Cinema Amityville Horror Asylum

Amityville Horror Asylum

coverQuando la bruttezza si erige imponenente capita che l’effetto sia paragonabile allo stupore di un bambino innanzi a un piatto di cervella.

Amityville  Asylum è un film brutto, sciatto, vuoto, lento, mal girato, privo di mordente e suspence, mai credibile. E’ tutto talmente gretto e imbarazzante da stupire, da lasciare attoniti ma nello stesso istante commossi innanzi alla sfacciataggine amatoriale spacciata per prodotto fruibile su un grande schermo o, anche solo, per una distribuzione che esca dai sobborghi di Rimini o di Birmingham. La colonna sonora. In tutto il marasma produttivo è la colonna sonora l’elemento che fa realmente irritare oltre l’umana sopportazione, perchè passi la telecamera traballante, passi il plot assurdo stipato di idiozie che per chi, come il sottoscritto, lavora nella psichiatria, risultano medioevali, irritanti e becere, passi persino l’attore madrelingua inglese intenzionalmente costretto all’accento est europeo, ma un accompagnamento sonoro da prima lezione alle medie di tastiera Bonelli proprio non lo si può sopportare, è istigazione al suicidio.

bambina

Amityville  Asylum è l’undicesimo capitolo di una saga che ha detto tutto fino allo sfinimento, maxi leggenda gonfiata e riciclata oltre misura di cui davvero non se ne può più. Qui siamo alle soglie del reboot demenziale, con la casa maledetta presa come blanda scusante intorno alla quale far ruotare con tempistica da trasporti sudamericani una storia che, come già detto, oltre far acqua da tutte le parti è di una prevedibilità disarmante. Lisa Templeton, nonostante un colloquio disastroso, viene assunta in qualità di donna delle pulizie all’High Hopes Hospital, un centro residenziale per pazienti psichiatrici a Amityville, Long Island, proprio nel luogo dove  tempo prima sorgeva la famosa casa degli orrori (ovviamente la casa è ancora bella intatta e visitabile da migliaia di turisti ogni anno). Viene accolta e “formata” da un ombroso collega, Delaney, che, nonostante le maniere spicce e sbrigative sembra la persona più cordiale in un ambiente ostile dove soprattutto gli inservienti ( ovviamente una sottospecie di secondini in camicia, cravatta e manganello in barba a Jung, Basaglia e a tutti i progressi della psichiatria moderna) trattano la ragazza come una stupida pazza quasi fin da subito. A peggiorare le cose ci si mettono le allucinazioni di Lisa che parla con pazienti morti, vede bambine (!) per i corridoi ed entra in contatto diretto con la follia degli utenti più gravi, i quali gli rivelano piani di morte e dettagli intimi che solo lei può conoscere. Lisa, inquietata e angosciata, si fa aiutare e confortare dalla amica Allison e insieme scoprono dopo alcune ricerche su google  non solo la storia terribile della casa di Amityville ma anche un delirante e diabolico piano di sacrificio umano da compiersi nelle mura ospedaliere da li a pochi giorni ( ovviamente il 6 Giugno 2013, 6- 6 2+0+1+3=6).

