Animazione Chucky, la bambola assassina

Chucky, la bambola assassina

La saga di Chucky, il bambolotto assassino, una delle più improbabili (e amate) dell’horror moderno.

I giocattoli sono uno dei primi approcci ha il bambino con l’altro, tramite i giocattoli impara a rapportarsi con il mondo, a sviluppare le proprie sensazioni. Il giocattolo diventa quindi un mezzo indispensabile per acquisire nuove competenze ed entrare in relazione con elementi esterni in modo diverso a ogni fase della crescita. Ecco quindi che per un bambino un secchiello può diventare un elmo medioevale o una mela una palla da calcio, il giocattolo stimola la fantasia e molte volte, soprattutto quando si è molto piccoli, diventa un vero compagno di gioco, soprattutto le bambole. Tutti si ricorderanno il famoso Cicciobello della Giochi preziosi, definito sul sito ufficiale “la bambola per antonomasia e simbolo di intere generazioni“, un bambolotto dall’aspetto di neonato che ha conquistato il cuore di tante bambine frementi di essere brave mamme future. Ecco che Ciccio bello faceva la pipì, aveva la bua, veniva stretto al petto imberbe di queste precoci donne del domani, ma nessuno avrebbe potuto pensare che una bambola, simile a questa, sarebbe diventata un’icona del cinema horror.

Chucky è un modello di Tipobello nella traduzione italiana (Good guy, bravo ragazzo, in originale), nella finzione la bambola più venduta ai bambini anni 80, un bambolotto con lentiggini e capelli rossi che dice tutto amorevole “Sarò il tuo amico per sempre”. Chucky è però anche la reincarnazione di un serial killer spietato, Charles Lee Ray, che grazie al voodoo ha evitato la morte trasmigrando nel pupazzo, senza perdere naturalmente la brama di sangue. I suoi film hanno terrorizzato e divertito tante generazioni proprio perché ome ogni buon horror dissacravano un feticcio rassicurante dell’infanzia riproponendolo in chiave tenebrosa e raccapricciante.

La bambola assassina

“Non c’è niente di più serio e più coinvolgente del gioco per un bambino. E in questa sua serietà è molto simile ad un artista intento al suo lavoro. Come l’artista, anche il bambino giocando trasforma la realtà, la reinventa, la rappresenta in modo simbolico, creando un mondo immaginario che riflette i suoi sogni a occhi aperti aperti, le sue fantasie, i suoi desideri”

(Silvia Vegetti Finzi, A piccoli passi, Mondadori).

A girare il primo capitolo di questa serie è Tom Holland, il regista del cult movie Ammazzavampiri, che riesce nel difficile compito di creare una nuova icona del cinema del terrore. Non c’era riuscito Wes Craven, alla fine degli anni 80, con Horace Pinker, il cattivo del vituperato Sotto shock, e tanti prima e dopo lui, ma ci riesce Tom Holland che era e sarebbe restato un signor nessuno, di certo non un nome, solo un regista talentuoso ma presto svanito nel dimenticatoio. Holland gira La bambola assassina dopo una brutta commedia con Whoopi Goldberg per la Warner, Fatal Beauty, e lo fa con un certo estro che rende il suo prodotto superiore alle tante imitazioni che verranno fatte quasi contemporaneamente. Basti pensare al Puppet master di David Schmoeller, prodotto dalla Full moon di Charles Band, di discreta fattura ma senza quell’appeal, malgrado la miriade di bambole assassine in scena, unico del nostro Chucky.

A onor del vero bisogna dire che il filone delle marionette killer non è farina del sacco di Holland, ma nasce con La bambola del diavolo -The Devil-Doll del 1936 di Tod Browning, l’autore dei capolavori d’inizio novecento Dracula e Freaks. Sempre in campo bambole malvagie non bisogna poi dimenticare l’episodio Il pupazzo del ventriloquo (The Ventriloquist’s Dummy) di Alberto Cavalcanti all’interno dell’antologia Incubi notturni del 1945 o il pupazzo Zuni de La trilogia del terrore (1 e 2) di Dan Curtis nè il favolistico Dolls di Stuart Gordon di appena un anno precedente La bambola assassina. Quello che però fa Child’s play è mostrare un’innocente bambola, tutta pucciosa e amorevole, che ad un certo punto, nel momento clou del film, comincia a inveire come uno scaricatore di porto brandendo oggetti contundenti con fare poco carino. Le bambole precedenti erano già dall’inizio inquietanti, tanto che potevi chiederti “Madonna santa, ma come diavolo fanno i bambini a dormirci insieme?”, Chucky no, lui è tenero e con una vocina tutta cuoricini, per forza poi ci rimani male come se avessi sposato Miss purezza e te la trovi a cosce aperte su Le ore cintura dorata.

