Cinema La saga di Non aprite quella porta: dal realismo al 3d

La saga di Non aprite quella porta: dal realismo al 3d

Letherface è un’icona dell’horror moderno al pari di Freddy Krueger, Jason Vorhees e Michael Myers, e come i suoi soci, film dopo film, ha perso la forza e il carisma che aveva agli esordi diventando una macchietta del baubau che era.

Il gigante dalla faccia nascosta da una maschera di pelle umana nasce nel 1974 quando due giovani autori, Tobe Hooper e Kim Henkel, crearono un film shock, The Texas Chainsaw massacre (Non aprite quella porta).  Erano gli anni di L’ultima casa a sinistra, di horror che non prendevano più spunto da leggende soprannaturali, gli imperi gotici dei Dracula, Frankenstein o licantropi di brughiera cedevano il posto a luoghi di tutti i giorni, alle immense frontiere americane dove dentro villette a schiera da american dream potevano celarsi furiosi assassini.

Il sogno cannibalico americano

Non aprite quella porta: 1974. Era il sogno cannibalico americano: i fratelli che mangiavano altri fratelli, l’eco del Vietnam non si era ancora spento e allora l’horror poteva essere il mezzo più adatto per camuffare nelle budella calde umori politici disillusi. Non aprite quella porta era un film a basso budget: un cast composto da docenti universitari e studenti, 70000 dollari o poco più per girare quello che divenne un cult movie del genere, uno spartiacque per i film successivi. Hooper fu costretto a girare sette giorni su sette giorni a un ritmo terrificante per riuscire a finire il più velocemente possibile e ridurre i costi di noleggio delle attrezzature. Al momento della sua uscita, nell’Ottobre 1974, Non aprite quella porta fu vietato in molti paesi, e numerosi cinema si rifiutarno di proiettarlo per la sua violenza, ma questo non impedì al film di diventare un successo commerciale inaspettato. Hooper sostiene di aver pensato per la prima volta a Non aprite quella porta notando serie di motoseghe in vendita in un negozio.

Il regista aveva in mente di far parlare il suo assassino, ma Gunnar Milton Hansen, l’attore che impersonò Letherface fu categorico: doveva essere un ritardato e incapace di parlare, questo avrebbe fatto molta più paura al pubblico. Hansen passo’ molto tempo a studiare dei bambini con dei problemi mentali e fece costruire la protesi dentaria gialla e marcia da indossare durante il film dal suo dentista.

Non aprite quella porta si apre su queste frasi:

Il film che vedrete è un resoconto della tragedia capitata a cinque giovani in particolare a Sally Hardesty e a suo fratello invalido Franklin; il fatto che fossero giovani rende tutto molto più tragico, le loro giovani vite furono stroncate da eventi così assurdi e macabri che forse neanche loro avrebbero mai pensato di vivere… per loro una gita pomeridiana estiva si trasformò in un incubo e i fatti di quel giorno portarono alla scoperta di uno dei crimini più efferati della storia americana.”

L’ispiratore killer: Ed Gein

In realtà  il film si ispirò alle gesta di Ed Gein, il macellaio di Plainfield, come fece anche Psyco di Hitchcock e Il silenzio degli innocenti di Jonathan Demme.

Il 17 novembre 1957 la commessa di una drogheria di nome Bernice Worden (madre del vicesceriffo) sparì nel nulla, fra i sospettati c’era anche Ed Gein. Durante l’ispezione di un capanno di proprietà di quest’ultimo, gli agenti fecero la prima macabra scoperta: il corpo della Worden, decapitato e appeso dalle caviglie, aperto in due a partire dagli organi sessuali; le mutilazioni erano state inflitte postmortem. La donna era stata uccisa con una carabina calibro 22. Ed GeinLa testa fu rinvenuta in un’altra stanza della casa, con due chiodi conficcati ai lati: Ed aveva intenzione di appenderla al muro come un trofeo. Cercando nella casa le autorità trovarono:teste come decorazioni nella camera da letto, pelle umana usata come tappezzeria per lampade da tavolo e per sedie, calotte craniche trasformate in ciotole, un cuore umano, una maschera facciale fatta con la vera pelle di un viso umano trovata in una scatola di carta, una collana fatta di labbra umane, un gilet chiamato “veste mammaria” fatta con una vagina e mammelle cucite insieme, un tamburo di pelle umana, femori usati come gambe per un tavolo e altri oggetti creati con parti del corpo umano, inclusa una cintura fatta di capezzoli.

