Cinema CONFESSIONS

CONFESSIONS

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Finalmente nelle sale cinematografiche italiane, l’angosciante thriller giapponese Confessions (2010) di Tetsuya Nakashima

Uscito solo adesso nelle sale italiane, il bellissimo thriller giapponese Confessions (originale: Kokuhaku) di Tetsuya Nakashima è stato realizzato nel 2010, ottenendo anche una candidatura fra i Premi Oscar 2011 (come miglior film straniero). Confessions è in realtà un film molto sui generis, contenendo elementi thriller e horror, ma anche caratteristiche da film drammatico e persino surrealista in certi momenti. Il soggetto è tratto dall’omonimo romanzo di Kanae Minato, pubblicato in Italia col titolo Confessione dalla casa editrice Giano/Neri Pozza (traduzione di Gianluca Coci).

Il cinema horror giapponese (conosciuto come J-horror), è noto, fa veramente paura, forse perché utilizza canoni estetici e narrativi differenti da quelli occidentali ai quali siamo abituati: pellicole come Ju-on e The grudge (solo per fare due esempi) continuano a far sobbalzare gli spettatori sulla poltrona, e sono ormai entrati nell’immaginario collettivo del cinema horror. Altrettanto angosciante, rimanendo in terra nipponica, è il thriller (che potremmo definire “J-thriller”), come Audition di Miike e la celebre “trilogia della vendetta” di Park Chan-wook. Confessions non appartiene a un “genere” vero e proprio: condivide elementi del J-horror (il bambino folle che sembra “posseduto”) e del “J-thriller” (la vendetta e il sangue), ma procede per una strada tutta sua, configurandosi a tratti come un dramma psicologico e sociologico, nonché come la descrizione di un percorso esistenziale improntato a un nichilismo assoluto.

Confessions-HRLa vicenda inizia in media res, cioè senza preamboli né antefatti, ma già nel cuore dell’azione. La professoressa Moriguchi (Takako Matsu) svolge il discorso di congedo alla sua classe, prima di ritirarsi dall’insegnamento, e fa alcune dichiarazioni sconvolgenti. La morte della sua bambina non è stata un incidente, ma un omicidio compiuto da due studenti, che lei chiama “studente A” (Shuya) e “studente B” (Naoki): non essendo punibili dalla legge in quanto minorenni, lei stessa ha deciso di compiere la sua vendetta iniettando del sangue infetto di HIV nel latte che hanno appena bevuto. Le conseguenze sono devastanti: passati alcuni mesi, Naoki è diventato folle e vive recluso in casa; Shuya continua invece a frequentare la scuola, ripudiato quasi da tutti e vittima del bullismo. Entrambi i ragazzi diventano a loro volta dei feroci assassini.

Gli elementi che risaltano in Confessions sono innanzitutto l’estrema ricercatezza estetica e le contorsioni temporali (tra flashback e flashforward) da far invidia a Quentin Tarantino. La narrazione è (volutamente) intricata e complessa, quasi se il regista volesse fare un “gioco” con lo spettatore invitandolo a ricostruire i pezzi di questo mosaico. Usando i termini della narratologia, la fabula (gli eventi narrati nella loro successione cronologica) e l’intreccio (gli eventi come vengono raccontati) sono il più distante possibile. A tratti, sembra davvero di assistere a una versione estrema della narrazione a-temporale di Pulp Fiction o Jackie Brown: scene che si interrompono senza risposta, con le conclusioni riprese in seguito (magari dopo un flashback), scene che vengono riproposte (sotto una nuova luce) e alternate ad altre situazioni o ad altri piani spazio-temporali. Non è un film facile da seguire (servono magari più visioni), è anche abbastanza lungo (106 minuti), ma appassiona per tutta la durata e, una volta compreso il meccanismo, ogni pezzo del puzzle torna al suo posto, a testimonianza di una sceneggiatura perfetta. Il titolo è pienamente giustificato dal fatto che la narrazione è spesso affidata ai racconti (o “confessioni”) dei vari protagonisti (la professoressa Moriguchi, Shuya, Naoki e Mizuki), ciascuno dei quali racconta la vicenda dalla sua prospettiva: si ottiene così un quadro complesso di narrazioni e punti di vista, ciascuno dei quali contribuisce man mano a costruire la “verità” (ammesso che ne esista una).

