Intervista film After.Life: Parla la Regista

After.Life: Parla la Regista

“Tutto è semplicemente nato dal fascino estremo che ha su di me il concetto di mortalità, su quello che può capitare al nostro corpo e alla nostra anima una volta morti”.

Dalle colonne di Bloody-Disgusting.com la next big thing dell’orrore a stelle e strisce Agnieszka Wojtowicz-Vosloo ci parla della sua primissima fatica per il grande schermo, un esordio dove si permette di resuscitare (?) nientemeno che Christina Ricci

La pellicola è stata prodotta addirittura nel 2008, vero?

Sì, abbiamo girato per 25 giorni nel periodo di novembre/dicembre 2008, finendo quarantotto ore prima di Natale. Poi, a causa di un qualche intoppo di troppo siamo riusciti a completare il montaggio giusto in occasione della première all’AFI di Los Angeles nel novembre scorso.

Com’è nata l’idea della pellicola? Sei partita da un semplice spunto o da qualcosa di più organico, un’abbozzo di sceneggiatura magari…

Tutto è semplicemente nato dal fascino estremo che ha su di me il concetto di mortalità, su quello che può capitare al nostro corpo e alla nostra anima una volta morti. E, di conseguenza, qual’è il vero significato dell’essere vivi. Ad esempio, è davvero vita essere un corpo funzionante privo di alcuna forma di attività cerebrale? A livello di sceneggiatura, sono partita dall’immagine di una giovane donna stesa su di un tavolo operatorio all’interno di un laboratorio di pompe funebri, con il responsabile delle operazioni intento a preparare il suo corpo alla tumulazione. Improvvisamente, lei apre gli occhi: “Mio dio, dove sono?” chiede la giovane. “Sei in un’agenzia di pompe funebri, e sei morta” risponde quello. Sostanzialmente, abbiamo sviluppato il plot partendo da questo spunto.

Quando hai lavorato sulla sceneggiatura, sapevi già che avresti anche diretto?

Sì, già in fase di scrittura la pellicola veniva girata nella mia testa: la visualizzazione di scene e set mi ha aiutata parecchio, soprattutto per quanto riguarda la riproduzione della realtà funeraria. Ho fatto molta ricerca per questa sceneggiatura: credo di aver dato un’occhiata ad ogni obitorio della zona di New York, conosciuto decine di organizzatori funebri, visitato un’infinità di agenzie di pompe funebri. Non dimenticherò mai la visita all’obitorio della contea di Los Angeles: uno spazio ampio quanto un campo da basket, del tutto spoglio se si escludono lunghe file di letti a castello che ospitavano qualcosa come 800 corpi a diversi stadi di decomposizione, quando oltretutto l’evidente limite di spazio era intorno alla metà. Decisamente qualcosa che non dimenticherò.

Vi siete serviti della consulenza un vero impresario di pompe funebri sul set?

Sì, è effettivamente così, anche se credo di essermi documentata a tal punto da poterlo diventare io stessa senza alcun problema! Scherzi a parte, abbiamo dedicato attenzione ad ogni minimo particolare, era assolutamente fondamentale la veridicità di tutto il contesto. Lo stesso Liam Neeson ha preteso di essere a conoscenza di ogni dettaglio, dalla corretta impugnatura alla finalità di ogni singolo strumento di lavoro.

Puoi dirci qualcosa in più sulla scena onirica in cui la protagonista affronta una se stessa in versione demoniaca?

Quella è stata una delle scene che ho inserito nella sceneggiatura sin dalle primissime stesure: la protagonista incontra se stessa più giovane, in qualche modo posseduta e arrabbiata con lei per il fatto di non essere più viva. La versione iniziale era decisamente più complicata, sia a livello concettuale che realizzativo, ma con soli venticinque giorni riprese ed un budget limitato non avremmo potuto ricreare il tutto come avremmo voluto. Quindi ho dovuto rimodellare la scena, ma resto pienamente soddisfatta del risultato finale. Abbiamo girato in una location vuota e completamente dipinta di nero, per poi aggiungere il resto tramite CG; immaginare tutto quello che avrebbero avuto intorno solo dopo la post-produzione è stata una bella sfida per gli attori.

Consideri After.Life un film horror?

Credo piuttosto sia un thriller psicologico con parecchi elementi horror. Amo quel genere di pellicole horror che fanno leva sull’aspetto psicologico della paura, credo non ci sia niente di più terrificante. Questo è il taglio che ho voluto dare ad After.Life, fare in modo che sfruttasse la nostra paura più radicata e primaria, quella della morte.

About Andrea Avvenengo
E’ nato nel terrore spiando Twin Peaks alla TV. Il tempo ha messo in fila passioni su passioni, raffinando (o imbarbarendo?) i gusti, ma senza mai scalfire la capacità del cinema fantastico di scaraventarmi indietro nel tempo, la mani davanti agli occhi, terrorizzato e fottutamente felice.

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