Cinema CIRCUITO CHIUSO

CIRCUITO CHIUSO

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Dal regista indipendente Giorgio Amato, ecco Circuito chiuso (2012): una sperimentale e angosciante fusione tra mockumentary e torture-porn

Quali sono, oggi, i sottogeneri horror che vanno per la maggiore anche nei blockbuster? Il mockumentary (falso documentario) e il torture-porn (“pornografia” della tortura, cioè l’esibizione nuda e cruda di atrocità varie). Nati in America, sono stati importati anche in Italia, soprattutto ad opera dei cineasti indipendenti, che oggi sono la linfa vitale del genere nostrano. Il milanese Giorgio Amato sperimenta una fusione tra le due categorie con Circuito chiuso (2012), un film interessante prodotto dai Manetti Bros. in collaborazione con Rai Cinema e Dania Film, che gode anche di una distribuzione in dvd per la 01.

Non solo regista e sceneggiatore, ma anche laureato in sociologia e specializzato in criminologia forense, Amato dirige un film che si colloca proprio nel suo ambito di studi (“In diretta dalla scena del crimine”, recita la tagline). La vicenda, scritta da lui stesso a partire dal suo omonimo romanzo (Edizioni Cooper), è incentrata infatti sulla sparizione di una ragazza, Francesca: una coppia di amici, Claudia e Daniele, collegano la sua scomparsa con la risposta a un annuncio online, e decidono quindi di installare varie telecamere a circuito chiuso in casa dell’autore dell’inserzione, tale David De Santis. Il loro obiettivo è scoprire se effettivamente il misterioso personaggio nasconde qualcosa. Si troveranno di fronte a un’orribile verità, mettendo a repentaglio le loro stesse vite.

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Ancora prima che la storia, è interessante la minuziosa ricostruzione del mockumentary, che fa sembrare la vicenda qualcosa di realmente accaduto. Forte dei suoi studi di criminologo, Amato inserisce all’inizio del film una dicitura firmata dall’Arma dei Carabinieri, in cui si dichiara che quanto vedremo è un riversamento su dvd delle registrazioni “rinvenute nell’appartamento di David De Santis in data 10 settembre 2010”. Ma non solo. Nel corso della vicenda compaiono le varie date, e spesso l’immagine si blocca su un personaggio o un oggetto e appare una scritta elettronica, sempre firmata dai Carabinieri, in cui si specifica chi (o che cosa) è e che ruolo ha avuto nella storia. Inoltre, al termine del film sono scritte le conclusioni delle indagini e il ringraziamento alle famiglie delle vittime per aver dato il permesso alla divulgazione del video. Una ricostruzione perfetta. Il “trucco” funziona, e lo spettatore è quasi portato a credere, o perlomeno a ipotizzare, che quanto vediamo sia vero: il che è sintomo della buona riuscita di un mockumentary.

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Circuito chiuso è girato interamente secondo quella che possiamo definire la “soggettiva della telecamera”, proprio come in un documentario. Ciò che vediamo è registrato dalle videocamere che i due ragazzi collocano in vari punti della casa (salotto, corridoio, cantina, giardino), quindi si tratta quasi sempre di inquadrature fisse. L’immagine è volutamente “amatoriale”, con le luci naturali (buona la fotografia di Raoul Torresi), e appositi inserimenti di immagini distorte per far sembrare il tutto ancora più reale: a questo contribuisce anche l’assenza di una colonna sonora, perché gli unici suoni che si devono sentire sono quelli intradiegetici, cioè di quanto sta accadendo nella finzione cinematografica. Il punto di vista è sempre quello, per forza di cose limitato, delle telecamere nascoste: proprio perché non deve esserci un “narratore” esterno, quindi alcuni fatti avvengono fuori campo, e ne sentiamo solo il sonoro.

