Cinema La notte dei morti viventi

La notte dei morti viventi

Pochi film hanno inciso così profondamente nella cinematografia mondiale come La notte dei morti viventi di George A. Romero.

Pochi film hanno inciso così profondamente nella cinematografia mondiale come La notte dei morti viventi di George A. Romero, una pellicola che ha segnato il debutto del regista americano e che porta in sé molte di  quelle caratteristiche che avrebbero fatto del cinema non solo un mezzo di evasione di massa, ma anche di denuncia sociale.

Durante la visita alla tomba della madre morta pochi mesi prima, Barbara e Johnny vengono aggrediti da uno strano uomo che si muove lentamente ma che sembra avere una forza fuori dal comune. Durante la colluttazione Johnny rimane vittima dell’aggressore e così alla donna non rimane che fuggire alla disperata ricerca di aiuto. La sua corsa finisce quando raggiunge una fattoria isolata dove il suo destino si legherà a quello di Ben, un uomo di colore che convince Barbara a barricarsi dentro in attesa dei soccorsi, mentre le strane creature aumentano in maniera esponenziale assediandoli dentro la casa.

Girato nel 1968, ricorrendo a mezzi propri e investendo soltanto 114.000 dollari, La notte dei morti viventi ha rappresentato un nuovo punto di partenza per il cinema horror, fino ad allora imprigionato nella deriva gotica e ambientato spesso in mondi cosiddetti “altri” come i castelli della campagna inglese o le vecchie metropoli europee. Con i suoi morti viventi Romero era intenzionato a portare dentro casa nostra (degli americani in particolare) la paura e l’angoscia di un mondo sull’orlo della catastrofe, come già aveva fatto qualche anno prima su carta Richard Matheson con il suo Io sono leggenda (a cui il regista ha più volte detto di essersi ispirato) e lo fece reinventando un genere. In Romero il classico happy end dall’ottimistico messaggio “alla fine arriva qualcuno a salvarci” a cui gli horror degli anni ’50 e ’60 ci avevano abituati, venne sostituito da un mondo già in marcia verso la fine e in cui la speranza di salvezza è già compromessa. Non a caso, quando inizia il film, l’apocalisse è già pressoché inarrestabile e le ragioni (presunte) della resurrezione dei morti vengono date quando la storia è ormai in fase di sviluppo: a Romero non interessa perché quella tragedia è successa, ma cosa questa comporta nella vita dei suoi personaggi.

[…] La notte dei morti viventi si giova di un virtuosismo dinamico, tipicamente cinematico, in grado di dare agli spettatori una sensazione di terrore vero, viscerale, traumatico, che li tiene in bilico sull’orlo dei sedili man mano che la storia si svolge, precipitando inesorabilmente verso il punto culminante. Il film si apre con una situazione già deteriorata, al punto da offrire ben poca speranza, e progressivamente sprofonda verso l’assoluta disperazione e la tragedia conclusiva. Non c’è nessuno che arrivi, un attimo prima della fine, con la formula che ci salverà tutti. Praticamente è il trionfo dei morti viventi.   (Danilo Arona – Selene Pascarella – Giuliano Santoro, L’alba degli zombie, Gargoyle Books, Roma 2011, p. 54)

Un ulteriore passo verso questo nuovo modo di fare cinema horror, Romero lo fece ripescando dal passato la figura dello zombie legato alla tradizione haitiana, ma rileggendolo in maniera tale che potesse entrare di diritto tra gli archetipi della cinematografia horror. Lo zombie così diventò morto vivente e non fu più una macchina al servizio del proprio padrone (lo stregone che l’aveva riportato in vita), ma un essere indipendente, spinto da un incontrollabile bisogno di nutrirsi di carne umana.

