Lo slasher è sempre stato un genere amato dal pubblico, soprattutto quello giovane, relativamente semplice da realizzare e dai grandi incassi rispetto al budget miserrimo molte volte stanziato inizialmente.
La parte due è significativa: introduce il Jason adulto e spinge verso l’infinito il meccanismo del film precedente.L’atto secondo di Venerdì 13 sancisce il passaggio di consegne da mamma Pamela al figliol prodigo Jason. Le psicosi della famiglia Voorhees continuano a funestare Camp Crystal Lake e dintorni, ora per mano dell’imponente e ritardato Jason annegato anni addietro nel lago causa negligenza dei sorveglianti.
Davanti all’opportunità di indossare una maschera vera, Jason Voorhees trova finalmente la sua vera pelle, l’anello mancante, il trait d’union della sua personalità scissa.Dopo l’accusa di essere soltanto “una brutta copia del Michael Myers carpenteriano”, Jason Voorhees trova, definitivamente, la sua vera identità. Il protagonista della saga di Venerdì 13, infatti, era un omaccione deforme e ripugnante, uno scimmione rabbioso, caratterizzato “soltanto” da una camminata goffa tipica dei morti viventi. Almeno fino a questo momento. Steve Miner, nuovamente in cabina di regia, dirigendo Venerdì 13: Weekend di terrore, infatti, trova il giusto escamotage per regalare al villain il suo agognato emblema, il suo tratto distintivo, lo stendardo dell’intera saga.
L’alba dei morti viventi di Zack Snyder è un cult che si confronta con il capolavoro di Romero senza la pretesa di superarlo, ma anzi lo attualizza, lo cannibalizza come i suoi stessi zombi, facendolo diventare materiale diverso dal prototipo e comunque un film sempre bellissimo.Il miracolo poteva ripetersi con Day of the dead di Steve Miner, ma così non è stato. I sentori della bufala c’erano già tutti: problemi di produzione, ritardi con l’uscita, l’idea di farlo morire persino nel limbo dei film finiti e mai distribuiti e, dulcis in fundo, James Dudelson tra i produttori. Se non conoscete questo losco figuro che gira di solito in coppia con un’altra regista-produttrice, Ana Clavel, segnate subito il suo nome nel libro nero dei vostri incubi cinematografici più terribili.
Steve Miner torna alle origini, cancellando con un netto colpo di spugna la bizzarra e improbabile deriva che la saga aveva raggiunto nei capitoli successivi ai primi due.Capitolo cruciale nella serie di episodi dedicati al serial killer Michael Myers, Halloween H20 (1998) è degno di nota per aver (quanto meno tentato) di mettere ordine e rilanciare la mitologia della saga, reinterpretando alcuni dei linguaggi e degli stilemi propri del prototipo originale ad uso esclusivo di un pubblico moderno.