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Questo è, al contempo, il principale pregio e il difetto dell’opera: pregio perché conferisce un disturbante senso di verosimiglianza a quanto vediamo, difetto perché lo splatter e il gore non trovano posto. Circuito chiuso è un bel film, ma funziona più come mockumentary che come torture-porn. La violenza, infatti, è più suggerita che mostrata, il che si potrebbe “giustificare” proprio con il punto di vista fisso descritto in precedenza. Sta di fatto però che di sangue se ne vede poco, le violenze sulla ragazza prigioniera e il taglio del cadavere sono sequenze riprese da lontano oppure avvengono fuori campo. Per fortuna, verso la fine vediamo almeno due teste mozzate esibite sul tavolo, per la gioia degli amanti dell’horror puro (agli effetti speciali e al trucco c’è il grande Sergio Stivaletti). Ad ogni modo, la storia è veramente cattiva e inquietante, pur mostrando poco in fatto di torture. Il clima è malsano e morboso, claustrofobico e angosciante, così come il viscido protagonista e la squallida abitazione, di cui possiamo quasi “sentire” la puzza. L’occhio segreto della telecamera lo inquadra nelle situazioni di vita quotidiana, quando mangia, va in bagno, si veste per andare a lavorare. Una vita apparentemente normale, dunque: infatti, il film prosegue per un po’ senza che accada nulla di particolare, ma con una sensazione di pericolo incipiente. Che infatti si manifesta appieno quando De Santis sequestra una ragazza e la sottopone a violenze e umiliazioni, per poi raggiungere lo zenit con la protagonista finita in trappola nella casa del maniaco.

Molto efficaci gli interpreti, in particolare Stefano Fregni (Ubaldo Terzani Horror Show) nel ruolo dell’assassino, ma anche Francesca Cuttica (Paura dei Manetti Bros.) e Guglielmo Favilla (Eaters) nei panni dei due ragazzi che indagano, con recitazioni costantemente improntate al massimo realismo possibile.

httpv://youtu.be/gnC-fB7j-84

CIRCUITO CHIUSO - VOTO: 4/5

Anno: 2012 - Nazione: Italia - Durata: 94 min.
Regia di: Giorgio Amato
Scritto da: Giorgio Amato
Cast: Stefano Fregni - Francesca Cuttica - Guglielmo Favilla - Gaia Insenga - Patrizia Sacchi
Uscita in Italia: 2013 - Disponibile in DVD: 01 Distribution

 

About Davide Comotti
Davide Comotti. Bergamasco, classe 1985, dimostra interesse per il cinema fin da piccolo. Nel 2004, si iscrive al corso di laurea in Scienze Umanistiche dell’Università degli Studi di Bergamo (laurea che conseguirà nel 2008): durante gli studi universitari, ha modo di approfondire la sua passione tramite esami di storia, critica e tecniche del cinema e laboratori di critica e regia cinematografica. Diventa cultore sia del cinema d’autore (Antonioni, Visconti, Damiani, Herzog), sia soprattutto del cinema di genere italiano (Fulci, Corbucci, Di Leo, Lenzi, Sollima, solo per citare i principali) e del cinema indipendente di Roger A. Fratter. Appassionato e studioso di film horror, thriller, polizieschi e western (soprattutto italiani), si occupa inoltre dell’analisi di film rari e di problemi legati alla tradizione e alle differenti versioni di tali film. Nel 2010, ha collaborato alla nona edizione del Festival Internazionale del Cinema d’Arte di Bergamo. Scrive su "La Rivista Eterea" (larivistaeterea.wordpress.com), ciaocinema.it, lascatoladelleidee.it. Ha curato la rubrica cinematografica della rivista Bergamo Up e del sito di Bergamo Magazine. Ha scritto inoltre alcuni articoli sui siti sognihorror.com e nocturno.it. Ha scritto due libri: Un regista amico dei filmakers. Il cinema e le donne di Roger A. Fratter (edizioni Il Foglio Letterario) e, insieme a Vittorio Salerno, Professione regista e scrittore (edizioni BookSprint). Contatto: davidecomotti85@gmail.com

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