Apocalittico Vampires

Vampires

Stop pippe mentali sulle sfumature di colori, no no in Vampires è tutto fottutamente semplice, ma anche divertente come una bella scorpacciata di cucina di mamma dopo tanto sushi sofisticato.

Vampires è un film che all’epoca, il 1998, spezzò in due i fan del regista: chi lo considerò un prodotto di poco conto, chi ne tessé le lodi. A distanza di quasi quindici anni bisogna riconoscere che il film è invecchiato molto bene e i difetti di allora possono essere pregi, soprattutto alla luce di un modo banale di intendere i vampiri nel cinema moderno.

I vampiri di Carpenter sono veri mostri, belve sanguinarie, succhiasangue senza umanità che dormono sotto metri di terra e quando morsicano non la mandano certo a dire. Si prendono quindi le distanze dai vampiri di Anne Rice, ma soprattutto di quelli che popoleranno un decennio dopo librerie e schermi grandi o piccoli, gli eterni indecisi, gli adolescenti efebici che chiedono al cielo e alle margherite se il loro amore è vero. In Vampires il sole non fa brillare i vampiri, ma li fa esplodere, non c’è tempo per frasi d’amore, ma per scazzottate o scopate in saloon polverosi, quando la carne si apre sprizza un geyser di ferite, è la realtà che irrompe nell’irrealismo, cinema per machi non per fighette. 

Vampires è la quintessenza del film carpenteriano d’appendice, quello dei vari 1997 fuga da New York o Grosso guaio a Chinatown: un personaggio duro e tagliato con l’accetta (Jack Crow interpretato magnificamente da James Woods in un ruolo fatto a misura per Kurt Russel), psicologie spicciole, colonna sonora orecchiabile, battute ad effetto e tanto western camuffato da horror. Carpenter amplia l’idea di sensualità nella figura del vampiro, una sessualità ferina che, come nella scena di vampirizzazione di Sheryl Lee, è la cosa più vicino all’amplesso selvaggio. Le scene di sangue non sono moltissime, ma le morti sono crudeli e alcuni momenti, come l’attacco nel motel, sono girate in maniera magistrale. All’epoca però non si perdonava un cattivo cosi’ banale come il Valek di Thomas Ian Griffith, ma prendendo Vampires per un fumettone, un diversivo d’autore dopo tanti capolavori, il personaggio risulta corente nell’insieme dove i buoni sono buoni e i cattivi maledetti figli di puttana da spedire all’inferno. Stop pippe mentali sulle sfumature di colori, no no in Vampires è tutto fottutamente semplice, ma anche divertente come una bella scorpacciata di cucina di mamma dopo tanto sushi sofisticato.  Ci vuole pure quello,  no?

Non manca neppure la componente politica, cara al regista, accennata, blanda, ma che fa capire che siamo in un vero film di Carpenter con l’idea di una Chiesa padrona, tiranna e matrigna. D’altronde non siamo altro che in una pellicola mutaforma, un horror si, ma sotto un western, un western  si, ma ancora più sotto un film su un gruppo di crociati che lottano per Dio per accorgersi che il Dio che servivano è falso. Valek dal passato di prete rappresenta la stessa Chiesa che John Crow e i suoi uomini servono, lo stesso simbolo usato per pregare diviene mezzo per portare la morte sulla Terra, una croce nera che segnerenne l’alba dei vampiri. Ecco allora che la fede diventa bugia, già nell’idea stessa di creare un gruppo di soldati stipendiati dal Vaticano c’è la blasfemia del  concetto di guerra Santa intesa come atto di fede fino alla morte. Ecco allora che un prete dopo un massacro beve e probabilmente va a donne, ecco che un altro non può resistere a passare dal bene al male per le promesse di vita eterna. Alla fine quello che resta non è lo spirito: guardate Jack Crown che nel finale sfida Valek a cazzotti. Uomo contro uomo. Alla fine il resto come diceva Fulci nel suo racconto più bello, Voci dal profondo, “sono solo enormi bugie”. Non resta neppure la consolazione di un amore se di amore si può parlare: il futuro incerto di Montoya e della sua compagna presto sarà spezzato dalla mano di Crow. Non è un paese per vecchi certo.

NOTA

Esistono pure due seguiti di Vampires, I cacciatori delle tenebre (Vampires: los muertos) di Tommy Lee Wallace (Ammazzavampiri 2, Halloween 3) con la rockstar Jon Bon Jovi nei panni del nuovo John Crow di turno, e Vampires 3: il tempio di sangue (Vampires: The turning) di Marty Weiss, dove i vampiri questa volta sono orientali e l’aderenza con il modello carpenteriano è pari a zero. Sono entrambi pessimi seguiti che tradiscono la loro natura di prodotti di cassetta senza natura artistica. E’ un peccato perchè, almeno nel secondo capitolo, la mano di Tommy Lee Wallace alla regia e Carpenter alla produzione lasciavano sperare in uno spettacolo meno becero. Ma ahimè per noi così non è stato.

httpv://www.youtube.com/watch?v=dkQSCxC7xC0

Vampires

Regia:  John Carpenter
Sceneggiatura
: Don Jakoby dal romanzo “Vampiri SPA” di John Steakley
Interpreti:
James Woods, Thomas Ian Griffith, Adam Baldwin, Sheryl Lee
Durata: 
98 min.
Anno:
1998
Disponibile in dvd

About Andrea Lanza
Si fanno molte ipotesi sulla sua genesi, tutte comunque deliranti. Quel che è certo è che ama l’horror e vive di horror, anche se molte volte ad affascinarlo sono le produzioni più becere. “Esteta del miserabile cinematografico” si autodefinisce, ma la realtà è che è sensibile a tette e sangue.

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