Prima di L’esorcista – La Genesi, un (noioso) thriller filosofico-spirituale firmato da Paul Schrader.
Prima de L’esorcista – La Genesi (2004), il cinema si era già occupato di scavare alle radici della storia della piccola Regan e del demone Pazuzu, nel film Dominion: Prequel to the Exorcist, una pellicola dalla genesi difficile e maledetta, come d’altronde il film di Friedkin, uscita un anno più tardi dell’opera di Renny Harlin.
La produzione sembrò partire immediatamente col piede sbagliato quando i responsabili contattarono John Frankenheimer per affidargli la regia, il quale fu però costretto a rifiutare a causa del grave stato di salute che lo avrebbe portato alla morte pochi mesi dopo. La pellicola allora fu affidata a Paul Schrader che si trovò a disposizione un budget di circa trenta milioni di dollari e una sceneggiatura scritta a quattro mani da Caleb Carr e William Wisher, senza però riuscire a soddisfare le richieste dei produttori che, dopo un ennesimo litigio sul montaggio, decisero di licenziarlo. Al suo posto, subentrò Renny Harlin che decise di lavorare su una nuova sceneggiatura scritta da Alexi Lawley, ma senza stravolgere né la storia nella sua struttura né il cast già precedentemente scelto. Il risultato fu, appunto, il deludente L’esorcista – La Genesi che al botteghino americano non riuscì nemmeno a recuperare i cinquantamila dollari di budget. A fronte del flop, i produttori decisero allora di riesumare il lavoro di Schrader e di farlo uscire nel 2005 (soprattutto in home video), andando incontro anche stavolta a risultati non proprio esaltanti.
La natura controversa di Dominion: Prequel to the Exorcist sta anche alla radice dei suoi principali difetti, soprattutto se considerato il suo legame con L’esorcista di Friedkin. Schrader, infatti, sembra assolutamente indifferente alla storia e al tipo di pellicola girata dal suo predecessore, decidendo di prendere una strada molto diversa: se nel 1974, Friedkin aveva voluto contaminare la drammatica storia di un religioso in crisi, alla ricerca di una risposta da Dio, con l’horror soprannaturale, riuscendo a creare un nuovo genere che da lì in avanti avrebbe fatto furore, in Dominion quest’ultimo aspetto è ignorato e ci si concentra nel raccontare e analizzare la profonda crisi spirituale di Padre Merrin (il Max von Sydow di L’esorcista) dopo essere stato costretto a delle scelte terribili che ne hanno minato la fede. L’unico filo conduttore tra i due film, oltre al protagonista, è il parallelismo tra il senso di colpa di Merrin che non si può perdonare di essersi reso complice della rappresaglia dei nazisti e quello del padre Karras di Friedkin, distrutto dalla morte della madre, secondo lui causata anche da alcune sue scelte sbagliate (il sacerdozio anziché la carriera di psichiatra).
Le somiglianze si fermano, però, qui, perché le strade imboccate dai due registi sono quasi antitetiche: Schrader decide di raccontare in dialoghi la crisi di Merrin, infarcendo Dominion di lunghe scene di confessioni e confronti con gli altri personaggi, rallentando notevolmente il ritmo del film che si trascina per quasi due ore in attesa che succeda qualcosa. Le infinite riflessioni sul Male, sulla natura umana e sullo strettissimo rapporto tra Dio, Satana e l’uomo stesso (divisi da un sottilissimo filo invisibile), rendono Dominion un noioso «thriller demoniaco filosofico-spirituale»[1] piuttosto che una pellicola horror che di tale non ha niente, neppure quando entra in scena il demone Pazuzu, visto che l’indemoniato schraderiano (il povero storpio Cheche) nulla ha da spartire con la follia visiva e dalla deriva spesso comico-irriverente della Regan di Friedkin. Neanche la convincente interpretazione di Stellan Skarsgaard, efficace nel rendere visivamente e fisicamente il tormento interiore di Padre Merrin, riesce a risollevare le sorti di un film che pecca nello sviluppo e soprattutto nella ricerca del fulcro della storia, finendo per disperdersi tra mille sottotrame e personaggi abbandonati a se stessi, in primis la dottoressa Lesno.
[1] Rudy Salvagnini, Dizionario dei film horror. Da L’abbraccio del ragno a Zora la vampira, Corte del Fontego, 2011, p. 268
About Marcello Gagliani Caputo
Giornalista pubblicista, scrive racconti (Finestra Segreta Vita Segreta), saggi sul cinema di genere, articoli per blog e siti di critica e informazione letterario cinematografica, e trova pure il tempo per scrivere romanzi (Il Sentiero di Rose).