Action At the End of the Day – Un giorno senza fine

At the End of the Day – Un giorno senza fine

At the End of the Day  è spettacolo alla lunga noioso e stucchevole nel suo svolgersi senza grossi scossoni.

Sette amici decidono di trascorrere una giornata insieme giocando a softair: dopo aver raggiunto un’area desolata e lontana da ogni centro abitato, si dividono in due squadre e si affrontano con le loro ASG.  È l’inizio di un incubo. Ben presto, il gruppo si ritrova vittima di una misteriosa minaccia che si nasconde fra gli alberi, mentre il loro gioco si trasforma improvvisamente in una caccia all’uomo.

Può un film vivere solo di pura estetica? Può ancora un film alle soglie del 2012, dopo tante storie raccontate, accontentarsi di raccontare il già visto, senza sforzarsi d’altro? Di pericolose partite, caccie all’uomo, in film in bianco e nero, in testosteronici action esportati da Hong Kong all’America, in follie spagnole di contesse dal seno nudo, ne abbiamo viste a bizzeffe e in tutti i modi. Così come nel raccontare, attraverso una guerra, l’incontro tra l’uomo di città e la natura ci bastava John Boorman e il suo Tranquillo week end di paura, dire altro dopo certi film è essere ridondanti, presuntuosi e inefficaci, come un bambino saputello che alza sempre la mano a scuola.

In più contiamo che di film sulla guerra simulata, ce ne sono stati a bizzeffe, da quel lontano 1998 dove lo sfortunato Claudio Masin girò Soft air con la bella Cinzia Roccaforte, fino ad arrivare ad esperimenti spagnoli e americani, dove per lo meno si cercava di variare con idee di regia o svolte narrative apprezzabili. Basti ricordare Trigger Man di Ti West, film inconcludente come la maggior parte dei lavori del regista, ma che stile, che pathos, che fantasia al potere anche con niente. Il film di Cosimo Alemà invece, purtroppo, è poca cosa, un film arrivato al cinema come solo i miracoli italiani possono fare, i vari Io sono un vampiro di Max Ferro o Smile di Francesco Gasperoni, filmetti che se fossero americani li vedremmo direttamente in dvd per subito dimenticarli, ma le vie del Signore ce li fanno sbattere con violenza sul grande schermo, come a dire “Guardami sono italiano, non sono una commedia e sono al cinema” e tu ci caschi con tutte le scarpe perchè magari una commedia era meno da emorroidi al culo.

Poi aggiungiamo si parla di prodotto italico ed allora anche questo At the end of the day può diventare un caso da riempire forum o giornali, tutto perchè è girato bene, ma svegliamoci, se il paragone sono Ho sposato uno sbirro 2 o i virtuosismi dei nostri psicodrammi intellettuali italioti, ogni cosa con un minimo di abc del cinema sembra Michael Bay. In un mondo perfetto Claudio Fragasso e i suoi action sarebbero da incassi record perchè girati questi sì davvero bene, senza bisogno di essere fastidiosamente artistici, senza aspirare a tutti i costi ad essere Francis Ford Coppola o Walter Hill. In the end of the day è girato bene, ma non eccelle mai, le idee di regia alla fine sono tutte di seconda mano, la fiera del già visto mercanteggiata come l’Alleluja del Padre Eterno, è spettacolo alla lunga noioso e stucchevole nel suo svolgersi senza grossi scossoni. I personaggi, marionette senz’anima, si muovono in maniera stupida, senza approfondimenti psicologici, alla ricerca di una morte altrettanto stupida in un gioco dei ruoli tra buoni e cattivi mal spiegato e inutilmente urlato per camuffare il vuoto strutturale di quello che è un castello con fondamenta di argilla.

Se poi aggiungiamo che nel mondo astratto di Alemà le regole imprescendibili aristoteriche di spazio, tempo e luogo vengono ignorate come nel peggior Ciro H. Santiago di guerra è tutto dire: un soldato si allontana mezz’ora prima e arriva quasi in contemporanea al suo comandante che si era trattenuto per uccidere una prigioniera, una donna urla disperata e il suo nemico non la sente dopo che ha voltato l’angolo. Un lungometraggio è forse un gioco troppo grande, lontano dalla semplicità dei corti, difficile da gestire per il regista. Viene rabbia a pensare come in Norvegia con lo stesso materiale abbiano girato un film tanto bello come Rodvyr, con uno stile e un incedere della narrazione da applauso a scena aperta: eppure lì come qui alla base c’è il nulla più disarmante. Non mi si dica poi che quel finale, così americano, così alla yankee di James Cameron anni 80, non sa di stantio, la ragazza che appena nei primi minuti recita la frase “Non amo la guerra e non so sparare” sai già che diventerà alla fine la forza devastatrice più deflagrante. Ma attenzione Alemà mica è uno da spettacolaccio alla grindhouse italiana e allora ci mette un tocco più intimista, la natura eccola in tutta la sua bellezza anche davanti alla morte, e poi il più tragico degli eventi per chiudere in nero il tutto perchè non c’è spazio per happy end nella guerra. Vi ricordate la pubblicità di Studio universal dove un gruppo di teste di cuoio irrompe in un appartamento e spiega ad una coppia quanti bei film potranno vedere a poco prezzo? D’un tratto il marito li squadra e, tornando a dormire, esclama “Li mortacci vostri”. Ecco. Ah dimenticavo la colonna sonora è ottima.

httpv://www.youtube.com/watch?v=ysF9N2ccDOA

At the end of the day – Un giorno senza fine

Regia: Cosimo Alemà
Interpreti:
Stephanie Chapman Baker, Michael Lutz, Neil Linpow, Sam Cohan, Tom Stanley, Monika Mirga, Valene Kane
Durata:
93 min.
Uscita cinema
: 22 Luglio 2011

About Andrea Lanza
Si fanno molte ipotesi sulla sua genesi, tutte comunque deliranti. Quel che è certo è che ama l’horror e vive di horror, anche se molte volte ad affascinarlo sono le produzioni più becere. “Esteta del miserabile cinematografico” si autodefinisce, ma la realtà è che è sensibile a tette e sangue.

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