Cinema Nightmare – Nuovo Incubo (1994)

Nightmare – Nuovo Incubo (1994)

A dieci anni di distanza dal primo film, ecco il capitolo conclusivo: una pellicola a sè rispetto agli altri film della saga, e conclusione necessaria di un ciclo.

Un film nel film, che mescola realtà, sogno e finzione cinematografica. Unico nel suo genere, e assolutamente da riscoprire. L’ultimo capitolo della saga, questo Wes Craven’s New Nightmare, arriva a 10 anni esatti di distanza dal primo film. In realtà, è slegato dagli altri episodi, essendo oggetto cinematografico completamente autoctono ed indipendente.

Il Nuovo Incubo di Craven è innanzitutto un palese esempio di metacinema:  cinema che parla di se stesso, e dei proprio meccanismi. Ma non solo: il film è una riflessione sui meccanismo dell’horror in genere, che getta le basi per il lavoro che verrà realizzato da Craven, in modo più esteso e per molti versi diverso, con la saga di Scream, che avrà inizio due anni dopo, nel 1996 (intervallato dalla parentesi horror-comedy di Vampiro A Brooklyn, con Eddie Murphy).

In questo ultimo Nightmare, Craven gioca ulteriormente con gli elementi realtà / sogno, aggiungendone un terzo: la finzione cinematografica. Dunque tre livelli spazio / temporali attraverso i quali si snoda la vicenda. Scream sarà invece fortemente citazionista, irridendo molti luoghi comuni del cinema di genere, ma abbracciando comunque un’analisi dei meccanismi che ad esso danno vita: questo, il grosso punto in comune con New Nightmare, che già contiene, in nuce, la medesima riflessione, non priva d’ironia, ma rivolta in primis ai film della saga ed al personaggio di Freddy.

Dopo alcuni capitoli piuttosto infelici e non diretti da Craven (non a caso nel film sentiamo dire “il più bello resta sempre il primo” ), è come se il regista riprendesse in mano le redini della propria creatura, per dire l’ ultima parola in merito ad una serie di film che hanno visto la figura di Freddy a volte ridicolizzata, e privata del potenziale orrorifico fortemente presente nella prima pellicola. Il primo capitolo e l’ultimo sono dunque due nodi opposti ed estremi che si incontrano, a chiudere un cerchio che non sempre è stato perfetto. Una chiusura definitiva, dopo l’apparente conclusione vista nel sesto film, Nightmare 6: La Fine (Freddy’s Dead: The Final Nightmare) , diretto nel 1991 da Rachel Talalay e considerato piuttosto scarso.

In questo Nuovo Incubo, ognuno interpreta se stesso: Wes Craven, il produttore Robert Shaye, Heather Langenkamp e ovviamente Robert Englund. Nei titoli di coda (il film è privo di titolazione iniziale, quasi a voler confondere le idee sul fatto che si tratti di un film, di un documentario, o di entrambe le cose), quasi tutti sono indicati come “himself/herself”: anche Freddy, che è dunque completamente scisso dall’Englund attore.

Il film inizia, ancora una volta, con un incubo: Heather Langenkamp sogna il marito Chase (David Newsom), che di mestiere fa l’effettista speciale (come tra l’ altro il vero marito dell’attrice) , sul set di un nuovo film su Freddy, alle prese col guanto artigliato, che prende vita. E’ un sogno, ovviamente, dal quale Heather si sveglia sconvolta, anche a causa di una delle tante scosse di terremoto che stanno affliggendo Los Angeles, la città dove vivono (è curioso notare che il vero terremoto che colpì la città nel 1994 ebbe luogo a due settimane dalla fine delle riprese). Heather, che ora ha anche un figlio, il piccolo Dylan (Miko Hughes, bravissimo in un ruolo assolutamente non facile per un bambino), è perseguitata da un maniaco telefonico, che sostiene di essere Freddy e di essere tornato. L’attrice, nella realtà, era davvero perseguitata da un fan in quel periodo, e dette il consenso a Craven di poter usare la vicenda nel film.

E’ il decennale del primo Nightmare: Heather viene chiamata da Robert Shaye della New Line (qui amichevolmente chiamato Bob) che le chiede di interpretare un nuovo, ultimo capitolo della saga. Lei, è ovviamente titubante: vuole lasciarsi alle spalle i film horror, che sono stati la causa della persecuzione da parte del maniaco; Bob le dice che Craven ha già scritto buona parte della sceneggiatura: “se Wes, per anni, non mi ha più chiamato, è perché non ha più avuto incubi. Forse, ora li ha di nuovo”.

