Apocalittico V/H/S 2

V/H/S 2

V-H-S-2_Poster_4_23_13Diciamolo subito: V/H/S 2 è, qualitativamente parlando, almeno due spanne sopra al suo predecessore.

Impegnata nella ricerca di uno studente misteriosamente scomparso, una coppia di investigatori privati si introduce di soppiatto nella sua abitazione con la speranza di scovare qualche indizio. I due troveranno al suo interno una bizzarra collezione di VHS che sembra in qualche modo aver morbosamente assorbito l’attenzione del giovane fino al momento della sua scomparsa. Ciò che scopriranno celato tra quei supporti magnetici darà loro le risposte che mai si sarebbero augurati, spalancando ai loro occhi le porte di un inferno che non credevano possibile nemmeno nei propri peggiori incubi.

Nato l’anno scorso dal teaming up tra i capoccia di BloodyDisgusting.com e una manciata di altre piccole realtà produttive yankee, il primo V/H/S ha rappresentato un apprezzabile tentativo di ammodernamento della gloriosa tradizione antologica dell’horror prestata al sottogenere mockumentary che, per costituzione intrinseca e hype del momento, meglio si prestava a un progetto che facesse della freschezza, dei costi contenuti e  della rapidità d’esecuzione i propri assi nella manica. Che poi nel suo insieme la pellicola non fosse totalmente a fuoco, qualitativamente fin troppo ondivaga e inevitabilmente affetta dagli ormai annosi, enormi limiti del POV non precluse al progetto di ricevere giudizi perlopiù positivi da pubblico e critica.

image-VHS-2L’ovvia diffidenza con cui fu accolto l’annuncio di un sequel percepito superfluo dai più venne solo parzialmente stemperata dalla definizione dei nomi coinvolti che, a fianco di figuri che hanno fatto della paraculaggine il filo conduttore della propria carriera (Eduardo Sanchez/The Blair Witch Project, Lovely Molly), metteva in fila firme di assoluto interesse come quella di Jason Eisener (Hobo with a Shotgun), graditi ritorni (Adam Wingard/A Horrible Way to Die) e scommesse sfiziose (Timo Tjahjanto/Macabre e Gareth Evans/The Raid) i cui episodi sarebbero stati uniti da un main plot diretto da Simon Barrett, all’esordio in cabina di regia dopo una carriera passata a sceneggiare pellicole tra il decente e l’orribile, Red Sands su tutte.
Diciamolo subito: V/H/S 2 è, qualitativamente parlando, almeno due spanne sopra al suo predecessore, sfrondato nel numero dei nomi coinvolti e rivitalizzato da una manciata di idee capaci di dare ancora senso a una forma narrativa dall’elettroencefalogramma ormai piatto, zero riempitivi a togliere spazio agli episodi più forti e un filo conduttore – che è nei fatti un quinto momento narrativo –  decisamente più convincente e solido del predecessore a fare da collante a capitoli così profondamente diversi l’uno dall’altro.

VHS_2_Wingard_1_5_13_13-643x360Clinical Trials (Adam Wingard, sceneggiatura di Simon Barrett)
In seguito a un incidente automobilistico che gli è letteralmente costato un occhio, Herman Middleton (lo stesso Adam Wingard)  decide di farsi impiantare in sua sostituzione un impianto visivo bionico: la multinazionale responsabile dell’operazione ha munito l’impianto di un chip per fare in modo che  i progressi fatti dall’occhio nell’uso quotidiano possano essere monitorati in tempo reale da un team di tecnici. Ma la prima notte a casa riserverà a Herman più di una sorpresa: in qualche modo il nuovo occhio gli permette di vedere cose fino a quel momento invisibili e di scoprire di non essere l’unico inquilino di casa propria… Curioso ed efficace mix tra tematiche squisitamente scifi e classicissime dinamiche da haunted house, la forza dell’ibrido firmato Barrett/Wingard sta nella sua capacità, tramite la soluzione dell’impianto oculare, di bypassare agilmente le solite limitazioni legate alla presenza di una videocamera sulla scena e di scatenare le forze dell’oltretomba nelle successiva, prevedibile quanto efficace escalation sovrannaturale. L’arrivo in scena di Clarissa (Hannah Hughes) aggiunge un altro ingrediente alla ricetta, tanto che almeno una decina di minuti in più per cuocere l’insieme a fuoco più lento non avrebbero che giovato.