dottor

A questo punto Lisa tenta di parlare con lo psichiatra a capo della struttura che fingendo di accogliere i suoi dubbi la fa rinchiudere e passare per una paziente (ovviamente nessuno, parente, amico o quant’altro si domanda che fine possa avere fatto la Lisa, internata senza un motivo.. mah..).
La nostra riesce a liberarsi e aiutata da Delaney tenta la fuga. Ma è troppo tardi, la carneficina è già in atto e sei persone quella notte perderanno la vita per far si che il rituale voluto dalla setta con a capo lo psichiatra Mixter possa compiersi. Avrete notato l’uso ripetitivo e ossessivo dell’avverbio “ovviamente”. Non è un caso o una scelta dettata dalla carenza lessicale ma una precisa volontà di trasmettere una pochezza di sostanza in tutta la narrazione. Siamo ai confini con la banalità più estrema dove un patetico finale complottista e forzatamente cinico tenta di risollevare, senza riuscirci, le sorti di un disastro totale. A dirigere il vascello scassato e affondante tale Andrew Jones, non certo noto alle cronache per i suoi due precedenti lungometraggi  Tenaage Weastland (2006) e The Feral Generation (2007). Jones, nonostante abbia dovuto arrangiarsi con 20000 dollari di budget non è giustificabile. Lui e la sua squadra, come detto, sbagliano tutto o quasi, facendo risaltare ancora di più i limiti di partenza con scelte di fotografia, montaggio, sonoro, dialoghi al limite della decenza. Se si aggiunge che il regista è anche sceneggiatore la frittata è servita. Non c’è scampo ne attenuante. Il cast è quello che è, con attori semi paralizzati e dall’espressività cimiteriale, buoni per sceneggiati da primo pomeriggio su Canale Cinque ma che si impegnano e meritano l’onore delle armi.  Sophia Del Pizzo nelle vesti di Lisa Templeton fa quello che può condizionata da una parte ridicola.  Si impegna come una dannata per fare l’eroina border line ma nel complesso la sua prestazione risulta sterile. Qualcuno sostiene che abbia un grande talento ma qui non si vede. Aspettiamo tempi migliori e banchi di prova più attendibili. Lee Bane si salva nelle vesti di Delaney nonostante la scellerata scelta di affibbiargli un ridicolo accento slavo. Nota di merito per l’infermiere- inserviente- guardia giurata Hardcastle, interpretato da Paul Kelleher, villain di tutto rispetto.

lisa

Per il resto deserto assoluto.Lo psichiatra Eliot Mixter è  il fondo del barile, personaggio di un macchiettismo vanziniano, incarnato dal povero Jared Morgan, mestierante dignitoso qui rinchiuso in un carattere insopportabile che fa rimpiangere non poco il Donald Pleasance di Nosferatu a Venezia (1988, Augusto Caminito) mentre l’amica del cuore Alison (Sarah Louise Madison) sembra fatta apposta per un pezzo di rilancio delle Spice Girls. Peccato. Peccato perché la new wave britannica nell’ultimo periodo ha regalato più emozioni che stecche anche laddove i budget fossero irrisori e i mezzi limitati. Le caratteristiche intrinseche dell’horror d’Albione di ultima generazione sono vivacità e sostanza. Qui mancano entrambe e la risultante è un prodotto scadente come pochi in cui davvero nulla o quasi si può salvare. L’horror “psichiatrico” è scenario di una potenza e portata notevole ma dove il rischio di cadere nella trappola del facile cliché è davvero dietro l’angolo. Persino il maestro Carpenter ha fatto passi falsi con  The Ward (2010), film godibile ma da cui ci si aspettava molto di più. Anche la seguitissima serie American  Horror Story Asylum, sebbene in alcuni passaggi di una qualità notevole, cade nel vezzo del gioco facile intorno alla malattia mentale, con incongruenze storiche e paradossi narrativi lampanti. Ad ogni modo tutto  lontano galassie dalla penuria di questo Amityville Asylum. Avviso ai naviganti: cautela a giocare con la follia, laddove soprattutto manchino idee, mezzi e talento.

Amityville Asylum - VOTO: 2/5

Anno: 2013 - Nazione: Uk - Durata: 88 min.
Regia di: Andrew Jones
Scritto da: Andrew Jones
Cast: Sophia Del Pizzo - Jared Morgan - Sarah Louise Madison - Lee Bane - Paul Kelleher
Uscita in Italia: - Disponibile in DVD:

About stefano paiuzza
Appassionato d'horror da tempi recenti ma affascinato dalla paura da sempre. Ama in particolar modo il cinema europeo ed extra hollywoodiano in genere. Sogna una carriera come critico cinematografico e nel frattempo si diletta tra letture specifiche e visioni trasversali. Lavora a stretto contatto con la follia o forse è la follia a lavorare su di lui. Se fosse un regista sarebbe Winding Refn, uno scrittore Philip Roth, un animale una tartaruga. Ha pronto uno script per un corto ma non lo ha mai fatto leggere. Citazione preferita: "La dittatura è dentro di te" Manuel Agnelli.

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