Ed Gein disse molte volte in tribunale di avere avuto il desiderio di cambiare sesso dopo la morte della madre e quest’idea venne ripresa nel (brutto) quarto capitolo dei Kim Henkel, una sorta di sequel/remake della prima opera.

Pur incassando moltissimo Hooper dopo questo primo film si è buttato su altro e si è dovuto attendere ben 12 anni prima di vedere un altro capitolo della motosega. Tra i film del regista di questo periodo  da ricordare sicuramente lo schizofrenico Quel motel vicino alla palude, Poltergeist, Il tunnel degli orrori e il tv movie vampiresco Le notti di Salem, tratto da Stephen King.

I sequel

Non aprite quella porta 2 fu voluto dalla Cannon, una casa specializzata soprattuto in film di cassetta d’azione, grandi successi come i film di Chuck Norris e Van Damme, ma che voleva buttarsi nell’avventura horror. Scelse Hooper come suo portavoce producendo tre film di scarso successo del regista, compreso il seguito del suo capolavoro. Non aprite quella porta 2 era un film interessante, ma l’uso smodato del grottesco lo fece odiare dai fan della prima opera e la critica non fu molto clemente. Peccato perchè la pellicola poteva sfoggiare attori migliori (Dennis Hooper, Bill Moseley), una tecnica cinematografica più matura e scene così violente da sfociare nel disgustoso, merito dell’apprezzato effettista speciale Tom Savini (Dawn of the dead, Creepshow, The Prowler). Il pubblico non capì la potenza satirica dell’opera che spostava l’attenzione in un’altra decade, un periodo sperficiale come solo gli anni 80, in una situazione politica di reaganismo disastroso.  In più la censura massacrò il film tagliandolo selvaggiamente. Un disastro non calcolato.

Per avere un altro The Texas Chainsaw massacre bisogna aspettare il 1990. Tobe Hooper da prima interessato lascia il timone a favore di Jeff Burr, un regista giovane, con alle spalle due film (Il villaggio delle streghe con Vincent Price e Karen Black, e Il patrigno 2). Il nuovo acquisto riesce a girare una terza parte forse non originalissima, ma con molte scene di tortura cult. Anche in questo caso il film viene sia distrutto dalla censura, ma anche dalla produzione che ordina ad un altro regista di girare un finale più soft i quello previsto. Nel cast un giovane Viggo Mortensen pre Signori degli anelli e un efficace Ken Foree in un ruolo post George Romero. Interessante l’idea di creare un Letherface zoppo (con tanto d protesi di metallo cigolante) collegandosi col finale del primo dove il maniaco si feriva alla gamba con la sua stessa motosega.

Intanto in Italia usciva un altro Non aprite quella porta 3 che nulla c’entrava con la saga di Tobe Hooper, era un thriller psicologico girato dal regista Claudio Fragasso sotto il solito pseudonimo di Clyde Anderson. In realtà il film era stato girato come Night Killer, ma i distributori italiani lo fecero uscire nel nostro paese con il titolo truffaldino. Letherface non c’entra nulla e il mostro è un assassino vestito da Freddy Krueger di Nightmare. Film non disprezzabile a dire il vero, è stato oggetto d’odio dei fan proprio per il titolo ingannatorio.

Non aprite quella porta 4 è invece il nadir di tutta la saga, il punto più basso mai raggiunto forse da una serie horror: noioso, stupido, mal girato, una roba davvero improponibile, e non solo diretta, ma anche scritta dall’altro papà di The Texas Chainsaw massacre, Kim Henkel. Il cast sfoggia la presenza delle future star, Renée Zellweger e Matthew McConaughey, ma è meglio stendere un velo pietoso sulla loro performace recitativa. Non aprite quella porta 4 con il suo Letherface transgender e la dose massiccia di idiozia è davvero da dimenticare.

Il reboot del 2003: Dopo questo scivolone The Texas Chainsaw massacre sembrava ormai giunto al capolinea, ma ecco che arriva sua maestà Michael Bay, uno dei massimi registi specializzati in action testosteronici, che decide di produrre nel 2004 un remake del primo capolavoro hooperiano. A dire il vero più che un rifacimento il film sembra un capitolo a se stante, e anche intitolandolo Non aprite quella porta 5 sarebbe stato lo stesso. Quello che  i fan non hanno perdonato a queso nuovo capitolo è la scarsa aderenza con la mitologia di Hooper, soprattutto cambiare il cognome della famiglia cannibale da Sawyer a Hewitt. Per il resto è vero che il plot è simile al primo Non aprite quella porta, ma lo stesso si potrebbe dire di ogni suo seguito (secondo capitolo a parte). Quello che si apprezza è la regia di Marcus Nispel, l’azzeccata ambientazione anni 70 e un ritmo concitato dall’inizio alla fine. Il film è comunque un successo mondiale e sarà l’apripista per nuovi remake di classici prodotti dalla Platinum dunes di Michael Bay, da Venerdì 13 a Nightmare.