Heather viene messa al corrente del fatto che Chase sta, in gran segreto, lavorando al prototipo di un nuovo guanto di Freddy: la notizia è un brutto colpo per lei, poiché rispecchia esattamente il suo incubo iniziale. Inoltre, Dylan non sta bene: ha incubi, ai quali seguono crisi fortissime e sonnambulismo; il bambino cade in stati catatonici, la madre lo trova davanti alla tv che trasmette il primo Nightmare, e lui è lì, come ipnotizzato. Quando con voce roca le dice “Non dormire…” e le parla di un uomo cattivo che sta sotto il suo letto e vuole fargli del male, Heather comincia a rendersi conto che l’incubo sta penetrando nella realtà, e nella mente di suo figlio.

Sogno, realtà e finzione: i tre elementi si mescolano e interagiscono tra loro, a ritmo sempre più serrato. Heather sogna la morte di Chase, ucciso in auto da Freddy mentre sta guidando, e Chase muore sul serio in un incidente stradale; alla vista del cadavere, vede gli squarci lasciati dagli artigli d’acciaio. Al funerale del marito, l’attrice lancia a Robert Englund uno sguardo ostile, sospettoso; ma Robert, non è Freddy. Almeno, non questa volta. Le condizioni di Dylan peggiorano, il bambino sembra ormai posseduto dal macabro Signore degli Incubi. La donna ne parla con John Saxon, che ovviamente minimizza e stenta a crederle.

Decide dunque di chiamare Robert Englund, e gli parla degli incubi con Freddy: “Cioè,con me?”, le dice l’attore; “no, è più sinistro, più…”, “…cattivo?”, conclude Englund, che sta febbrilmente lavorando ad un quadro raffigurante, naturalmente, Freddy. Robert Englund / Freddy Krueger: l’identificazione si spezza, le due figure sono qui nettamente separate, non senza una punta di ironia. In questo film, l’attore è anch’egli perseguitato dal personaggio nei cui panni è rimasto imprigionato, per anni. In seguito ad una crisi particolarmente violenta, Heather porta Dylan in ospedale: riceve forti critiche da una dottoressa, che la riconosce in quanto attrice di film horror e lancia le solite, trite accuse al genere orrorifico, additandolo come causa di traumi e di comportamenti deviati e disturbati. Critica acuta e non priva di autocompiacimento, da parte di Craven, comunque doverosa, in questo esempio di metacinema / analisi.

Heather si decide dunque ad incontrare Craven, vuole assolutamente sapere di cosa parla il copione. La scena è centrale nel film; non sappiamo se ciò che il regista dice ad Heather corrisponda effettivamente al suo pensiero, nella realtà. Ma quello che qui vediamo è il reale come lui vuole rappresentarlo, dunque gli si crede. Wes dice ad Heather che scrive giorno per giorno: dopo ogni incubo, la mattina successiva scrive ciò che ha sognato; non vuole dirle di più. Le spiega però, di che tipo di incubo si tratta: ne parla come di un’ entità assai antica, esistita in varie forme ed in epoche diverse, il cui scopo è quello di” uccidere l’innocenza”.

Il Male, dunque. O in qualsivoglia modo lo si desideri chiamare; Freddy Krueger, ne è un’ incarnazione. Con questo assunto, Craven sottrae definitivamente quanto di (anche involontariamente) comico o giocoso era stato aggiunto nei vari sequel; dona dunque a Freddy un’ importanza ed una solennità inedite, un potere assai grande. La Langenkamp chiede dunque a Craven se ci sia un modo per catturare quest’ entità; abbozzando un sorriso, il regista le dice che a volte l’ impresa riesce agli sceneggiatori: se essi riescono a realizzare una storia assolutamente valida, il mostro ne resta imprigionato, come il genio della lampada. Se invece, per contro, la storia finisce a causa di una serie di motivazioni, che vanno dall’averla semplificata troppo per motivi commerciali, risultando dunque noiosa per il pubblico, oppure se è stata ad esempio resa troppo inquietante, venendo così censurata, il Male, non più confinato entro la gabbia dello scritto cinematografico, viene liberato.

