Cinema Killer In Viaggio

Killer In Viaggio

cover kill. in. viaggioDue novelli fidanzati, un’Inghilterra da scoprire e tanta exploitation: la terza perla di Ben Wheatley, autore che è sempre più certezza piu che promessa.

Talvolta risulta molto difficile recensire con occhio critico obiettivo il lavoro di uno dei tuoi cineasti preferiti. Ben Wheatley non è Hitchcock e nemmeno Refn o Laugier, ma è bravo. Davvero bravo. è l’uomo della gavetta, quello che per arrivare a far emergere il proprio talento le prova tutte, colui che parte decisamente dal basso per giungere alla semi consacrazione ben oltre i quaranta.

Lo aspettavo al varco il buon Ben, dopo Down  Terrace (2009) e Kill List (2011) e mi chiedevo se avrebbe tenuto il passo, se si fosse reso capace di una terza gemma nella sua parure di gioiellini per palati sopraffini e stomaci gastroprotetti con litri di Plasil. E Ben, il vecchio Ben, non mi ha deluso. Killer in viaggio è una black comedy, più black che comedy, e  le critiche sparse nel web rispetto al fatto che dopo tutto si rida poco sanno di stoltaggine cronica. Chi vuole ridere vada a vedere altro. Sebbene la supervisione del padre di Shaun of The DeadEdgar Wright, potesse fuorviare lo spettatore (ma fino a un certo punto, perchè in fin dei conti non stiamo parlando dei Vanzina) in attesa di gag esilaranti, qui si sorride amaro, si sorride britannicamente di paradossi esistenziali, psicosi latenti e mediocrità sociale. E va bene così. Killer In Viaggio è un film romantico e non solo perchè parla d’amore, è romantico perchè è profondo, tridimensionalmente emotivo, perchè estremizza il senso della vita e della morte attraverso l’archetipo dell’infelicità di coppia, delle mancanze perenni esistenziali, del retaggio malato familiare e della vacuità leopardiana dell’attimo di poesia fuggente. è molto più di una commedia. è un road movie spietato e grottesco sulla strada delle nostre pulsioni arcaiche e irrisolte, sul senso d’abbandono e sull’eternità di una possibile, dannata via di fuga. Wheatley è un genio e lo si capisce da quasi subito, quando coi suoi close up soffusi e soffocanti sull’oggettistica della obsoleta casa della madre di Tina ci trancia di squallore, di quotidianità, di ordine mirato all’immobilità del tempo transgenerazionale. E poi ancora.

Una fotografia splendida, capace dicane sightseers mescolare improbabili attrattive turistiche d’Albione (come il museo delle matite o quello dei tram) a paesaggi mozzafiato,che quasi pare la Scozia (o L’ Irlanda) più che la cara vecchia merry England. é quasi nazionalistico il film di Wheatley, per come ci fa innamorare delle contraddizioni del suo popolo in contrasto alle bellezze dei luoghi, come a dire che L’Inghilterra non è solo Londra e il cambio della guardia o il culo della duchessa kate. E che dire di un simile gusto nella scelta della colonna sonora? Dall’incipit con Tainted Love fino all’epico finale (scena d’antologia che Muccino, Virzì e Soci si sognerebbero la notte) accompagnato dalla pacchiana the Power of love, brano bruttino ma magnifico e perfetto per l’occasione. Movimenti di macchina da giovane talento con la sapienza del vecchio mestierante, quelli di Wheatley, che alterna piani medi, lunghi, close up e primi piani come se giocasse a reglarci una sit com in cerca d’esplosione vitale, materiale di qualità rivestito di squallore che erutta per l’eccessiva compressione in uno spazio vitale pregiudizievole. I colori sono un altro punto decisivo, un altro successo della pellicola. Wheatley ci dona brillantezza documentaristica, contrasti naturali e la verosimiglianza contingente rassicura, rasserena, per poi spiazzare ferocemente nelle sequenze più violente. è la sua cifra stilistica. Non c’è storia. Già negli altri due film il gioco di luce iper realista ha sfondato lo schermo. Qui lo disintegra come una farfalla geneticamente mutata dopo Hiroshima. Geniale. L’apparente segmentazione nella narrazione è invece viatico al lento svilupparsi del conflitto comunicativo fra i personaggi e Wheatley, non sbaglia mai a giocare sull’ ambiguità, sui non detti, sul lasciare allo spettatore l’interpretazione delle azioni dei protagonisti.

