Editoria IL LABIRINTO SEPOLTO DI BABELE – FRANCISCO J. DE LYS

IL LABIRINTO SEPOLTO DI BABELE – FRANCISCO J. DE LYS

Fra inseguimenti e loschi figuri, cardinali e guardie svizzere, una bella idea si trasforma in un nulla di fatto. Delude la Newton Compton.

La trama è di quelle ben collaudate, specie dopo il boom di Dan Brown sugli “affari vaticani”. Siamo a Barcellona; Gabriel Grieg è un architetto di successo sulla quarantina. Colto, belloccio, ex-scalatore ed amante delle moto. Incarna i tratti classici del macho hollywoodiano, un po’ James Dean e un po’ Rambo, con un inevitabile odore di plastica.

Il suddetto architetto ha un passato nebuloso, che irrompe nello svolgimento dei fatti grazie a Catherine, donna misteriosa e dal carattere a dir poco indefinito; tratteggiato, forse, in maniera fin troppo approssimativa: prima ci appare quasi come un agente segreto, poi assume i tratti della “femme fatale”, dopo ancora la vediamo come un’ingenua scolaretta ai tempi dei primi baci, infine scopriamo che è una seria e posata docente universitaria. Catherine mette Gabriel sulle tracce della Chartham, un antico documento legato in qualche maniera al suo passato, che ha il potere, se finisse nelle mani sbagliate, di sovvertire l’intero Vaticano e la sua gerarchia.

Più fazioni cercano la Chartham: alcune per nasconderla, altre per utilizzarla a loro favore. Gabriel e Catherine saranno coinvolti in prima linea in questa caccia al tesoro, fino ad un epilogo molto prevedibile.

Andiamo con ordine; Il labirinto sepolto di Babele, non ha nulla di horror in sé, se non qualche timido accenno. Possiede però un grande potenziale ma si sa, ogni potenziale è una perla falsa finché non si concretizza. La storia è convincente, quello che invece stona è l’intreccio.

“Lapidi mortuarie sgangherate, a pezzi, come se uno strano ariete avesse colpito in pieno
il loro centro, alla ricerca di inconfessabili obiettivi.
Le grate ossidate e contorte che recintavano quelle esigue proprietà, acquistate per l‟eternità dai loro
defunti padroni, puntavano minacciose verso chiunque passasse senza sapere esattamente dove si
trovava“.

L’inizio del libro è stupendo, parte come un treno in corsa, con un ritmo claustrofobico e oserei dire anfetaminico. Il guaio è che rimane sempre uguale per quasi metà romanzo, finendo per risultare monotono. Ma da quel punto in poi il ritmo narrativo migliora sensibilmente, aumentano le pause, e la lettura diventa più sostenibile. Tuttavia la suspense che De Lys intende creare nel corso della narrazione appare stirata ai limiti delle capacità attentive del lettore; lo stesso Hitchcock sosteneva che “La durata di un film dovrebbe essere direttamente commisurata alla capacità di resistenza della vescica umana”… per la suspense dovrebbe valere la stessa cosa: non la si può portare troppo per le lunghe perché finisce per venire a noia, nonostante si abbiano le migliori intenzioni.

La narrazione non coinvolge particolarmente e onestamente si fa fatica a proseguire la lettura, mentre i colpi di scena sono rari e per lo più prevedibili. Un altro neo di questo libro è che in più occasioni manca di verosimiglianza. I dialoghi spesso non hanno la minima credibilità, e certi passaggi accomunano pericolosamente Gabriel Grieg a una improbabile versione castigliana di MacGyver, come quando l’architetto riesce a creare della polvere da sparo con materiali di fortuna, rovistando in un cimitero infestato da goth-punk cattivi, armati, e nel bel mezzo di un rave notturno.

A dispetto di tutto ciò, c’è da dire che le ricostruzioni storiche sono molto fedeli ed interessanti. La città di Barcellona è descritta in maniera molto particolareggiata, quasi al livello di una guida del Touring club.

Se volessimo dargli un voto, Il labirinto sepolto di Babele, strapperebbe una sufficienza molto sofferta. Forse se il libro non si dilungasse per quasi 500 pagine, sarebbe una lettura molto più gradevole.

 

Il labirinto sepolto di Babele

di Francisco J. De Lys
Newton Compton
pp. 476, € 9,90

 

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