Autori David Lynch: EraserMan (part 3)

David Lynch: EraserMan (part 3)

David ha concepito l’arte mutante del cinema anche come simulacro da erigere durante la messa-in-scena della finzione pubblicitaria.

Varie e variopinte le iniezioni lynchiane di estetica cinematografica nel campo dell’advertising. Non ultimo, ma senza dubbio emblematico, l’audace spot firmato per Dior (nel 2010) dal titolo “Lady Blue Shanghai”.

La pregevole partecipazione di Marion Cotillard, parigina proiettata definitivamente nell’universo della settima arte grazie all’interpretazione di Edith Piaf ne “La vie en rose” (anno 2007), è un macigno di splendore ritmico tra le sette note dell’armonia femminile. Il contenuto espressivo facciale-gestuale si ricama alla perfezione con il disegno lynchiano di amore e desolazione. 15minuti di ossessione, francesismo da Belle Époque in Terra d’Oriente. Luci suoni e odori che catalizzano la nostra attenzione sull’ingresso in hotel di Lady Marion, percorsa in corridoio da fremiti di incanto. E la stanza dai ricami cinesi, la conturbante (inquietante e sensuale) espressione, incisiva di stupore e incanto, immaginifica quanto l’aver scoperto la più grande gioia della sua vita.

Marion Cotillard

L’Oltre. Oltre la propria esistenza fisica. “A beautiful sound…” riecheggia tutt’attorno, in un dialogo tra se e il Sé Superiore, seduta sul divanetto, completamente persa. Il Ricordo. Rimembra un non luogo di sensazioni baci, sguardi straordinariamente segreti, da occultare, lì in quella location dal sapore orientale. Suoni luci e ombre di inizio ‘900, le mille luci di Lynch scorrazzano sul video con quell’aurea magica che tanto ricorda Laura Palmer in versione angelica, i volti illuminati di un potere spirituale, mentre l’amore si intreccia in sentimentalismi, borsette-Dior e crisi di pianto silenziose. E’ il potere dell’oggetto, è il potere dell’amore che travolge le donne, tanto da varcare le soglie del piacere fisico per lasciarsi andare alla fantasia e alla realtà di una rosa blu intensa, profumata come non mai, e una borsetta blu da stringere, adorare, fondere col proprio cuore. Un grande spot per un feticismo umano consapevole e orgiastico, il piacere del consumismo nelle mani di un consumatore di ansie paure e nostalgie. Già futuro dal passato nostalgico. Queste aperture “popolari” che ogni tanto (e sempre più spesso) il Maestro si concede fanno parte di un gioco di ruolo assolutamente previsto e organizzato. Sebbene sia maggiormente orientato a procedere per passi lenti pesanti e angosciosi, la ridente e umile disponibilità ad accogliere qualunque mente pensante lì di fronte allo schermo, lo aiuta cerebralmente a concepire la collettività come individuo magmatico dalla forte componente energetica (positiva o negativa che sia poi la risposta alla creazione).

Lady Dior

Non è più solo il responso e il riscontro ultimo del consumatore, la sintesi del fine creativo, bensì l’atto di imprimere il visivo e la percezione del filmato con lo scopo di generare stupore intelligente. L’inverso di ciò che persegue il business man di oggi, l’uomo qualunque al servizio del prossimo per un’idea di profitto, per un’idea di provocazione sessuale, per un’idea di sfogo a impulsi esclusivamente sessuali, per un’idea di macchinazione mentale al fine di giostrare la macchina cinema con i mezzi del Grande Genio ma col trucco subdolo della manipolazione pura e consapevole. Come consapevole e non puro è l’utente afflitto da schizofrenia sessuale, capace ormai di passare in pochi secondi dal filmato dello spot di Lynch all’orgia su Porn-qualcosa.it. Questa è l’era del tutto è possibile e nulla è rispettabile, questa è l’era della finzione auto protettiva, della recitazione compulsiva, del personaggio a tutti i costi. Noi personaggi di una macchina di perversione totale, guidati dalla tecnologia, guidati dal marciume dell’area cerebrale isterica, quell’area macchiata di sbalordimento, meraviglia, incredulità, di fronte ad un semaforo arricchito anche dal quarto colore: l’arancione. Stupore per il nulla, stupore per l’eclatante, stupore per riempire secondi di squallore. Come ti vesti, cosa guardi, come scendi dal marciapiede, come spingi il pedale, come bevi, come ti trucchi, come mangi, cosa leggi, perché ami, perché fai l’amore e non fai sesso, perché corri e non saltelli, perché vivi quando sei già morto. Zombies. Lynch e gli spot si nutrono a vicenda, sono uniti dall’alito della sintesi. David ha sempre amato scorrazzare nei secondi, nei minuti, senza dover necessariamente dare un seguito prolisso a quei 5, 10, 15 minuti. I cortometraggi, gli spot, sono il Suo Universo, sono la sua sintesi, la sua metafora in sintesi. Il dialogo breve col prossimo pare essere uno dei suoi più impellenti desideri di prolificazione, prova ne è il David Lynch Interview Project, interviste a persone di qualunque estrazione sociale visivamente e linguisticamente interessanti, autofinanziato e per nulla celebrativo. E degno di menzione il susseguente progetto che vede protagonisti dei “fans” dediti al Personaggio, pronti a realizzare il più grande documentario sul Maestro, coi soldi di tutti coloro che in piccola o grande parte vorranno partecipare al finanziamento open-space. David ha realizzato e messo all’asta uno dei suoi innumerevoli dipinti proprio per aiutare saggiamente e artisticamente l’ultimazione economica del prodotto. Cos’è Lynch e cosa saremmo Noi senza di Lui? Lo scopriremo, al prossimo “episodio” rigorosamente breve e sintetico.

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