Cinema Antiviral

Antiviral

AV---posterIl risultato, tanto inevitabile quanto controproducente ai fini ultimi del film, è che l’evidenza paracula di certe soluzioni prende il sopravvento sul corpo più proprio e sostanziale del film.

In un futuro prossimo possibile, l’idolatria rivolta alle star dello spettacolo ha raggiunto livelli impensabili, tanto che una delle industrie più fiorenti è relativa alla messa in commercio dei più recenti ceppi virali che affliggono le star del jet set: in questo modo è data la possibilità ai fans più accaniti di avvicinarsi in maniera estremamente intima ai propri idoli, ospitando nel proprio corpo la stessa peculiare malattia estratta dal corpo della star.

Syd March (Caleb Landry Joes) lavora per la Lucas Clinic, azienda leader nel settore la cui testimonial ed esclusiva, Hannah Geist (Sara Gadon), è la celebrità del momento. Ma Syd gestisce anche un fiorente business parallelo: sfruttando il proprio corpo come vettore, ruba sistematicamente ogni nuova malattia pronta ad essere messa sul mercato e la re-immette clandestinamente sui circuiti paralleli del mercato nero. Ma quando l’ultima, esclusivissima e apparentemente innocua influenza contratta da Hannah Geist finisce per ucciderla, Syd si scoprirà al centro di un complotto industriale dai contorni sinistri, la cui soluzione sarà anche l’unica sua speranza di sopravvivenza.

antiviral2Se in molti, tutti forse, avrebbero potuto prevedere una scontata ingerenza della mitologia di carne&metallo del padre nel primo lavoro di Brandon Cronenberg, chissà in quanti avrebbero creduto possibile una così pura e totale trasmissione di padre in figlio del patrimonio genetico cronenberghiano come quella a cui si assiste durante la visione di Antiviral. Figlio diretto, direttissimo degli esordi a tema chirurgico/epidemico – Rabid, Il demone sotto la pelle -, Antiviral è un film che, paradossalmente, funziona meglio nei suoi elementi più sostanziali e originali e perde di credibilità in quello che strategicamente avrebbe dovuto rappresentare la sua botte di ferro, cioè il ricorso diretto a sistematico a certe peculiari soluzioni estetiche paterne che, sganciate dalla cinematografia originale, assumono inevitabilmente un sapore più compiaciuto e didascalico, quasi un furbetto esercizio di stile capace di risvegliare nello spettatore selezionato un gusto ormai sopito per quello specifico gusto body horror paterno che fu e che non è più.

Il risultato, tanto inevitabile quanto controproducente ai fini ultimi del film, è che l’evidenza paracula di certe soluzioni prende il sopravvento sul corpo più proprio e sostanziale del film, lo sviluppo di alcuni concetti già accennati nel suo corto Broken Tulips del 2008 in un’interessante riflessione sulle derive mistiche, cristologiche del successo come elevazione del corpo – e dello spirito – dei divi del momento e del loro successivo incasellamento come prodotto di consumo massivo protetto da copyright. Il mondo in cui si muove ora sicuro, ora sempre più claudicante il rettile efibico Syd March, interpretato con efficacia da Caleb Landry Jones (Byzantium, Non è un paese per vecchi) è una società che ha nuovamente trovato qualcosa in cui credere, un culto di qualcosa ancora più primitivo della carne stessa che ha trovato nell’infezione selettiva una nuova forma di avvicinamento al divino, che ingoia muscoli delle celebrità sviluppati e coltivati in laboratorio come ostie consacrate, che piange divi morti e poi risorti e che ha reso concreto il sogno della vita eterna tramite la coltivazione perpetua delle cellule tumorali dei trapassati.

Antiviral-2012-CronenbergUna rappresentazione sociale certo derivativa, che deve molte delle sue idee a quanto già proposto da Cronenberg sr. ma che allo stesso tempo, almeno fino a un certo punto della narrazione, ci mette del proprio per non apparire esclusivamente derivativa, e che pecca più per una progressiva perdita di intenti e messa a fuoco, finendo per concentrarsi su dinamiche thriller/complottistiche che finiscono per risucchiare anche un personaggio potenzialmente interessante come quello interpretato da  uno sotto-utilizzato Malcom McDowell, che per demeriti strutturali. E se l’insieme estetico asettico, simmetrico, funziona molto bene, quello che fatalmente invece corre il rischio di ridurre la pellicola a rango di film del figlio di è il ciclico ricorso a certe dinamiche visive peculiari del cinema di David Cronenberg, non così funzionali e necessarie nella loro compiaciuta reiterazione, che si tratti di aghi che bucano la pelle o di bizzarri progressi nella strumentazione scientifica: dove il padre colpiva duro, il figlio sembra un po’ troppo autocompiacersi in esercizi emulativi un po’ fighetti e sistematici che, più che a torcere le budella, sembrano servire a dare un po’ di fiato a una matassa che va progressivamente sfilacciandosi fino alle stanche e prevedibili battute finali.

Antiviral - VOTO: 2,5/5

Anno: 2012 - Nazione: Canada - Durata: 108 min. min.
Regia di: Brandon Cronenberg
Scritto da: Brandon Cronenberg
Cast: Caleb Landry Jones - Sarah Gadon - Malcom McDowell - Wendy Crewson - Joe Pingue
Uscita in Italia: - - Disponibile in DVD: import

About Andrea Avvenengo
E’ nato nel terrore spiando Twin Peaks alla TV. Il tempo ha messo in fila passioni su passioni, raffinando (o imbarbarendo?) i gusti, ma senza mai scalfire la capacità del cinema fantastico di scaraventarmi indietro nel tempo, la mani davanti agli occhi, terrorizzato e fottutamente felice.

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