Intervista film Il Cigno Nero: Parla Aronofsky

Il Cigno Nero: Parla Aronofsky

“Mi piaceva l’idea di girare un thriller psicologico soprattutto con la camera a mano, perché non riuscivo a pensare a un’occasione in cui questo fosse stato già fatto”.

Darren Aronofsy ci presenta la sua ultima creatura, tra particolari scelte del cast e camere a mano ormai diventate il suo marchio di fabbrica. Buona lettura.

Nel tuo ultimo film, The Wrestler, eravamo nel mondo molto violento del wrestling, con Il cigno nero – Black Swan, ti interessi invece al mondo più delicato del balletto. Come mai questo passaggio da un estremo all’altro?

Alcune persone considerano il wrestling come la più bassa delle forme d’arte, mentre altri ritengono che il balletto sia la più alta, ma in realtà hanno qualcosa di molto simile. Mickey Rourke come wrestler vive delle esperienze assolutamente paragonabili a quelle di Natalie Portman come ballerina. Entrambi sono degli artisti che utilizzano i loro corpi per esprimersi, ma sono minacciati dai malanni fisici, perché i loro corpi sono gli unici strumenti che hanno per comunicare. La cosa interessante per me era trovare due storie collegate in quelli che potrebbero sembrare dei mondi distanti. I due film sono legati anche da un’interpretazione principale che va ben oltre quello che appare in superficie. Il ruolo di Nina è decisamente diverso da tutto quello che Natalie ha fatto finora e lei è arrivata a un altro livello. Interpretare Nina è stato un impegno atletico tanto quanto recitativo.

Come è avvenuta la scelta di Natalie Portman per la parte di Nina? Non hai avuto paura di scegliere un’attrice che non fosse una ballerina professionale?

Poco dopo aver iniziato a pensare all’idea per Il cigno nero – Black Swan, ho incontrato Natalie e ci siamo presi un caffé a Times Square. Lei aveva fatto molto balletto in passato prima di diventare un’attrice e ha continuato a svolgere questa attività nel corso degli anni per mantenersi in forma. Mi ha detto subito che una delle cose che ha sempre voluto fare era interpretare una ballerina. Il balletto è qualcosa per cui devi iniziare ad allenarti quando hai quattro o cinque anni, cambia i corpi e li trasforma. E’ veramente difficile che un’attrice che non abbia vissuto questa esperienza possa interpretare una ballerina professionista in maniera convincente. Sono convinto che questo lavoro fisico abbia permesso a Natalie di trovare un collegamento con l’impegno emotivo che doveva esprimere.

Nelle altre parti troviamo Vincent Cassel e Winona Ryder, questa scelta invece come si è svolta?

Vincent è uno dei miei attori preferiti al mondo. Sono un grande fan del suo lavoro, sia nelle pellicole francesi che in quelle americane. Qui interpreta un personaggio machiavellico, il direttore artistico che pensa solo all’arte e che non si preoccupa delle vittime che abbandona lungo la strada. E’ stato magnifico lavorare insieme per questo ruolo, anche perché lui si muove magnificamente. Per quanto riguarda Winona, lei era fantastica per il ruolo, essendo lei stessa una superstar. Penso che il pubblico troverà un forte legame con lei nei panni della celebre prima ballerina che viene sbattuta fuori mentre Nina arriva per rimpiazzarla.

Molti parlano del tuo stile di regia molto specifico, caratterizzato dall’uso della camera a mano. Cosa ci puoi dire a riguardo?

Mi piaceva l’idea di girare un thriller psicologico soprattutto con la camera a mano, perché non riuscivo a pensare a un’occasione in cui questo fosse stato già fatto. Talvolta, ci sono state alcune scene nei thriller in cui vedi il punto di vista del mostro con una camera a mano, ma realizzare tutto in questo modo, con uno stile documentaristico, rappresentava qualcosa di unico e inedito. Ho ritenuto che portare una macchina a mano nel mondo del balletto avrebbe permesso di esplorarlo meglio, così come è avvenuto con il wrestling per The Wrestler. La camera sta ballando e ruotando assieme ai ballerini. Cattura l’energia, il sudore, il dolore e i primi piani artistici.

Come mai il tema dello specchio e dell’immagine di se è molto presente nel film?

Nel mondo del balletto ci sono specchi ovunque. I ballerini guardano sempre se stessi, quindi il loro rapporto con l’immagine riflessa rappresenta una componente importante di quello che sono realmente. I registi sono anche affascinati dagli specchi ed è un elemento che è già stato sfruttato, ma io volevo portarlo a un altro livello. Visivamente, abbiamo spinto molto su quello che significa guardare in uno specchio. Gli specchi sono diventati una maniera fondamentale di osservare il personaggio di Nina, che è molto legato al doppio e ai riflessi.

Il Lago dei cigni è onnipresente nel film, com’è stato far incontrare il balletto e il cinema in questo modo?

Dalle musiche, i costumi e i set, fino ad arrivare alla fusione di coreografie e lavoro svolto per le riprese, tutti gli aspetti della lavorazione delle scene del Lago dei cigni hanno rappresentato una profonda esperienza di apprendimento, ma ogni cosa ha portato i suoi frutti. Abbiamo iniziato sapendo poco del balletto, su come girarlo e come interessare il pubblico, ma ritengo che il film funzioni veramente e riesca a collegare la gente a questa forma artistica, rendendola accessibile.

About Andrea Avvenengo
E’ nato nel terrore spiando Twin Peaks alla TV. Il tempo ha messo in fila passioni su passioni, raffinando (o imbarbarendo?) i gusti, ma senza mai scalfire la capacità del cinema fantastico di scaraventarmi indietro nel tempo, la mani davanti agli occhi, terrorizzato e fottutamente felice.

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