Intervista film John Gulager: Intervista

John Gulager: Intervista

Fondamentalmente, tutto il progetto è basato sulla frenesia e sulla mancanza di serietà“.

Nemmeno il tempo di pulire i pavimenti dalla carneficina di Feast , che John Gulager se ne salta fuori non con una, ma due nuove pellicole del franchise più ignorante e divertente dell’ultimo lustro: dalle colonne di BloodyDisgusting.com il regista fa il punto della situazione su progetti passati, presenti e futuri.

Quali sono le principali differenze tra il primo Feast ed il recente Feast 2: Sloppy Seconds?

C’è più di qualche differenza, dopotutto non avremmo mai potuto girare di nuovo lo stesso film. A qualcuno piacerà ad altri meno, ma questo è inevitabile. Va da sè che quelle della serie Feast restino pellicole di grana grossa: abbiamo ricoperto di sangue e vomito tutto e tutti nel primo capitolo, abbiamo fatto lo stesso nel secondo. Era prevedibile che qualcuno ne rimanesse piuttosto disgustato, proprio come successo durante la proiezione al Fantastic Fest…Il mio consiglio spassionato è di non mangiare del guacamole prima della proiezione.

Che tipo di riscontri avete avuto fin’ora?
Sostanzialmente i giudizi variano da “fa schifo” a “è fottutamente folle“, proprio come successe per Feast. Ai tempi parecchi recensori ci andarono giù pesante con la pellicola, ma nonostante tutto, trovammo un pubblico fedele. Credo che succederà lo stesso per questo film, potrebbe cambiare parzialmente il tipo di pubblico….

Il primo capitolo di Feast è stato definito come la perfetta unione tra L‘Alba dei Morti Viventi ed un film di Guy Ritchie (Lock & Stock & Two Smoking Barrels, Snatch)…
Credo che agli ingredienti di questo secondo capitolo vada aggiunto A Hard Day’s Night (la commedia musicale di Richard Lester che vede i Beatles nel ruolo di protagonisti). Fondamentalmente, tutto il progetto è basato sulla frenesia e sulla mancanza di serietà.

Sia per i tre capitoli di Feast (Feast 3: The Happy Finish è già completato ed in fase di postproduzione) che per l’altra pellicola che ti vedrà alla regia – The Neighbor – ti sei avvalso del contributo in fase di sceneggiatura di Patrick Melton  e Marcus Dunstan. Cosa ti ha spinto a collaborare in modo così continuativo con loro?
Conosco entrambi dai tempi del Project Greenlight – il concorso indetto da Matt Damon e Ben Affleck, dove Feast ha vinto sia per la sceneggiatura che per la regia – e Feast è sostanzialmente un progetto nato dalle nostre tre menti, era quindi naturale che proseguissimo a lavorare insieme, del resto tra noi funziona tutto in modo molto lineare. Per quanto riguarda The Neighbor, il discorso è un po’ più complicato. E’ un’idea che non ha ancora trovsato qualcuno disposto a supportarla finanziariamente, quindi stiamo aspettando di vedere che succede. E’ una pellicola piuttosto estrema, con qualche riferimento ai famigerati torture porn. Ci saranno motori, azione, violenza, gusto per l’estremo e parecchi altri elementi.  Speriamo di riuscire a concretizzare il tutto al più presto possibile.
E per quanto riguarda il terzo capitolo? Quali saranno le differenze con gli altri due episodi?
Dei tre, Sloppy Seconds è decisamente il più leggero e divertito. Il terzo capitolo riprenderà le atmosfere del primo, e sposterà tutta l’azione in location sotterranee, il che donerà un mood piuttosto oscuro e claustrofobico alla narrazione, e, senza aggiungere altro, posso anticipare che ospiterà nuove creature. Non lasciatevi ingannare dal titolo, non è detto che sarà davvero l’episodio conclusivo della serie: dopotutto è la prima regola di Feast: tutto quello che viene dato per certo, molto probabilmente non lo è.

Hai dimostrato di saperti muovere negli ambienti horror con estrema efficacia: hai intenzione di misurarti con qualche altro genere in futuro?
Ho chiesto a mio padre Clu (storico caratterista del cinema di genere) di scrivere una sceneggiatura western, ma lo script ha fatto storcere più di un naso a causa della violenza e della brutalità di alcuni passaggi.Nonostante questo, sono convinto che potrebbe nascerne un film meraviglioso, feroce e psichedelico: il titolo dovrebbe essere Mister.

Quali sono i tuoi modelli personali e professionali?
Sono cresciuto in un decennio in cui esistevano ancora quel genere di coraggiosi cinema che cambiavano il programma ogni sera, proiettando pellicole più o meno conosciute da tutto il mondo. Ci si poteva imbattere indifferentemente in Fellini o Bergman, I Sette Samurai e Ladri di Biciclette nel giro di una sola settimana. Poi, ovviamente, ho sempre amato Kubrick. Per quanto riguarda il cinema contemporaneo, adoro Ichi The Killer, gran parte degli horror orientali e la nuova scuola horror francese. C’è qualcosa di eccezionale nel suo essere in grado di spaventare senza far leva sulle più banali dinamiche del divertimento.

Come ti poni rispetto alla nemmeno troppo recente corsa selvaggia al remake?

Capisco che per i produttori avere a che fare con qualcosa già conosciuto e testato possa avere i suoi vantaggi. Da un punto di vista registico, se dovessi affrontare un remake andrei immediatamente a rivedermi La Cosa di John Carpenter, che considero decisamente più valida della pellicola originale del 1951: il remake ha un senso quando si aggiunge al modello di riferimento qualcosa di personale ed efficace, quando, in sostanza, lo si migliora. Ovviamente, la stragrande maggioranza dei remake non rientra in questa categoria, nè ha queste pretese. Non sono in grado di prevedere se farò mai un remake, ma posso assicurare che se decidessi di girarlo, sarebbe il remake di film dal  buon potenziale ma malamente  sfruttato.

About Andrea Avvenengo
E’ nato nel terrore spiando Twin Peaks alla TV. Il tempo ha messo in fila passioni su passioni, raffinando (o imbarbarendo?) i gusti, ma senza mai scalfire la capacità del cinema fantastico di scaraventarmi indietro nel tempo, la mani davanti agli occhi, terrorizzato e fottutamente felice.

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