L’indole malvagia di Chucky è data, come già detto, dal voodoo: il serial killer Charles Lee Ray, con la polizia alle calcagna non trova di meglio che far trasmigrare la sua anima nella cosa più vicino a lui, un bambolotto Tipobello! A prestare la voce della marionetta e le fattezze umane dell’assassino originale è Brad Dourif, famoso per il ruolo del balbuziente in Qualcuno volò sul nido del cuculo e visto come caratterista in centinaia di film nobili e meno nobili (tra i quali il Trauma di Dario Argento). L’interpretazione di Dourif è strepitosa, difficile ormai, se visto in originale il film, pensare ad un Chucky con una voce diversa. Ad affiancare l’attore ritroviamo un volto conosciuto nelle produzioni Holland, Chris Sarandon, il leggendario Jerry Dandrige di Ammazzavampiri, qui nel ruolo di un poliziotto che cercherà di evitare che la bambola si impossessi del corpo del giovane Andy, un bambino tutto contento di avere ricevuto dalla mamma il suo nuovo amico/giocattolo. Eh si perchè Charles Lee Ray ha poco tempo per uscire dal corpo di Chucky ed entrare in quello di un umano, pena la vita eterna in un corpo di plastica! La bambola assassina è un buon horror che riesce a divertire ed appassionare il pubblico, tenendo sul filo della tensione gli spettatori per i suoi 90 minuti di spettacolo. Certo non è un capolavoro, ma un film di grande appeal nel pubblico, come d’altronde capolavoro non lo era neppure il primo Venerdì 13, ma ci sono film che riescono, al di là dell’eccellenza, a catturare più di altri gli spettatori E’ una strana alchimia che è difficile controllare, un po’ come l’amore. La bambola assassina non eccede comunque in splatter o scene truculente e questo un po’ stupisce in un decennio come gli anni 80 dove la carne doveva essere servita moooooooolto al sangue, ma a conquistare tutti è soprattutto Chucky che si meriterà ben 4 seguiti. Qui nasce la leggenda.

La bambola assassina 2 e 3

Nel 1990, solo un paio di anni dopo, arriva La bambola assassina 2 diretto questa volta da John Lafia, un regista alla sua prima esperienza cinematografica (aveva esordito con la serie Freddy Nightmares) e destinato a non grandissime cose. Il nuovo arrivato comunque ce la mette tutta girando un film fotocopia, ma diretto con mano sicura. Eh si perché il problema de La bambola assassina 2 e 3 sarà soprattutto la mancanza di originalità. Cambia il contesto ma il succo è sempre quello: Chucky vuole entrare nel corpo di Andy, il bambino del primo film. Che importa che il precedente capitolo metteva il pepe al culo al bambolotto dandogli una scadenza di pochi giorni (superata abbondantemente) o che il mondo è pieno di corpi da possedere, Chucky no, lui vuole il suo Andy! Alla fine resta, sangue o omicidi a parte, sempre un bambolotto Tipobello e  l’amicizia per un bambolotto Tipobello è per sempre! Danno forfait nel cast sia Catherine Hicks (la madre di Andy) che Chris Sarandon, e Brad Dourif da qui in avanti sarà presente nella serie solo come doppiatore. Quello che stupisce di Child’s play 2, scritto sempre da Don Mancini, è la quantità di adulti stupidi e ottusi presenti, alla fine anche quando vengono massacrati si parteggia sempre e solo per Chucky. Impossibile farlo per altri sia il piagnucolone Andy che per la nuova sorella Christine Elise, stereotipo dell’adolescente ribelle ma dal cuore d’oro, non dissimile da quelle presentate in tanti telefilm addomesticafamiglie come Happy days o I robinsonIl punto clou del film è il finale dove la battaglia tra il bambino e il suo pupazzo si consumerà nella fabbrica dei Tipobello: qui Chucky sarà sconfitto in alcune scene abbastanza raccapriccianti dove perderà gli arti, sostituirà le gambe con un carrettino e poi finirà fuso da gomma bollente.

Inutile dire che un solo anno dopo tornerà ancora in La bambola assassina 3! A girare questa volta è Jack Bender,  braccio destro di J. J. Abrams (Lost, Alcatraz, Star trek), che nel suo curriculum poteva vantare un tv movie horror di pregevole fattura, La notte di Halloween. La salsa, come detto non cambia, ma stavolta la vicenda è un po’ più varia vista l’ambientazione militare. Il piccolo Andy è cresciuto (interpretato per ovvie ragioni da un altro attore) e si iscrive in una scuola di cadetti, ma l’amico Chucky, ricostruito da un gruppo di decerebrati, non si è dimenticato di lui. Tra citazioni di Full metal jacket (“Questo serve per sparare, questo serve per scopare“), personaggi stereotipati (il negretto simpatico alla Webster) il film fila veloce, come la serie impone non è sanguinoso ma divertente, e, come il precedente, ha il punto forte nel finale, quuesta volta ambientato in un coloratissimo parco giochi. Chucky verrà stavolta sfregiato, mostrando un viso zombesco sotto la plastica, e fatto a pezzi da una ventola, ma il film non finisce propriamente bene neppure per Andy che verrà arrestato. Pur se rassicura il pubblico con un “Me la caverò” bisogna prendere atto che, anche se ci saranno ancora due seguiti, il personaggio non apparirà più. Certo è che questi due seguiti non bissarono il successo del primo film di Tom Holland che con un bugdet di solo 9 milioni ne incassò 33: se il secondo ancora guadagnò qualcosa, questo terzo La bambola assassina fu un insuccesso clamoroso guadagnando appena 14 milioni su un costo di 13! Ovvio che per quasi 10 anni Chucky rimase morto davvero.