vhs2_still021-e1370939896752A Ride in the Park (scritto e diretto da Eduardo Sanchez e Gregg Hale)
Quello firmato dalla coppia Sanchez/Hale è senza ombra di dubbio l’episodio più disimpegnato e divertente del lotto: l’idea è quella di seguire un rider munito di helmet camera appena morso da uno zombie e seguire in primissima persona tutte le fasi della mutazione, dall’aggressione alla resurrezione ai primi passi nel nuovo regime alimentare. Un gioioso carnevale zombie immerso in un silenzioso verde boschivo che lascia campo libero alla ridda di ringhi, singulti e soffocati ruggire del gruppo di neonati zombie, cui la sorte darà in dono un’intera festa di compleanno campestre: divertente e divertito, è un efficace ribaltamento del punto di vista con lieto fine.

V_H_S_2_36298Safe Heaven (scritto e diretto da Gareth Evans e Timo Tjahjanto)
Il terzo episodio è anche il primo a tornare ad un uso più convenzionale del POV: Evans e Tjahjanto ci mettono sulle tracce di una troupe di documentaristi impegnati nella scoperta del People of Paradise Gate, un oscuro culto capeggiato da un equivoco individuo noto come Father, che, nell’ ottica di esporre le caratteristiche della propria setta ai giornalisti, apre loro le porte del suo personale e isolatissimo regno, al cui interno gli accoliti si preparano ad essere accolti nel regno dei cieli. L’inferno che si scatenerà di lì a poco avrà ben poco di metaforico… L’episodio migliore dei quattro è anche quello forse meno atteso, che per la prima metà gigioneggia nell’infilare una sottile inquietudine tra le pieghe della narrazione e nella seconda metà scatena un mostruoso, visionario delirio gore degno dell’ Antico Testamento dalla devastante efficacia visiva. Forte dell’esperienza di Gareth Evans (The Raid, The Raid 2) nel campo del caos organizzato, la sede del culto si trasforma in un dedalo d’oltretomba ricettacolo delle migliori suggestioni horrorifiche d’oriente, dove l’incrocio  continuo degli occhi di videocamere a mano, camere di sicurezza e spy-cam  alza vertiginosamente un ritmo già di per sé infernale. Delirante ed eccezionale, degnamente concluso e arricchito da un paio di momenti da ricordare.

0Slumber Party Alien Abduction (Jason Eisener, scritto da Jason Eisener e John Davies)
Quasi a stemperare il mood da Apocalisse imminente in cui Evans e Tjahjanto hanno immerso la pellicola, a chiudere la rassegna arrivano Jason Eisener e il suo delirante e colorato disimpegno pop: rispetto a quanto fatto in passato questa volta Eisener tiene decisamente al guinzaglio la propria indisciplinata vena anarchica, affidandosi alla codificata fenomenologia dei rapimenti alieni. Arrivati nottetempo a rovinare i piani di un gruppo di ragazzi lasciati soli in casa dai genitori, i grigi danno vita a un caotica, cacofonica bolgiaultrapop immersa fino al collo nel fumo e nelle luci al neon. Livelli di adrenalina pericolosamente vicino al punto di confusione pura, ma la peculiare confezione estetica made in Eisener e gli alieni in costume inquadrati da dog-cam finiscono per funzionare comunque.

V/H/S 2 - VOTO: 4/5

Anno: 2013 - Nazione: USA - Durata: 96 min. min.
Regia di: Simon Barrett, Jason Eisener, Gareth Evans, Gregg Hale, Eduardo Sànchez, Timo Tjahjanto, Adam Wingard
Scritto da: Simon Barrett, Jason Eisener, John Davies, Gareth Evans, Jamie Nash, Eduardo Sanchez, Timo Tjahjanto
Cast: Adam Wingard - Kelsey Abbott - Fachry Albar - Epy Kusnandar - Lawrence Levine
Uscita in Italia: ND - Disponibile in DVD: ND

About Andrea Avvenengo
E’ nato nel terrore spiando Twin Peaks alla TV. Il tempo ha messo in fila passioni su passioni, raffinando (o imbarbarendo?) i gusti, ma senza mai scalfire la capacità del cinema fantastico di scaraventarmi indietro nel tempo, la mani davanti agli occhi, terrorizzato e fottutamente felice.

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Comments

Posted On
set 25, 2013
Posted By
Livio

una figata pazzesca di film…. l’episodio piu malato è safe heaven …. quanto è malato 😀

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