Dopo essere rimasta imprigionata in Freddy per 10 anni, l’entità maligna, terminata la saga cinematografica, è tornata libera. Il punto è assai importante; oltre alla critica, ben poco velata, verso i film successivi al primo, si ha un’ originale ed interessante riflessione su ciò che è il succo del film: il confine tra finzione e realtà. Dopo aver giocato sul dualismo reale / sogno, Craven inserisce il livello del mondo reale, di ciò che esiste davvero. Mescola dunque le carte, diventa giocoliere con gli artifizi da lui stesso creati e sceglie se stesso, in prima persona, per dichiararlo. Heather, preoccupatissima per il proprio figlio, chiede di nuovo a Craven cosa accada nel copione, se ad esempio Krueger venga spostato in un’altra epoca. Il regista le risponde che Freddy si è talmente abituato a quel tipo di tempo e spazio che “ha deciso di superare i confini del film ed entrare nella realtà.”

Abbiamo già visto pellicole con i mostri che entrano nel reale, ad esempio Dèmoni di Lamberto Bava; qui ci troviamo di fronte a qualcosa di diverso, una sorta di esperimento, col regista stesso che in un certo qual modo si mette a nudo, si espone in maniera diretta, mostrando l’ossatura di determinati meccanismi filmici. Craven dice ad Heather che nel sogno c’è un guardiano, in grado di fermare l’entità Freddy e quel guardiano è proprio lei: diede forza al personaggio di Nancy, e ora il Mostro tenta di entrare nel reale sfruttando i suoi punti deboli, ossia Dylan. L’unica soluzione dunque, dice il regista, è quella di girare un altro film e lei dovrà scegliere se interpretare Nancy, un’ ultima volta. Nel frattempo, Dylan ha l’ennesima crisi: Freddy è ormai entrato in lui e si manifesta ad Heather: “Ti sono mancato?”.

Si arriva così verso il finale: la fuga di Dylan dal reparto ospedaliero in stato di sonnanbulismo, e la Langenkamp che di colpo si ritrova nel primo film, nei panni di Nancy, nella casa di Elm Street, con Saxon che non si capacità del perché si rivolga a lui come “John”. Si ritorna poi nella dimensione del “reale”, con la donna ed il figlio che lottano contro Freddy, uscendone vincitori: lo bruciano, proprio come fu ucciso in origine. La forza di Dylan è determinante, poiché è la forza dell’ innocenza, quell’ innocenza che il Male tenta di distruggere e dalla quale viene invece annientato. C’è un’ ultimissima scena, importante, che non sveleremo, ma che chiude, definitivamente, il cerchio.

Il modo in cui Freddy viene rappresentato è diverso rispetto agli altri capitoli: assai più “cattivo”, minaccioso, sempre ripreso in piena luce. Le sue entrate in scena sono roboanti, forti, dotate di grande potere visivo. Il make up fx è a cura, tra gli altri, di Howard Berger e Gregory Nicotero, maestri del mestiere.

E’ stato il film della serie a raccogliere, in assoluto, il minor numero di spettatori: dato che non sorprende più di tanto, vista la particolare natura della pellicola, evidentemente risultata poco appetibile per molti fans.

Un film che rappresenta una chiusa originale e doverosa, un auto-tributo a una saga che ha conosciuto molti momenti di stanchezza, essendo passata a volte nelle mani sbagliate. Qui il suo creatore ne riprende il comando, per terminarla definitivamente, a modo suo, in una sorta di personale resa dei conti.

Un film incompreso, ma assolutamente da riscoprire, e rivedere più volte. Quando il sogno varca i confini del reale e la finzione lotta contro entrambi, ecco che il Male rompe la gabbia, e arriva tra di noi.

 

Trailer Originale:

httpv://www.youtube.com/watch?v=TV8za5nWxwo

 

Nightmare – Nuovo Incubo

Titolo Originale: Wes Craven’s New Nightmare
Regia: Wes Craven
Interpreti: Wes Craven, Robert Englund, Heather Langenkamp, John Saxon, Robert Shaye, Miko Hughes, David Newsom
Soggetto e Sceneggiatura: Wes Craven
Fotografia: Mark Irwin
Musiche: J. Peter Robinson
Montaggio: Patrick Lussier
Special FX: Howard Berger, Gregory Nicotero, Robert Kurtzman, Mike J. Regan
Anno: 1994
Paese: USA

 

About Chiara Pani
Conosciuta anche come Araknex, tesse inesorabile la sua tela, nutrendosi maniacalmente di horror,musica goth e industrial e saggi di criminologia. Odia la luce del sole e si mormora che possa neutralizzarla, ma l’ interessata smentisce, forse per non rendere noto il suo unico punto debole. L’ horror è per lei territorio ideale, culla nella quale si rifugia, in fuga da un orripilante mondo reale. Degna rappresentante della specie Vedova Nera, è però fervente animalista, unico tratto che la rende (quasi) umana. Avvicinatevi a vostro rischio.

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