Nel 1985, Philippe Mora dirige Howling II, sequel del cult di Joe Dante: un film nettamente inferiore, ma suggestivo
L’ululato (The Howling, 1981) di Joe Dante non è solo uno fra i suoi migliori film, ma anche il più riuscito e importante horror anni Ottanta sui lupi mannari, a pari merito con Un lupo mannaro americano a Londra. Come da tradizione in quel periodo, un film di successo (soprattutto horror) genera uno o più sequel, solitamente non all’altezza dell’originale: e anche L’ululato non fa eccezione, visto che nel 1985 Philippe Mora dirige Howling II – L’ululato, seguito a sua volta da altri sei film. Siamo però da tutt’altra parte rispetto al capolavoro di Dante: non è un brutto film, chiariamolo, ma – oltre a non possedere la stessa suspense e robustezza narrativa – è qualcosa di abbastanza diverso, a cominciare dallo stile. Anche nella trama, il legame con Howling è solo il pretesto inziale, poi il film segue una strada tutta sua: meglio comunque dei successivi film della saga, che sfruttano il franchise per non avendo nulla in comune con esso. Il titolo originale è Howling II – Your sister is a werewolf.










Grazie alla GoWare, casa editrice digitale fiorentina, torna in libreria, nella nuova traduzione di Alessandra Colla, uno degli autori più significativi della letteratura horror e weird del novecento con un’opera che ispirò, tra le altre, il capolavoro Gli uccelli di Hitchcock.
Una raccolta organica e visionaria di mondi che rimandano al weird di Lovecraft, agli incubi di Stephen King e agli stravolgenti finali di Twilight Zone
Vincitrice all’ultimo Fantastic Fest e premiato al Toronto Film Festival, l’opera prima di Derek Lee e Clif Prowse è brillante e coinvolgente. Ed è ambientata in Italia.