Kokuhaku (Confessions)- 2010-Tetsuya Nakashima.mkv_snapshot_00.51.42_[2011.01.31_19.14.14]Dal punto di vista estetico, grandissima cura e originalità non solo nella scelta delle inquadrature, ma anche nella fotografia e nel montaggio. Alcune immagini rimangono impresse per il loro gusto quasi “pittorico”: pensiamo al rosso del sangue che si mescola al bianco del latte, ai numerosi ralenti (che non servono a enfatizzare l’azione come in Peckinpah e Castellari, ma a rendere rarefatto il tempo ampliando l’angoscia), alle nuvole minacciose nel cielo plumbeo, fino all’implosione conclusiva (quasi il finale di Zabriskie Point al contrario). Il montaggio è frenetico e sincopato, non solo nell’alternanza fra piani temporali differenti, ma anche nell’accostamento onirico-surrealista di alcune inquadrature: la suddetta immagine “sangue e latte”, ma anche i frequenti richiami alla pallina da tennis, la bolla che esplode e implode vicino all’orecchio, e gli inserti caratterizzati da una fotografia “calda”, quasi rossastra, in contrapposizione a quella nitida che domina il film. Buone anche le musiche, sempre in bilico fra espressione di paura e malinconia.

4069_4Dal punto di vista thriller e horror, notevole è innanzitutto il senso di angoscia che permea tutto il film: un’angoscia trasmessa a livello veramente epidermico, un’angoscia globale, nichilista, che caratterizza tutti i personaggi. Confessions è un’opera all’insegna della morte e della disperazione, in cui la tensione si accompagna (o si alterna) a un senso di ineluttabile tristezza. Il primo vero momento horror lo troviamo quando l’attenzione si focalizza su Naoki, reso folle dalla paura del contagio: il silenzio della casa è rotto all’improvviso dalla sua furia, che si connota come una possessione demoniaca degna de L’esorcista, e l’immagine perturbante del ragazzino (quasi un “ragazzo selvaggio” che sta perdendo la sua connotazione umana) ricorda vagamente quella presente in alcuni J-horror come The grudge. Anche gli omicidi che vedremo durante la vicenda sono degni del miglior cinema horror: la regia non insiste troppo sui dettagli splatter, ma la madre di Naoki uccisa da lui a coltellate e la giovane Mizuki massacrata e fatta a pezzi da Shuya (vediamo anche una mano nel frigo) presentano un’atrocità intrinseca che mette i brividi.

vlcsnap-2013-05-17-18h36m39s125L’atrocità e i sentimenti di angoscia e tristezza presenti in Confessions non sono funzionali solo alla creazione di un’atmosfera horror/thriller, ma anche alla descrizione di un universo psicologico e sociologico improntato al più assoluto nichilismo, connotando così il film di una vena autoriale. Il nichilismo lo troviamo nel “desiderio di morte” espresso da una studentessa, nello sconvolgente racconto di una ragazzina che ha sterminato la sua famiglia (notizie che purtroppo si sentono spesso nella realtà), nel superomismo di Shuya che è disposto a uccidere pur di affermare il suo ego, nei falsi miti della società moderna, nei personaggi abbandonati a se stessi, nell’odio che genera altro odio e nella tragica vita di ogni giorno. In Confessions, la realtà è il peggiore degli incubi.

httpv://www.youtube.com/watch?v=F73eXXiMwB4

CONFESSIONS - VOTO: 5/5

Anno: 2010 - Nazione: Giappone - Durata: 106 min.
Regia di: Tetsuya Nakashima
Scritto da: Tetsuya Nakashima
Cast: Takako Matsu - Yukito Nishii - Kaoru Fujiwara - Ai Hashimoto - Masaki Okada
Uscita in Italia: 2013 - Disponibile in DVD: NO

 

About Davide Comotti
Davide Comotti. Bergamasco, classe 1985, dimostra interesse per il cinema fin da piccolo. Nel 2004, si iscrive al corso di laurea in Scienze Umanistiche dell’Università degli Studi di Bergamo (laurea che conseguirà nel 2008): durante gli studi universitari, ha modo di approfondire la sua passione tramite esami di storia, critica e tecniche del cinema e laboratori di critica e regia cinematografica. Diventa cultore sia del cinema d’autore (Antonioni, Visconti, Damiani, Herzog), sia soprattutto del cinema di genere italiano (Fulci, Corbucci, Di Leo, Lenzi, Sollima, solo per citare i principali) e del cinema indipendente di Roger A. Fratter. Appassionato e studioso di film horror, thriller, polizieschi e western (soprattutto italiani), si occupa inoltre dell’analisi di film rari e di problemi legati alla tradizione e alle differenti versioni di tali film. Nel 2010, ha collaborato alla nona edizione del Festival Internazionale del Cinema d’Arte di Bergamo. Scrive su "La Rivista Eterea" (larivistaeterea.wordpress.com), ciaocinema.it, lascatoladelleidee.it. Ha curato la rubrica cinematografica della rivista Bergamo Up e del sito di Bergamo Magazine. Ha scritto inoltre alcuni articoli sui siti sognihorror.com e nocturno.it. Ha scritto due libri: Un regista amico dei filmakers. Il cinema e le donne di Roger A. Fratter (edizioni Il Foglio Letterario) e, insieme a Vittorio Salerno, Professione regista e scrittore (edizioni BookSprint). Contatto: davidecomotti85@gmail.com

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