Tina vive con la madre ossessiva e ambivalente in una sorta di prigione di marzapane e biscotti per il tradizionale the alle cinque. Appare frustrata, semi depressa e vive un terribile ipertrofico senso di colpa per aver accidentalmente ucciso il cagnolino di famiglia Poppy nel mentre del suo unico esemplificativo passatempo, l’uncinetto. L’ arrivo di Chris, barbuto e stralunato scrittore in cerca d’affermazione, pare la sua salvezza. Contro la volontà della madre, i due partono alla volta di un tour in roulotte verso le località più suggestive d’Inghilterra. Il loro idillio d’amore sembra perfetto ma ben presto, insieme alle piccole prime incomprensioni, emergono le ossessioni patologiche prima di uno e poi dell’altra.

carcassaKiller In Viaggio è una commedia nerissima dicevamo, in cui gli antagonisti/protagonisti sono una sorta di Rosa e Olindo in cerca di redenzione attraverso l’omicidio, inteso come pratica verso l’autodeterminazione e l’affermazione sociale. Essi sono spaventati dal mondo, dalla sua banalità, dalle discriminanti sociali, dal fallimento e dal peso di un passato da outsider nel quale la loro fisicità media e mediocre non poteva che essere schernita o nella migliore delle ipotesi non considerata. Steve Oram e Alice Lowe, autori di soggetto e sceneggiatura insieme alla moglie di Wheatley, la bravissima Amy Jump, sono entrati perfettamente nella parte dei due piccioncini assassini, lasciando intendere di aver scritto qualcosa di davvero affine alle loro potenzialità espressive. I caratteri da loro carteggiati emergono in scena con una credibilità disarmante. Bravissimi, surreali, spontanei, violentemente spietati nel condurre a fine terribile ciò che limita le loro pulsioni o intacca le loro fragili sicurezze di coppia. Amore patologico, sempre più scatologico col passare dei minuti ma comunque vivo, vero, fin poetico nel suo surreale portare lo spettatore a contatto con un’intimità marcia eppur possibile. Tina e Chris uccidono. Il secondo perchè è pazzo. la prima perchè non sapeva di esserlo. Poi il finale, in cui le psicologie dei personaggi si intrecciano in un fandango sdolcinato e sheakspeariano che, nonostante tutto, rivela la brutalità della paura della fine per Tina, la quale, pur non avendo nulla da perdere, nemmeno il cagnolino rapito e ribatezzato in onore del defunto Poppy, decide di rimanere ancora un pò in questa mediocre esistenza. Ed è qui la chiave di lettura del film, il vero orrore sottinteso di Wheatley, che, consapevolmente o meno, ci sbatte in faccia la codardia, la preservazione pedissequa e immutabile di uno status quo che nemmeno l’ omicidio, il tabù di tutti i tabù, la trasgressione della madre ( la madre, ecco che ritorna la figura archetipica limitante e regolante) di tutte le regole sociali, può sovvertire.  L’effetto che produce è un crack spiazzante, come una botta la cranio fino a spaccarlo, esattamente come Ben Wheatley e il suo Cinema amano mettere in scena la morte. Killer In Viaggio (traduzione italiana anodina e svelante, come purtroppo sempre o quasi, del ben più accattivante Sightseers) è molto di più di una commedia nera con incursioni di ultra violenza, è un piccolo trattato sulla fuga e sulla verità esistenziale, sulla pulsione e sulla repulsione (del prossimo, si intende). è il terzo successo dell’alfiere di una scuola di Cinema, quella anglosassone, matura anche laddove ripropone il già visto. Poi possiamo collegarci a Wicker Man (1973, Robin Hardy) o a La signora ammazzatutti (1994, John Waters) e a mille altre pellicole ancora, ma sarebbe collegamento sterile. Già, perchè questo è un ottimo film, una pellicola che vive di luce propria e che amplifica il fare eclettico di un autore di genere pronto per Cannes o per qualunque platea. Magistrale.

Killer In Viaggio - VOTO: 4/5

Anno: 2012 - Nazione: uk - Durata: 90 min.
Regia di: Ben Wheatley
Scritto da: Amy Jump, Alice Lowe, Steve Oram
Cast: Alice Lowe - Steve Oram - - -
Uscita in Italia: Giugno 2013 - Disponibile in DVD:

About stefano paiuzza
Appassionato d'horror da tempi recenti ma affascinato dalla paura da sempre. Ama in particolar modo il cinema europeo ed extra hollywoodiano in genere. Sogna una carriera come critico cinematografico e nel frattempo si diletta tra letture specifiche e visioni trasversali. Lavora a stretto contatto con la follia o forse è la follia a lavorare su di lui. Se fosse un regista sarebbe Winding Refn, uno scrittore Philip Roth, un animale una tartaruga. Ha pronto uno script per un corto ma non lo ha mai fatto leggere. Citazione preferita: "La dittatura è dentro di te" Manuel Agnelli.

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