Fra i due (zombie e morti viventi, ndr) la differenza fondamentale è che, mentre il primo è effettivamente un morto resuscitato, il secondo è un vivo in stato di morte apparente […]  e poi ancora: […] Lo zombi è schiavo, strumento dell’uomo – sia esso lo stregone, un padrone bianco (come accade in White Zombie [Zombi bianco, 1932] di Victor Halperin), una madre rancorosa e possessiva (è il caso di Ho camminato con uno zombi, I Walked With a Zombie, 1943, di Jacques Tourneur) o uno scienziato pazzo nazista (Revenge of the Zombies [La vendetta degli zombi, 1943] di Steve Sekely). Per il morto vivente, al contrario, è l’uomo a essere strumento: sia pure uno strumento sui generis, privo di alcuna finalità che non sia la sua stessa distruzione, il suo sbranamento. […] (Dario Buzzolan, George A. Romero – La Notte dei Morti Viventi, Lindau, Torino 2010, pp. 14-15)

La rilettura (e la ridenominazione, anche se ormai i termini zombie e morti viventi sono diventati dei sinonimi) del personaggio da parte di Romero ha quindi il chiaro obiettivo di trasformare l’uomo da predatore in preda, incapace di porre rimedio all’epidemia se non facendo ricordo alle armi (e spesso senza nemmeno riuscirci). Il morto vivente di Romero è una creatura lenta e impacciata, molto simile al primo Frankenstein cinematografico nato dall’abile mano di Jack Pierce, vulnerabile e facilmente eliminabile se incontrato da solo, ma imbattibile se in gruppo. Di fronte a una minaccia così pericolosa e sconosciuta, all’uomo non rimane altro che la fuga oppure affrontare il nemico in squadre ben organizzate. Questi tre nuclei (morti viventi, assediati e cacciatori) si affrontano/confrontano lungo tutta la durata di La Notte dei morti viventi, finendo per mischiarsi nell’epilogo, in un presunto ristabilimento dell’ordine sociale che invece non si rivela essere altro che l’ennesima dimostrazione della scelleratezza umana.

Nonostante Romero abbia più volte affermato che nel suo film non ci fosse in origine nessun intento politico o sociale, è chiaro che nella costruzione di La notte dei morti viventi abbia comunque pesato molto l’allora situazione della società americana, divisa e in crisi a causa della guerra in Vietnam. Nel film di Romero ciò è rappresentato in maniera cristallina: i morti viventi non sono altro che l’incarnazione della disgregazione sociale e i militari (che alla fine del film si macchiano del peggiore dei crimini) sono la concausa di questa disgregazione. Ma il coraggio di Romero andò oltre, arrivando a rappresentare in modo letterale il vecchio adagio del filosofo inglese Thomas Hobbes “homo homini lupus”: il regista insistette, infatti, per non tagliare le scene in cui i morti viventi si nutrono di carne umana, riservando vari primi piani agghiaccianti, per affondare ancora maggiormente la sua spada nella debole armatura della società moderna.

La crisi sociale rappresentata da Romero è in uno stadio talmente avanzato, che, per la prima volta al cinema, l’uomo dovrà avere paura anche dei suoi stessi simili e non è un caso che in La notte dei morti viventi la vera minaccia, quella più pericolosa, arrivi spesso dagli altri sopravvissuti. Un’aberrazione che Romero riesce a raccontare inserendo l’essere umano in una situazione estrema come può essere quella di un’apocalisse, dove l’uomo dimostra ancora una volta di essere in grado di dare il meglio o, come in questo caso, il peggio di sé.

Nonostante la sua natura artigianale (gli attori, non tutti professionisti, furono scelti tra amici e conoscenti dei produttori, si optò per il bianco e nero soltanto per abbattere i costi e ci fu perfino un disguido per la registrazione legale del film che così rimase privo di copyright), La notte dei morti viventi non fu soltanto un successo inaspettato (incassò 30 milioni di dollari), ma divenne il capostipite di un filone che dalla fine degli anni ’60 fino ai giorni nostri ha dato nuova linfa vitale al cinema, facendo di Romero il migliore rappresentante e conoscitore del cinema zombesco, nonostante gli ultimi capitoli della sua esalogia risentano un po’ del tempo che scorre inevitabile.

La Notte dei Morti Viventi - VOTO: 5/5

Anno: 1968 - Nazione: USA - Durata: 96 min.
Regia di: George A. Romero
Scritto da: John A. Russo, George A. Romero
Cast: Duane Jones - Judith O’Dea - Karl Hardman - Marilyn Eastman - Keith Wayne
Uscita in Italia: 1968 - Disponibile in DVD: Disponibile

 

About Marcello Gagliani Caputo
Giornalista pubblicista, scrive racconti (Finestra Segreta Vita Segreta), saggi sul cinema di genere, articoli per blog e siti di critica e informazione letterario cinematografica, e trova pure il tempo per scrivere romanzi (Il Sentiero di Rose).

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