Category: Recensione film

Una volta visto Parasomnia, potrebbe anche darsi che dopo un lungo e a tratti osceno peregrinare il buon vecchio Bill sia riuscito a trovare la propria personalissima dimensione di discreto regista e sceneggiatore.

In visita ad un amico ricoverato in ospedale, il giovane Danny Sloan (Dylan Purcell) viene casualmente a conoscenza del curioso caso di Laura (Cherylin Wilson), ragazza affetta da un rara malattia che la costringe a lunghissimi periodi di incoscienza caratterizzati da orrendi incubi e rari e brevi momenti di lucidità. Suo vicino di stanza è il folle Byron Volpe (Patrick Kilpatrick) sociopatico ipnotizzatore dal passato criminale lì rinchiuso e tenuto sotto strettissima sorveglianza.

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E’ più probabile che Daybreakers entri negli annali del cinema horror più per la prima esperienza orrorifica di un discreto quanto al solito melanconico Ethan Hawke che per la sua assoluta qualità filmica.

Autunno 2004, un’era cinematografica fa: (appena) prima del fiorire del torture porn, della teen-saga Twilight, del mockumentary come antidoto alla crisi da foglio bianco, la Lionsgate acquista da una coppia di fratelli reduci da un discreto esordio cinematografico una sceneggiatura che si promette narrativamente enorme, che piazza vecchi boogeyman in un futuro prossimo mettendogli in mano il mondo intero. Poi fu silenzio.

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Fuori fisicità ed alti tassi ematici, dentro il mare magnum della mente umana, l’orrore come risultato di un inevitabile e feroce travaglio intimo appena estroverso che implode nella psiche del protagonista.

Non è con il più augurabile degli stati d’animo che Jess (Melissa George), tormentata ragazza madre, raggiunge l’amico Greg (Michael Dorman) sul suo yacht per abbandonarsi ad un po’ di relax in mezzo all’Oceano Pacifico con un ristretto gruppo di amici.

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Erano molteplici i tagli che la parigina Julie Delpy, deus ex machina di questo The Countess, avrebbe potuto dare a quella che è da considerarsi a tutti gli effetti una sua esclusiva creatura.

Nell’Ungheria dei primi anni del XVII secolo, la Contessa Erzebet Bathory, forte di un’intelligenza ardita e di una bellezza fuori dal comune, è senza dubbio la donna più potente del regno, rispettata da tutti e temuta da molti.

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Zone of the dead è semplicemente una pellicola che non ha nulla di originale, ma soddisfa il palato come farebbe una trattoria per camionisti.

Nella città industriale di Pancevo una tossina biochimica infetta la città. Gli effetti del materiale tossico consistono nel rivitalizzare le cellule morte del uomo, riportando in vita i defunti. La prima missione dell’agente Mina Millius, coadiuvata dall’esperto Mortimer Reyes, si rivela così più difficile del previsto quando la città diventa pericolosamente infestata di zombie.

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Quasi una sorta di patinato Dorian Gray for teens, ed è piuttosto sotto questa ottica che la pellicola va giudicata.

Certo un qualche angusto angolo della polverosa soffitta di casa Parker ospiterà un’ eccezionale copia di questa pellicola; una versione ammaliante, ben girata e ben interpretata, che migliora esponenzialmente con lo scorrere dei minuti e cinematograficamente immortale. A noi non resta che augurarci che la copia riservata da Parker al mondo esterno e alla distribuzione nelle sale sia quantomeno rapidamente biodegradabile.

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Produrre pellicole come questa significa, molto prosaicamente, essere diventati qualcuno.

Tra un inseguimento all’ennesima pupa maggiorata ed uno spot televisivo per uno dei suoi innumerevoli sponsor, non si può certo dire che per il wrestler/agente segreto El Superbeasto la vita scorra tra mille complicazioni.

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Il naturale senso di elettrica attesa che monta nelle prime battute della pellicola perde presto tutto il proprio carico esplosivo quando ci si rende conto che Book of Blood ha una certa qual forma barkeriana nelle intenzioni ma ne è priva della sostanza fondante.

Secondo una certa corrente di pensiero, la nostra realtà è segretamente attraversata dalle cosiddette highways, punti di incontro tra il nostro mondo ed il regno dei morti, zone franche dove le due dimensioni, toccandosi, rendono possibile la trasmigrazione degi rispettivi abitanti dell’una nell’altra e viceversa e dove, banalmente, tutto può succedere.

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Cosa ne sarà ora di tanto credito conquistato con pazienza, fatica ed onestà da working class dell’horror una volta che The Alphabet Killer sarà stato visto?

Nei primi ’70 la zona di Rochester, New York, venne sconvolta da tre omicidi tanto efferati quanto peculiari: i corpi delle tre giovanissime vittime, stuprate e soffocate, furono ritrovati in località la cui iniziale del nome corrispondeva a quella del loro nome proprio e del loro cognome.

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Vedendo House of flesh mannequins  sembra che a Christopharo non interessi nulla del cinema, tanto sciatta e inutile è la trama.

Sebastian Rhys, fotografo di professione, cresciuto tra disturbi psicologici causati dalle idee malsane del padre. Svolge il suo mestiere giocando sul filo del pericolo e dell’illecito, filmando snuff movies e scene di reale sesso e violenza. Un giorno conosce la vicina di casa Sarah Roeg, affascinante e giovane donna con un padre quasi cieco, che sogna di pubblicare romanzi per bambini, e poco alla volta è costretto a farla entrare nel suo mondo…

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