo Natale cattivo, ma così cattivo che possiamo pregare che la notte del 24 mamma e papà ci abbiano regalato un bel fucile a pompa bisogna fare un salto indietro negli anni 70 quando la gloriosa Amicus, la casa nemica della Hammer di Dracula il vampiro, mette in cantiere Tales from the crypt, pellicola a episodi ispirata ai classici fumetti di Zio Tibia. Il film è pieno di trovate, ciechi vendicativi, torture pre Saw, zombi e soprattutto, quello che ci interessa un pazzo scatenato vestito da Santa Claws. Oh oh oh. L’episodio è And All Through The House con una Joan Collins da infarto quanto è bella, peccato sia il segmento anche più debole dei cinque. Di altra pasta, più ironico e aderente all’umorismo del fumetto ispiratore, sarà l’episodio omonimo dei Tales from the crypt televisivi anni 80 diretto nientepocodimeno che da Robert Zemeckis. Anche qui medesima situazione (donna che uccide il marito e assassino mascherato da Babbo Natale che vuole ucciderla), ma spicca il look del nostro Evil Claws: denti marci, ghigno inquietante e un’aria barbonesca pre Bad Santa. Su un Babbo Natale killer però ci hanno fatto proprio una serie: Silent night, deadly night, da noi Natale di sangue. Ben 5 film, i primi tre abbastanza bruttini, ma dal numero quattro del 1990 ecco che entra in pista Brian Yuzna che fa svaccare lo slasher alla Halloween in un delirio acido che riscrive Society e le sue orge di mutazioni kafkaniane. L’ultimo capitolo è del 1992, sempre scritto da Yuzna, ma diretto da Martin Kitrosser, con l’idea di un burattinaio, non ci crederete, che si chiama Joe Petto e un figlioccio dal nome di Pino! Ci si immagina che un costruttore (Mickey Rooney) crei malvagi giocattoli per rendere il Natale più sanguinoso possibile con dispiego di trovate degne di un B movie di tutto rispetto. Ma torniamo indietro ai primi tre film, quasi speculari l’uno con l’altro. Il primo del 1984 diretto da Charles E. Sellier Jr vede uno sciroccato ossessionato dalla figura di Babbo Natale fare una mattanza in un’orfanotrofio gestito da suore. Ritmo blando, regia debole e poco da essere orgogliosi in uno slasher che meritava di morire dopo questo capitolo. Peggio si fa con il numero 2 del 1987 diretto da un montatore, Lee Herry, e costruito per quasi metà film da flashback del precedente film. L’umorismo è più marcato, il Babbo Natale killer è il fratello del precedente protagonista, ma, a parte alcuni omicidi divertenti, siamo quasi agli stessi (bassi) livelli.

Meglio si va con il numero tre del 1987 che vede il grande Bill Moseley vestire i panni del nostro pazzo con una specie di ciotola oscena in testa, ma il merito del disastro evitato è solo del regista, l’ottimo Monte Hellman chissà come finito a girare immondizia dopo aver firmato un capolavoro western come La sparatoria (1971). Altro classico nero delle feste è Non aprite prima di Natale (Don’t Open Till Christmas– 1984), unica regia dell’attore Edmond Purdon, con omicidi cruenti e sanguinosi, ma poco altro per essere ricordato. Facciamo allora un passo indietro nel 1974 per trovare una buona pellicola sul tema, Black christmas di Bob Clark, considerata a tutti gli effetti il film che da’ inizio ufficialmente alla moda degli slasher che vedrà con John Carpenter e il suo Halloween uno dei picchi più alti del genere. Clark di solito è conosciuto come regista dei primi due goliardici Porky’s, ma è stato anche (e soprattutto) un auteur horror con classici del genere come La morte dietro la porta o L’assedio dei morti viventi. Qui con Black Christmas crea un thriller mai sbilanciato tra sangue e suspence, riuscendo dove i vari Silent night, deadly night falliranno, diventando a tutti gli effetti un cult movie non solo del Natale, ma del cinema horror. In epoca recente il produttore di Final destination, Glen Morgan, proverà a remakizzare questo classico con risultato solo apprezzabili a livello di messa in scena, ma non riuscendo ad attualizzare in maniera convincente il plot del modello. Di Babbi Natali killer ne è pieno zeppo il cinema horror, così come di assassini che uccidono sempre in questo periodo, ma la maggior parte sono pellicole a metà tra l’orribile e l’amatoriale. Citiamo il brutto To All a Goodnight (1980) dell’attore appena scomparso David Hess, famoso per il suo ruolo da psicopatico in cult del rape and violence come L’ultima casa a sinistra di Wes Craven o La casa perduta nel parco di Ruggero Deodato. Come regista dimostra di essere molto meno dotato che come attore e il suo film lo si confonde con altri titoli del filone.

