Cinema Silent Night, Deadly Night

Silent Night, Deadly Night

Quello che più stupisce e in fin dei conti diverte di Silent Night, Deadly Night è la costante ambivalenza che accompagna la dirompente perdita di senno del protagonista.

1971: E’ la vigilia di Natale e il piccolo Billy assiste impotente all’omicidio dei genitori da parte di un rapinatore travestito da Babbo Natale.
1974: Billy è ospite di un orfanotrofio gestito da suore, ma le immagini della brutale scomparsa dei propri cari non lo abbandonano mai: per lui il Natale non è altro che continua rievocazione di quel terribile trauma.

1984: Billy, ormai diciottenne, trova lavoro presso un negozio di giocattoli. Tutto sembra finalmente andare per il verso giusto, ma una fatale combinazione di eventi a cavallo delle imminenti feste natalizie farà in modo che i demoni interiori del ragazzo prendano definitivamente possesso della sua mente e diano il via a una mattanza che potrebbe essere senza fine…

E’ piuttosto significativo dello spirito dei tempi quanto questa ancora misconosciuta pellicola diretta dal produttore Charles E. Sellier ancora oggi venga ripescata dagli annali più come fulgido esempio di ciò che è in grado di fare un’infuriata congrega di associazioni dei genitori americani, scesi sul piede di guerra per l’infame rielaborazione di un’icona sacra come quella di Babbo Natale, piuttosto che per l’assolutamente perfettibile ma indiscussa peculiarità di uno slasher nato nell’epoca d’oro del genere ma capace di distinguersi  non senza una discreta bizzarria dalla masnada di pellicole fotocopia del periodo. Già la scelta iniziale di dare il via alle danze premettendo non uno, ma due, piuttosto lunghi prologhi capaci di dilatare la vicenda a quasi quattro lustri conferisce una tempistica decisamente anomala all’insieme, soprattutto perché lo sceneggiatore Michael Hickey decide di non concedere ancora nessun indizio delle dinamiche più squisitamente slasher del blocco centrale della narrazione.  Gestione temporale a parte, quello che più stupisce e in fin dei conti diverte di Silent Night, Deadly Night è la costante ambivalenza che accompagna la dirompente perdita di senno del protagonista interpretato da Robert Wilson: se da una parte la scelta di far condurre la vicenda dalla deriva psicotica del nostro è brillante ed efficace, dall’altra tutta una serie di scelte narrative, interpretative e stilistiche fanno in modo che la pellicola cavalchi costantemente al limite del ridicolo involontario: dal Billy ragazzino che stende a cazzotti un ignaro Babbo Natale, al sognante intermezzo dove una colonna sonora sguaiatamente ottantiana apre squarci di – momentaneo –  ottimismo very yankee nella vita del diciottenne Billy, al sistematico ricorso, anche questo squisitamente eighties, a nudi e seni femminili che poco o niente riescono a integrarsi con l’economia dell’intera pellicola.

Ad aumentare ulteriormente un certo senso ci straniamento ci pensa poi l’elemento più propriamente horror del film: l’escalation omicida di Billy è segnato da uccisioni che si affidano all’inventiva più che alla credibilità, raggiungendo il picco massimo quando la storica scream queen Linnea Quigley finisce inflizata a una testa di cervo appesa alla parete. Raggiunto il suo climax nelle prime due scene di massacro, la pellicola va inevitabilmente sfilacciandosi, e venendo l’originalità che l’aveva caratterizzata fino a quel momento, si affida a soluzioni più convenzionali fino alla sua conclusione. Tutt’altro che perfetto o seminale, Silent Night, Deadly Night è una pellicola a cui va necessariamente data un’occasione, considerato il coraggio decisamente naif dimostrato nel discostarsi da quelle soluzioni tutte uguali che andavano per la maggiore nel dorato micromondo degli slasher anni ’80.

Silent Night, Deadly Night

(USA, 1984)
Regia: Charles E. Sellier
Sceneggiatura: Michael Hickey
Interpreti: Robert Wilson, Linnea Quigley, Tony Nero, Lilyan Chauven, Gilmer McCormick
Durata: 79 min.

About Andrea Avvenengo
E’ nato nel terrore spiando Twin Peaks alla TV. Il tempo ha messo in fila passioni su passioni, raffinando (o imbarbarendo?) i gusti, ma senza mai scalfire la capacità del cinema fantastico di scaraventarmi indietro nel tempo, la mani davanti agli occhi, terrorizzato e fottutamente felice.

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