Come per il film di Hooper si pensa ad una storia ad hoc inventata, ma spacciata per vera.

Il 20 agosto 1973 la polizia si recò su segnalazione alla fattoria di un certo Thomas Hewitt, contadino abitante nella cittadina di Travis County, Texas.Quella che trovarono nell’ angosciante casa furono i resti macellati di 33 (trentatré) vittime. La scoperta sconvolse non solo i poveri poliziotti che si trovarono di fronte a una simile scena ma la nazione intera!Venne considerato, e lo e’ tutt’ora il piu’ grande massacro di tutti i tempi. Il killer venne chimato “Leatherface” ( “faccia di cuoio” ) dalle maggiori testate giornalistiche del Texas, il soprannome gli venne dato dal momento che uccideva le sue vittime brandendo una sega a motore. L’ FBI riuscì a trovare, inseguire un individuo che si aggirava con una maschera di pelle sulla faccia, gli spararono e la persona morì all’istante. Il caso venne dichiarato chiuso e risolto.Il problema e’ che alcuni anni dopo qualcuno molto vicino alle persone coinvolte nell’ indagine di Stato e nazionale (c’era dentro l’ FBI) dichiarò che in verita’ venne uccisa la persona sbagliata e il caso chiuso solo perché non erano venuti a capo di una soluzione!!Successivamente l’unico superstite di quel massacro decise di raccontare tutti i fatti come erano accaduti e ne scaturì un film noto in Italia con il titolo di “Non aprite quella porta”.

Nel 2006 si produce un altro capitolo, questa volta un prequel, girato dal regista sudafricano Jonathan Liebesman. Il film vorrebbe concentrarsi sulle origini di Letherface, ma alla fine non fa altro che risproporre la solita minestra riscaldata con giovani in balia della famiglia di pazzi. In più il film è forse, insieme al quarto capitolo, uno dei peggiori della saga: incapace di raccontare una storia avvincente, si limita a riempire i buchi con una violenza e una brutalità insistita e fastidiosa. Il film incasserà meno del previsto e la saga per l’ennesima volta verrà messa a nanna.

Ma l’uso del 3d, tornato di moda in tempi recenti, permette di risvegliare il gigate dalla faccia di pelle.

Un nuovo sequel, questa volta prodotto dalla Lionsgate e dalla Nu Image, infatti è stato messo in cantiere quest’anno. La regia della pellicola dovrebbe essere affidata a John Luessenhop e nel cast dovrebbe essere certo il nome di Bill Moseley, già Testa di latta nel seguito di Tobe Hooper . Quanto alla trama, non si tratterà di un remake sulla scia del tentativo già portato avanti nell’ultima pellicola del 2004 diretta da Marcus Nispel, ma di un vero e proprio sequel diretto del classico di Hooper del 1974. Il film racconterà la storia di una nuova protagonista, Heather, che, insieme a degli amici, sta viaggiando fino in Texas per recuperare un’eredità arrivando a scoprire di essere la cugina di Leatherface. Oltre alla terza dimensione, la novità maggiore di questa settima incarnazione del mostro potrebbe essere rappresentata dal titolo della pellicola. La major infatti non dovrebbe essere in possesso dei diritti per utilizzare lo storico Texas Chainsaw Massacre, e si troverebbe a dover ripiegare su un più semplice Leatherface 3D. Parallelamente a questo progetto è bene citare anche All american nightmare, prequel diretto dal figlio di Hooper, William, piu’ volte sospeso per mancanza di fondi, e che sembra quest’anno vedrà la fine delle riprese. Il film racconterà di Testa di Latta, chiuso in carcere da anni, interpretato sempre da Bill Moseley, che spiegherà ad una troupe televisiva come le gesta della famiglia cannibale siano iniziate.

Non ci resta che incrociare le dita.

La saga

(clicca sulle locandine per leggere la recensione)

About Andrea Lanza
Si fanno molte ipotesi sulla sua genesi, tutte comunque deliranti. Quel che è certo è che ama l’horror e vive di horror, anche se molte volte ad affascinarlo sono le produzioni più becere. “Esteta del miserabile cinematografico” si autodefinisce, ma la realtà è che è sensibile a tette e sangue.

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