Cinema Halloween H20: 20 Anni Dopo

Halloween H20: 20 Anni Dopo

Steve Miner torna alle origini, cancellando con un netto colpo di spugna la bizzarra e improbabile deriva che la saga aveva raggiunto nei capitoli successivi ai primi due.

Capitolo cruciale nella serie di episodi dedicati al serial killer Michael Myers, Halloween H20 (1998) è degno di nota per aver (quanto meno tentato) di mettere ordine e rilanciare la mitologia della saga, reinterpretando alcuni dei linguaggi e degli stilemi propri del prototipo originale ad uso esclusivo di un pubblico moderno.

Ignorando volutamente tutto quanto accaduto nei film – invero modesti – Halloween IV – Il Ritorno di Michael Myers (1988), Halloween V – Michael Vive (1989) e Halloween VI – La maledizione di Michael Myers (1995), il regista Steve Miner torna alle origini, cancellando con un netto colpo di spugna la bizzarra e improbabile deriva (in puro stile Venerdì 13) che la saga aveva raggiunto nei capitoli successivi ai primi due ed in particolar modo in Halloween VI, atroce guazzabuglio di trovate a dir poco surreali.

La trama – Il film è ambientato venti anni dopo gli eventi narrati in Halloween II: il Signore della Morte (com’è naturale la pellicola non tiene conto neanche del mediocre Halloween III (1982), costola estranea alla saga di Michael Myers). L’eterna vittima Laurie Strode, scampata agli omicidi del fratello Michael, è ancora ossessionata dal ricordo degli orrori vissuti venti anni prima, nella notte di Halloween del 1978. Terrorizzata all’idea che suo fratello possa tornare a cercarla e a compiere una volta per tutte i suoi piani di sangue, si è finta morta, ha cambiato nome in Keri Tate e fa il Preside di un prestigioso college privato in California.
La sua paranoia, affogata nell’alcool e sedata dagli psicofarmaci, si riversa inevitabilmente sul figlio John, studente nel medesimo istituto di cui lei è Preside. E in effetti quella paranoia qualche fondamento ce l’ha: non tarda molto che Michael torna a mietere vittime nella sua disperata, incessante ricerca della sorella…

Le urla intense e squassanti di Jamie Lee Curtis – di fatto la sua prima battuta nel film – tentano di graffiare, di gridare che dopo le sue performance nei primi due capitoli che aprono la saga, la Scream Queen è tornata ed è ancora in auge, anche se, purtroppo, serve ben più di qualche urlo e un aggressivo capello corto per poter davvero eguagliare i fasti di un tempo. Di certo tra la granitica Curtis e lo stuolo di ragazzini che le hanno affiancato il paragone non esiste nemmeno, un po’ come avere di fronte una ottima bistecca alla fiorentina da una parte e il relativo contorno di patate o broccoli poco conditi dall’altra. Ed infatti mentre Laurie Strode avrebbe dovuto essere il personaggio di raccordo tra il vecchio e il nuovo, rappresentare una sorta di passaggio di testimone tra i precedenti episodi e la next generation, finisce in realtà per essere la vera e unica protagonista del film, dal momento che tutta l’attenzione, dal punto di vista narrativo e scenico, è concentrata sul suo personaggio, mentre i giovinastri sono ridotti a poco più che grigie comparse, privi di personalità e carattere e impegnati a blaterare frasi banali correndo da una parte all’altra in attesa di farsi affettare.

E’ così tanto per la dawsonscreekiana Michelle Williams quanto per Josh-faccia-pulita-Jartnett che con quei capelli spettinati sembra un appena scampato alle grinfie del folle barbiere Sweeney Todd.
La sceneggiatura non aiuta, concedendo appunto tanto, troppo spazio (rispetto ai brevissimi 86 minuti di film) al personaggio di Laurie e ai suoi fantasmi, regalando proprio a lei il soddisfacente e ben girato confronto finale contro il villain Michael, senza curarsi invece di approfondire i protagonisti più giovani, raccontati anzi frettolosamente e per pallidi stereotipi, in uno stile giovanilistico usa-e-getta tipico degli horror-teen-slasher movie della “nuova” generazione targata anni 90 (i vari So che cosa hai fatto, Urban Legend etc…).
Altra pecca del film è il fatto che non c’è vero misteri o effettiva suspense, quell’ adrenalinico stato di ansia che integrava il concetto di paura per come la intendeva Carpenter; il terrore è più puntato sugli effetti gore e sul vecchio e deprecabile espediente degli innalzamenti improvvisi del soundtrack, quando due persone si scontrano per caso o balzano all’improvviso dal nulla.

Halloween H20 e Scream – Curioso il rapporto di questo film con la saga di Scream, con la quale ha più di un punto di contatto. Partendo dai suoi produttori che sono i medesimi della saga di Ghostface (Kevin Williamson, Harvey e Bob Weinstein e la Dimension Films) e continuando poi per la colonna sonora, curata oltre che da John Ottman dallo stesso Marco Beltrami di Scream, il quale infatti ha riciclato alcuni brani tratti dal soundtrack di Scream per sottolineare alcuni passaggi di Halloween H20 (degno di nota è anche un riarrangiamento-omaggio di un tema celebre della colonna sonora di Bernard Herrman tratta da Psycho di Hitchcock durante il gradito ma scarno cameo di Janet Leigh nel ruolo della segretaria Norma Watson).

A voler ben vedere, le analogie con Scream sono molte: la bambina che appare nel film e che si chiude nel bagno con la madre, si chiama Casey (come la prima vittima in Scream, Casey Becker interpretata da Drew Barrymore), il film che due delle protagoniste stanno guardando in televisione, nel dormitorio del college, è Scream 2 (la scena dell’omicidio di Cici, alias Sarah Michelle Gellar), la frase pronunciata da Janet Leigh: “E’ Halloween, tutti hanno diritto a un bello spavento”, è la stessa pronunciata anche in Scream dallo sceriffo Brackett (Charles Cypers), il ragazzino mascherato con un costume analogo a quello di Scream che fa spaventare Laurie sbattendo contro la vetrina di un ristorante.
Anche a livello di script ci sono alcune curiose costanti come ad esempio il fatto che i caratteri e le dinamiche nei rapporti tra i protagonisti della doppia coppia Hartnett-Williams e Hann Byrd-O’Keefe siano molto simili a quelli della doppia coppia protagonista del primo Scream (Campbell-Ulrich e McGowan-Lillard), o ancora il fatto che la paranoica e ossessionata Laurie Strode che tenta di fuggire agli incubi del suo passato e alla persecuzione del fratello Michael Myers richiami fortemente la stessa situazione psicologica ed emotiva di Sidney Prescott (Neve Campbell) anch’essa ossessionata e in fuga dal suo passato e dal suo personale serial-killer, Ghostface. Semplici casualità o consapevoli citazioni è indubbio che la saga di Scream abbia fortemente condizionato e influito su questa pellicola tanto nei contenuti, quanto nello stile registico.
Tirando le somme, pur con qualche pecca tollerabile, Halloween H20 resta un discreto tentativo di reinventare la saga Halloween e forse (ahimé) uno dei suoi sequel più riusciti.

Halloween H20: 20 Anni Dopo

(USA, 1998)
Regia di: Steve Miner
Sceneggiatori: Robert Zappia, Matt Greenberg
Cast: Jamie Lee Curtis, Adam Arkin, Michelle Williams, Adam Hann- Byrd, Jodi Lyn O’Keefe, Josh Hartnett, LL Cool J and Joseph Gordon Levitt

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