Action Zombie Apocalypse (2011)

Zombie Apocalypse (2011)

Film televisivo per il canale tematico statunitense Syfy, “Zombie Apocalypse” tenta di sfruttare il trend dei morti viventi fallendo completamente il bersaglio: piatto, scontato, involontariamente comico e a livello zero in quanto a gore e splatter. Altamente evitabile.

C’ è proprio poco anzi, pochissimo da salvare in questo Zombie Apocalypse, ennesima (non) variazione sul tema dei living dead, film televisivo prodotto dalla Asylum per il  canale tematico statunitense Syfy, entrambi nomi già noti, e non in senso positivo,  per un buon numero di releases non esattamente eccelse. Dirige Nick Lyon, con la mano sinistra e probabilmente anche ad occhi chiusi, visti i risultati francamente imbarazzanti dell’ operazione.

L’ unico volto noto è quello di Ving Rhames, certo non un attore da Olimpo ma in ogni caso solido personaggio da action movies e arruolato in titoli di tutt’ altro livello (già soltanto l’ aver interpretato, seppur quasi sempre di nuca,  Marsellus Wallace in Pulp Fiction, gli regala un bella manciata di punti bonus); potrebbe essere lui, l’unico aspetto decoroso del film, ma anche Rhames recita svogliatamente, probabilmente conscio di ritrovarsi in mezzo al trionfo dell’assurdo. La sua presenza, inevitabilmente, rimanda al buon remake di Dawn Of The Dead firmato da Zack Snyder a cui questo pasticcio tenta goffamente, e invano, di ispirarsi, mettendo comunque vari ingredienti  nel calderone, senza farsi mancare un pizzico di Romero (tanto per cambiare), e il solo pensiero è pura blasfemia.

La sceneggiatura è un susseguirsi di banalità, con punte di nonsenso e abbondanti dosi di comicità involontaria: il virus VM2 si diffonde rapidamente in ogni parte del mondo, provocando la solita pestilenza di zombies e, negli USA, si ricorre nientemeno che alle bombe elettromagnetiche per combattere il contagio (e già su questo scatta l’attacco di ilarità, ma siamo solo all’inizio). Sei mesi dopo, tre sopravvissuti, due ragazzi e una ragazza, Ramona (Taryn Manning), vagano per un paesino deserto, e si imbattono in quattro personaggi che hanno dichiarato guerra ai morti viventi: Henry (Ving Rhames), Cassie (Lesley-Ann Brandt), Julien (Johnny Pacar) e Mack (Gary Weeks). Il gruppo si mette in cammino per raggiungere l’isola di Catilina, il “rifugio sicuro” puntualmente presente in modalità fotocopia nel corso di questo tipo di narrazioni. Tutto è talmente prevedibile, già visto, al punto che si potrebbe mandare avanti il film a velocità doppia, e non cambierebbe nulla: in questo modo però, non si potrebbe godere di alcune  perle che valgono il sacrificio di sorbirsi pellicole come queste.

Gli zombies, innanzitutto: sorvolando sul make-up pessimo, e sul digitale d’accatto impiegato per l’ esplosione delle teste o nelle “trasformazioni”, la barzelletta feroce sta nelle loro movenze. Apprendiamo dalle parole di Mack, personaggio inutile, fastidioso e totalmente inespressivo, il quale, con tono sussiegoso e solenne,  “istruisce” i ragazzi sul modo in cui affrontare i defunti che camminano, snocciolando una mare di ovvietà come se fossero leggi bibliche, che i mortacci deambulanti si dividono in due categorie: i più anziani, che camminano lenti, e i più giovani, i cosiddetti “corridori”, indovina indovinello, più veloci; dunque, anche i walking dead risentono degli acciacchi dell età, magari soffrono di reumatismi, o usano i montascale. Insomma, presi dall’atroce dubbio se sposare la vecchia scuola dello zombie lento oppure quella del morto che corre veloce, questi arguti sceneggiatori hanno pensato di prendere due piccioni con una fava e fare un bel mix di entrambi.