Quando Chucky mise famiglia

Nel 1998 la Universal decide di resuscitare il bambolotto assassino più famoso degli anni 80 assoldando un regista orientale alla sua opera prima in America, Ronny Yu, famoso per il suo horror wuxia La sposa dai capelli bianchi. La scelta si rivela vincente, non per nulla nel 2001 lo stesso regista riuscirà nel miracolo di dare nuova linfa a due brand ormai defunti come Nightmare e Venerdì 13 con lo spin off Freddy vs Jason. Viene stanziato un budget di 25 milioni, il più alto di tutta la serie, e, su sceneggiatura del solito Don Mancini, Chucky viene riportato in vita ne La Bambola Assassina 4: La Sposa di Chucky. Questa volta niente più Andy, ma una storia alla Assassini nati tra due amanti reincarnati in due bambole con i loro folli omicidi in primo piano. Si cita, fin dal titolo, il capolavoro di James Whale, La sposa di Frankestein, e il film, finalmente, è la cosa migliore della serie grazie soprattutto alla briosa regia di Ronnie Yu e ad una  trama che sa riadattare i clichè del brand in un’ottica totalmente nuova. Perfetta nel ruolo della moglie della bambola è Jennifer Tilly, che sia in carne ed ossa che in versione pupazzo riesce ad affiancare perfettamente il Chucky di Brad Dourif.

La sua Tiffany, simile alle Living dead dolls che spopoleranno pochi anni dopo, è un mix di sensualità e malvagità, compagna perfetta per il nostro bambolotto preferito. Il film è un successo mondiale e riesce a riportare al cinema il pubblico smaliziato di fine millennio: Chucky dopo due titoli un po’ insapore riesce a ritornare sul podio dei miti del cinema horror. Purtroppo questa fortuna commerciale dura poco perché la Universal nel 2004 decide di dare alla serie un nuovo seguito (abbassando comunque il budget a 12 milioni) e affida la regia allo storico sceneggiatore Don Mancini: La Bambola Assassina 5: Il Figlio di Chucky. Purtroppo il film sarà un disastro artistico, ambizioso e senza misure, tanto che in molti Paesi, compresa l’Italia, uscirà solo dopo molto tempo diretto in dvd. Siamo nel pericoloso territorio alla Scream, il metacinema, infarcito di situazioni alla Scary movie che non fanno mai ridere (Chucky che fa sbandare una macchina con su una simil Britney Spears commentando “Oops i did it again” come il titolo del secondo album della cantante). Il problema de Il figlio di Chucky è l’eccessivo umorismo, già presente in maniera non così evidente nel precedente film, che manda in vacca tutta l’atmosfera dark e dissacrante della serie: ormai La bambola assassina non fa più paura, è solo una marionetta crudele e sbocccata che si aggira con la famiglia ad uccidere personaggi sempre più cretini. Come un pugile imbolsito o un comico che non fa più ridere, Il figlio di Chucky si trascina annaspando per 90 interminabili minuti dove, per scimmiottare Wes Craven, gli attori interpretano sè stessi (compresa una strabordante Jennifer Tilly) e il film è ambientato per la maggior parte ad Hollywood dove si sta girando un’altro Child’s play di basso profilo. La nuova entry è, come annuncia il titolo, il figlio delle due bambole, un pupazzotto emo contrario agli omicidi, motivo per creare nuove gang tra rampollo e genitore insapori e mai divertenti. Con questo capitolo la serie si chiude, ma è notizia fresca che Don Mancini sarà alla regia di un nuovo progetto dal titolo Curse of Chucky che sembra riporterà la serie agli albori iniziali facendo piazza pulita di ogni parente intorno alla bambola assassina. Speriamo fiduciosi.

About Andrea Lanza
Si fanno molte ipotesi sulla sua genesi, tutte comunque deliranti. Quel che è certo è che ama l’horror e vive di horror, anche se molte volte ad affascinarlo sono le produzioni più becere. “Esteta del miserabile cinematografico” si autodefinisce, ma la realtà è che è sensibile a tette e sangue.

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