Ma anche un brutto film come questo sembra Kubrick al confronto di cosacce immonde come l’orribile The Christmas Season Massacre (2001) di Jeremy Wallace o Santa Claus (1996) di Massimiliano Cerchi, horror slasher tanto brutti da sembrare scherzi di cattivo gusto. Torniamo in superfice con il delizioso Christmas Evil (1980), diretto da Lewis Jackson, dove il solito plot del Babbo Natale sanguinario si impreziosisce dell’idea che questi uccida solo le persone che lui reputa cattive. Ancora meglio il francese Un minuto a mezzanotte (3615 code Père Noel, 1990), di René Manzor, che riesce nella non facile impresa di unire il genere infantile alla Mamma ho perso l’aereo con il thriller più cupo. Non dimentichiamo poi che il capolavoro action Die hard (1987) di John Mctiernan con uno sgualcito Bruce Willis si ambienta in questo periodo dell’anno e anche il quasi contemporaneo Arma letale di Richard Donner si apre con un suicidio sulle note di Jingle Bells. Altro esponente da favola cattiva, senza scomodare Babbo Natale, è il fantasioso Gremlins (1984) di Joe Dante dove appunto un cucciolo esotico regalato dai genitori ad un adolescente genererà una nidiata di demonietti diabolici. Ne esiste pure un seguito, ma preferiamo non ricordarlo. In epoca recente ha fatto paralre di sé il finlandese Rare exports.

All’inizio c’era un corto di appena 8 minuti, geniale, veloce, paurosissimo, ma anche divertente dove un Babbo Natale malvagio (uno vero, non il solito pazzo mascherato) dissacrava l’idea di un felice 25 Dicembre fatto di doni e regali colorati. Quel frammentino ino ino fu un successo mondiale: ecco allora che la fama, i ricchi premi e cotillon hanno dato alla testa al talentuoso regista Jalmari Helander che prima gira altri corti dedicati al tema, poi decide di fare un passo da gigante e realizzare un vero lungometraggio da quei pochi, ma geniali scatti di paura artica.

Rare exports – A christmas tales è tutto quello che ci aspettavamo dai suoi assaggi in versione corto: è divertente, è folle, è originale. Almeno per i primi minuti. Poi diventa noioso, prolisso, dimostrando l’incapacità del suo autore di riuscire a giostrare con lo stesso brio dei suoi lavori di pochi minuti la complessità di un lungometraggio. Si gioca a fare il Joe Dante in un epoca di Super 8 dove il cinema dantesco è diventato non solo nostalgia speilberghiana, ma una vera scuola di pensiero fatta di crudeltà e poesia, di fanciullezza e disincanto, un mondo dove i diversi e gli ossimori coesistono con un’alchimia sempre sul bilico dell’Armageddon. In Rare exports – A christmas tales questo purtroppo non accade: sarà la legnosità degli attori o la spiccata antipatia del bambino protagonista, ma il versante comico mal si amalgama con le sterzate macabre che il copione generosamente regala. Solo da citare, divertente e poco più, è Santa’s slay di David Steiman, che anticipa di qualche anno l’idea del sopracitato film finlandese, ma organizzando meglio e con più gusto uo spettacolo agrodolce e molto splatter. Meglio si va con il belga Sint di Dick Mass, l’autore del cult L’ascensore. Se il film del finlandese Jalmari Helander peccava in un eccessivo sbilanciamento tra le parti ridanciane e quelle più serie, il film di Maas invece non sbaglia a impostare la sua pellicola: ben poche concessioni al faceto, il suo Sint è un horror cupo, dai toni di favola dark che non esita a piazzare momenti di grande splatter allo spettatore più smaliziato con teste che esplodono in geyser rosso fuoco e bambini scannati alla faccia del politicalmente corretto. Sint è Scream che incontra Tim Burton, un mondo scuro dove lo slasher più classico con uccisioni all’arma bianca cede il posto a creature fantastiche, folletti neri, cavalli diabolici e un villain vestito da papa con la faccia da scheletro in una sorta di iconografia blasfema del concetto di religione. Maas non si dimentica l’ironia, ma non cade mai nel facile giochetto parodistico da commedia dai toni horror, riuscendo a mantenere alta per tutto il film la sua dimensione da favola scura, un po’ alla fratelli Grimm, ma mutuata ai giorni nostri. E con questo, consapevoli di esserci lasciati dietro tanti film, tra cui commedie anche preziose come SOS fantasmi di Richard Donner, speriamo che questo breve excursus nei meandri più tenebrosi del Natale vi abbia fatto venire voglia di riscoprire pellicole viste o mai neppure sentite nominare. Vi salutiamo augurandovi buone feste con l’immagine, geniale e tenera di un Babbo Natale burtoniano. Se sentite rumori dal camino però ricordate: armatevi di coltello!

About Andrea Lanza
Si fanno molte ipotesi sulla sua genesi, tutte comunque deliranti. Quel che è certo è che ama l’horror e vive di horror, anche se molte volte ad affascinarlo sono le produzioni più becere. “Esteta del miserabile cinematografico” si autodefinisce, ma la realtà è che è sensibile a tette e sangue.

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