Cinema A Slit-Mouthed Woman

A Slit-Mouthed Woman

Ben venga questo A Slit-Mouthed Woman che racconta la storia di un altro incubo: la donna dalla bocca dilaniata da un taglio di forbici, orco crudele che rapisce i bambini per torturarli.

Tra gli studenti di una scuola elementare circola una strana leggenda urbana: si dice che la donna dalla bocca sforbiciata vaghi per Tokyo, con un paio di forbici affilate, pronta ad uccidere bambini. Quando, però, nei pressi della scuola un bambino scompare improvvisamente, quella che sembrava una semplice diceria si trasforma in un incubo: la professoressa Yamashita vede rapire una sua alunna davanti ai suoi occhi da quella che pare la donna dalla bocca sforbiciata. Altra leggenda urbana, altro mostro da sconfiggere e temere in questo A Slit-Mouthed Woman, produzione giapponese del 2005. La cosa notevole è che fortunatamente questa pellicola di Kôji Shiraishi non scimmiotta l’ormai vetusto, irritante The ring, pellicola che è vero ha dato tanto al cinema horror facendo da apripista per una vera nouvelle vaugue di inventivi film del terrore nipponici, ma ha anche nel contempo ormai inaridito l’interesse sviluppando ormai troppe variabili sul tema. Di Sadako, ragazza mostro dai capelli davanti agli occhi, non e possiamo più, le sue influenze in capolavori (Ju-on) e in film di basso livello (Face), la sua presenza in videogame (la serie Fear), il suo essere clonata in remake a stelle e strisce ha francamente rotto le scatole. Un po’ come quando sei tutto felice perchè la ragazza più bella del paese ti fila e poi ti accorgi che è una piattola, non ti molla più, non ti fa respirare e tu allora pensi “ma sparisci”. Ecco noi di Sadako non ne possiamo più. E quindi ben venga questo A Slit-Mouthed Woman che racconta la storia di un altro incubo: la donna dalla bocca dilaniata da un taglio di forbici, orco crudele che rapisce i bambini per torturarli e ucciderli. Si affronta in maniera velata il tema della violenza contro minori mostrando non solo il baubau di turno che picchia la sua prole, ma anche personaggi sulla carta irreprensibili come la maestra protagonista col vizio delle mani un po’ pesanti con la figlia. C’è il sospetto che il messaggio sia più profondo e tocchi il disagio di certe famiglie disagiate che vivono ai margini della grande ricchezza di città come Tokyo, una povertà e disagio che molte volte viene sfogata nell’abuso gratuito e insistito. Il tema del male che passa di corpo in corpo qui tocca punte di sviluppo interessanti soprattutto nell’azzeramento di empatia con i protagonisti e con l’idea di un cancro già insito nel nostro DNA, la violenza. D’altronde le uniche vittime sono i bambini che diventati grandi non riescono a rapportarsi con la società come nel caso del professore che aiuta la protagonista. Sono figli della violenza che per scrollarsi di dosso la violenza devono farla subire loro stessi (si pensi alla genesi della donna dalla bocca sforbiciata). A Slit-Mouthed Woman è comunque un film interessante con un buon ritmo, molto sadico quando mostra le nefandezze della donna mostro con i bambini (tagli, calci e pugni insistiti, pugnalate con le forbici) senza mai cadere, per fortuna, nel dettaglio più splatter, restando molte volte fuori campo, anche se il disagio è forse maggiore nel non vedere. Ottimi anche gli effetti speciali e le interpretazioni degli attori con una punta di merito per la bella Eriko Sato che i fan un po’ porconi dei manga la ricordano per essere stata l’incarnazione live di Cutie Honey di Go Nagai. Sicuramente consigliato.

NB Il film ha dato origine a una versione pinku-eiga (erotici softcore) intitolata “Kuchisake” e due seguiti.

 

 

A Slit-Mouthed Woman

Titolo Originale: Kuchisake Onna
Titoli alternativi: Kuchisake Onna, Carved
Regia: Kôji Shiraishi
Interpreti: Eriko Sato, Haruhiko Kato, Chiharu Kawai, Mki Mizuno, Rie Kuwana, Ryoko Takizawa
Durata: 93 min.

About Andrea Lanza
Si fanno molte ipotesi sulla sua genesi, tutte comunque deliranti. Quel che è certo è che ama l’horror e vive di horror, anche se molte volte ad affascinarlo sono le produzioni più becere. “Esteta del miserabile cinematografico” si autodefinisce, ma la realtà è che è sensibile a tette e sangue.

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