Cinema Kelleyville

Kelleyville

Brooks Hunter ci regala un buon thriller, che però lascia vagamente insoddisfatti.

Due investigatori privati, colleghi nel lavoro e fidanzati nella vita, indagano sulla sparizione di una ragazza in un paesino sperduto da qualche parte nella profonda America del nord. Quasi subito lei viene rapita a sua volta e lui quasi ucciso;  lentamente si fa strada l’agghiacciante rivelazione: le donne vengono rapite per crudeli esperimenti. Tutto questo potrebbe condurre a scene splatter, porno torture e magari anche slasher. E invece no. Questa pellicola è decisamente un buon film, con attori convincenti, specialmente i non protagonisti, e qualche idea azzeccata di cui si parla più avanti. Lascia un po’ di amaro in bocca la mancata occasione per un film più slasher, più sanguinolento, come il plot promette e non mantiene. Ma questo è ovviamente un problema solo per gli amanti del sangue a tutti i costi.

La vicenda parte da una serie di sparizioni in grandi città, tra le quali spicca quella di una ragazza, interpretata da Kelsey Oluk (Kim), avvenuta invece nei dintorni di Kelleyville, una piccola cittadina. Le indagini languono fino a quando la polizia locale smette di cercarla. Due investigatori privati, Dany Gehshan (Patrick) e Vanessa Broze (Megan), decidono di indagare sulla scomparsa della donna e per fare questo si fingono turisti, con i nomi fittizi di Charlie e Kelly. Avvicinandosi al paese di Kenneyville, conoscono due ragazzi del posto, Joseph Malonzo (Ben) e Irena Angeloutsa (Victoria), con i quali fingono di fare amicizia. L’ambigua Victoria si rivela subito come complice dei rapitori, avvertendoli della presenza di Megan.

Devon Nicholson (Sid), braccio esecutivo del gruppo, dopo avere quasi ucciso Patrick,  rapisce la giovane donna, portandola in una vecchia scuderia, dove invece dei cavalli vengono tenute le donne rapite. Qui Megan fa la conoscenza di Michael Scratch (Adrian Black), un fastidioso personaggio che solo in seguito scopriremo essere un professore (o qualcosa del genere) bisognoso di cavie.

Questo è decisamente il personaggio più azzeccato, interpretato ottimamente da Scratch: viscido e mellifluo, violento e leggermente sadico; è estremamente fastidioso il suo vizio di mettere continuamente le mani sulla faccia delle sue vittime, palpeggiando e torcendo la pelle, disumanizzandole e trattandole come graziosi animali. Forse un po’ sopra le righe il tic nervoso all’occhio destro che glielo fa chiudere di scatto ogni pochi secondi, decisamente troppo “folle” e iconografico di certi “professori pazzi”.
Interessante anche la tortura psicologica, vera coprotagonista dell’intera pellicola, a cui il dottore sottopone le sue vittime per renderle mansuete e collaborative.

Gli altri protagonisti lavorano in modo decente, seguendo le indicazioni di Hunter, anche coautore del soggetto.
Il regista lavora bene anche al montaggio: il ritmo è incalzante ma non troppo, in modo da gustare i pochi dialoghi, non ci sono cadute di tensione significative, tranne in un paio di casi dove però potrebbero anche essere ricercate. L’uso della telecamera a mano, con il suo seguito di “nausea da scuotimento”, è limitato ai momenti più concitati e perfettamente logico per dare quel senso di confusione necessario a una pellicola di questo tipo.
A questo contribuisce anche la buona colonna sonora di James Fisher, che confeziona una serie di brani dalle sonorità chillout vagamente etniche, ben rappresentate dal brano di apertura che fa da cornice a una sequenza di flashback e flashforward accattivanti.

Quasi da manuale almeno un paio di scene: intorno al minuto 28:00 Patrick e Donovan (un ragazzo che ha salvato Patrick da una rissa con un tipo estremamente violento), sono a casa di quest’ultimo. Improvvisamente sentono una macchina che arriva, e Donovan intima a Patrick di salire le scale: la telecamera li segue girando lentamente intorno a sé stessa, mentre i rumori ci fanno capire che qualcuno sale le scale dell’ingresso. Al termine della rotazione lentissima la macchina da presa inquadra il violento della rissa con una pistola in mano. Bel take, con la tensione che aumenta man mano che la telecamera gira su sé stessa.
Dopo una decina di minuti, Donovan e Patrick stanno parlando concitatamente con Ben, fuggito al momento del rapimento, nei pressi di una falegnameria. Si sente un colpo e dopo mezzo secondo Ben viene colpito alla testa: è estremamente realistico. Quando viene sparato un colpo di fucile, specialmente da lontano come in questo caso, arriva prima il suono del colpo e dopo il proiettile.

Sottigliezze, certo, ma che danno un senso di plausibilità, e che possono fare la differenza tra un filmetto di serie “B” e un film da guardare.

Sul versante opposto, quello del “ma che stanno facendo?”, si devono segnalare almeno due situazioni che sfuggono alla logica.
Quando Donovan porta Patrick a casa sua, dopo averlo salvato dalla rissa e dalla banda di sequestratori, avere cominciato a rivelare la sua conoscenza di “qualcosa che non va”, e dopo che Patrick si è reso conto di essere finito nel bel mezzo di una cospirazione, gli offre una birra.
A qualunque spettatore normale viene istintivo dire: “Ma come sarebbe a dire: una birra?!” Ma forse  il galateo statunitense impone di offrire da bere in qualsiasi situazione.

Verso la fine Patrick, dopo essere stato torturato, si libera in modo piuttosto originale, combatte strenuamente contro Adrian non trovando niente di meglio da fare, mentre viene strangolato, di battergli istericamente i pugni sulle spalle. Finalmente si libera e viene subito attaccato da Megan, ancora sotto l’effetto dell’esperimento, quindi istericamente determinata a farlo fuori.
Alza una mano e con un colpo di karate la tramortisce.
O Patrick conosce una versione di kung fu che funziona solo con le donne, oppure Megan è una mozzarella.

Il regista non si lascia scappare l’occasione per una denuncia dell’ingerenza di Stato ed Esercito nella vita dei comuni mortali, le cui vite sono tranquillamente sacrificabili in nome di un superiore “interesse della comunità”, che spesso coincide con intrallazzi e passaggi di bustarelle.

In conclusione un film da vedere, che proprio per la sua essenza di thriller potrebbe attirare anche spettatori meno amanti del sangue senza se e senza ma.

 

Kenneyville - VOTO: 3,5/5

Anno: 2011 - Nazione: Canada - Durata: 92 min.
Regia di: Brooks Hunter
Scritto da: Vincent Galvez, Geoff Heintzman
Cast: Dany Gehshan - Vanessa Broze - Michael Scratch - Doran Damon - Nick Maiorino
Uscita in Italia: - Disponibile in DVD:

About overhill
Nato a Torino, dove si occupa di informatica per lavoro e musica per diletto. Scrive e pubblica due romanzi, "Dove la notte inizia" e "Tabula rasa", e mentre lavora al terzo scrive sceneggiature per film e fumetti. Collabora con "Horror.it" a tempo perso, per divertimento e per approfondire la conoscenza del vasto mondo dell'horror. Ma più per divertimento.

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