In un’esilerante scena di inseguimento da parte di un’orda possiamo assistere a una delle tante prove di un’assoluta incapacità registica: le comparse-zombies  si muovono goffamente a velocità intermedia. Ce lo possiamo immaginare Lyon che si sbraccia urlando “No così è troppo veloce! No così è troppo lento! Tenete un’ andatura media!”. Ed eccoli lì, questi poveracci maltruccati che ciondolano senza sapere bene cosa fare, cambiando andatura ogni due secondi due, con un risultato tra il patetico, il disastroso e il grottesco.  Ci tornano in mente i memorabili branchi di zombies del caro vecchio George, anche se non vorremmo pensarci, ma è più forte di noi, con il loro passo allucinato, ipnotico, inesorabile, e allora ci chiediamo se ciò che abbiamo davanti non sia altro che uno scherzo di pessimo gusto. O senza scomodare il Maestro, anche alcuni moderni in versione veloce, furibondi, adrenalici, cadaveri sotto anfetamina. Ma questi che ci si parano di fronte non sono morti viventi, sono birilli in un bowling scassato. A dare il definitivo tocco di classe, o colpo di grazia tanto non cambia granché, ecco il lancio dell’oggetto che li neutralizza: una tromba da stadio e il suo suono letale. Ebbene sì. A cosa sono serviti i rischiosi saccheggi delle armerie nel centro commerciale a opera dei protagonisti Romeriani, tutti gli sforzi per imparare a mirare al cranio quando ci sono sempre state le trombe da stadio che potevano risolvere tutto in un battibaleno? 90 minuti di applausi.

Si passa da chicche come questa al personaggio di Julien che fa l’intellettuale della situazione citando Wordsworth e il Macbeth perché si sa, un po’ di cultura fa fine e non impegna, passando per il gruppo di arcieri che si aggrega ai protagonisti e che combatte con archi e frecce, colpendo il “nemico” agli occhi. Ma non si neutralizzano mirando al cervello? Forse ci è sfuggito qualcosa, forse siamo noi, a non avere mai capito nulla.

Il torto più grave del film, la cosa davvero imperdonabile in mezzo a questo marasma di disgrazie , è l’ assenza pressoché totale di gore e splatter: uno zombie movie nel quale non si vede praticamente nulla, non un divoramento degno di questo nome, o sagome di budella inquadrate da lontano, niente di niente. Se volevano giocare la carta dell’ “orrore suggerito”, non solo hanno sbagliato strada, ma l’hanno imboccata contromano e a fari spenti; lasciare il timone all’immaginazione  è pressoché impossibile in questo sottogenere, anche avendo per le mani una trama solidissima e una regia di ferro, elementi ovviamente assenti in questo caso. L’ antropofagia tipica del morto vivente richiede, per sua natura, un minimo di manifestazione visiva; Tourneur poteva permettersi di parlare di zombies tenendo tutto nello spazio del non-mostrato ma appunto, Tourneur. E ancora non si parlava di mangiatori di umani. Le motivazioni in realtà sono ben altre: assai più prosaicamente, trattandosi di un prodotto televisivo,  è probabile che si sia voluto evitare il rischio di incappare nelle forbici della censura, peggiorando ulteriormente un film già di per sé inguardabile.

Il colmo lo si raggiunge nel finale, altra apoteosi scult, nel quale la soglia del ridicolo viene definitivamente sfondata, lasciando lo spettatore irrimediabilmente sgomento.

Tecnicamente, si naviga nel piattume assoluto, con picchi di pessimo riguardo al già citato uso del digitale. I dialoghi sono risibili, pressoché inascoltabili, gli attori imbambolati ed inespressivi, eccezion fatta per il già citato Rhames.

Da notare, nei credits, il nome di Chris Olen Ray, figlio di Fred, nelle vesti di assistente alla regia.

Un film da vedere assolutamente,  nel caso si sia fortemente masochisti e si abbiano a disposizione  87 minuti della propria vita da buttare via in qualcosa di totalmente brutto ed inutile.

 

Zombie Apocalypse - VOTO: 2/5

Anno: 2011 - Nazione: UK/USA - Durata: 87 min.
Regia di: Nick Lyon
Scritto da: Craig Engler, Brooks Peck
Cast: Ving Rhames - Lesley-Ann Brandt - Taryn Manning - Johnny Pacar - Gary Weeks
Uscita in Italia: INEDITO - Disponibile in DVD: SI

 

About Chiara Pani
Conosciuta anche come Araknex, tesse inesorabile la sua tela, nutrendosi maniacalmente di horror,musica goth e industrial e saggi di criminologia. Odia la luce del sole e si mormora che possa neutralizzarla, ma l’ interessata smentisce, forse per non rendere noto il suo unico punto debole. L’ horror è per lei territorio ideale, culla nella quale si rifugia, in fuga da un orripilante mondo reale. Degna rappresentante della specie Vedova Nera, è però fervente animalista, unico tratto che la rende (quasi) umana. Avvicinatevi a vostro rischio.

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