Cinema PHANTASMAGORIA

PHANTASMAGORIA

10530677_758910604153890_3866633404335532813_nPhantasmagoria (2014), una co-produzione fra Italia e Francia, è un’ottima ghost-story a tre voci

Il cinema indipendente italiano sta acquistando una dimensione sempre più internazionale: non solo le opere nostrane vengono presentate e distribuite all’estero, ma abbiamo anche casi di co-produzioni, come l’italo-francese Phantasmagoria (2014). Presentato in anteprima a Nizza, al mercato di Cannes e al Fantafestival di Roma, è composto da tre episodi diretti ciascuno da un regista diverso: il francese Mickaël Abbate (alla sua seconda opera dopo il cortometraggio Creeps e direttore della Semaine du cinéma fantastique) e gli italiani Tiziano Martella (noto effettista) e Domiziano Cristopharo, uno degli autori più attivi nell’indi italiano. Phantasmagoria rappresenta una bella sfida, sia a livello produttivo e distributivo sia a livello contenutistico, sfida che i tre registi dimostrano di aver vinto: nei festival sta riscuotendo un buon successo, e il film convince sotto ogni punto di vista, risultando una fra le migliori ghost-story italiane degli ultimi anni.

vlcsnap-2014-07-28-17h29m37s55Phantasmagoria nasce da un progetto di Abbate e riprende la classica struttura dell’horror a episodi (consuetudine oggi molto in voga), omaggiando vari generi: il gotico italiano innanzitutto, ma anche la cornice in stile Creepshow. Ogni racconto è introdotto infatti da uno scheletro in un’ottima animazione stop-motion (realizzata da Paolo Gaudio): fra citazioni letterarie (Poe, Maupassant, King) e frecciate di humor nero, “gioca” con lo spettatore un po’ come faceva il celebre “Zio Tibia” anni fa, ma i tre episodi cambiano completamente stile, differente sia dalla cornice che l’uno dall’altro. Uno dei punti forti del film è sicuramente la varietà di narrazione ed estetica che incontriamo: Diabolique di Abbate, My gift to you di Martella e Il serpente dalla lingua d’acciaio di Cristopharo hanno in comune il tema dei fantasmi, lo svolgimento nel 31 ottobre (prima di Halloween) e l’aura goticheggiante, ma per il resto sono tre opere volutamente diverse. Phantasmagoria è un armonico contrappunto a tre voci: agorafobica, claustrofobica, visionaria. Da notare anche i titoli di apertura, importanti per catturare l’attenzione dello spettatore, con le animazioni esoteriche a cura di Alessandro Redaelli e le musiche trascinanti dei Gyrls che torneranno nei titoli di coda.

E3ws0O5Il primo episodio è Diabolique, in cui la tradizione gotica si sposta nella curiosa ambientazione della Costa Azzurra. Protagonista è un gruppo di amici, Michel e tre ragazze – Marylin (Maya Dolan), Manson e Mia – che si recano in Francia per realizzare un documentario sulla presenza di alieni. Durante il viaggio sulla costa, Marylin sente delle voci che la richiamano verso una vecchia villa abbandonata, alla quale si sente irresistibilmente attratta. Una signora del luogo (Sophie Pâris) li mette in guardia: la casa, nota come “La Diabolique”, è stata da sempre sede di eventi misteriosi. L’episodio di Abbate è il più originale e insolito, e proprio in questo trova la sua ragion d’essere: con un effetto spiazzante e straniante sullo spettatore, l’episodio (scritto dal regista stesso) è ambientato tutto all’aperto, sotto un sole abbagliante e in un’atmosfera agorafobica, abbacinante. Abbate gioca quindi sul contrasto (un po’, se vogliamo, come fece Pupi Avati in Zeder, ambientando l’inquietante vicenda nelle assolate Bologna e Rimini), sul ribaltamento delle regole del gotico e sull’ambiguità fra incubo e soprannaturale in un sostrato di leggende popolari e superstizioni. L’inizio su sfondo bianco, la fotografia chiarissima che in certi momenti tende al viola (Stefan Hofmann), le musiche dissonanti e i continui risvegli di Marylin (come se si trovasse in una serie di incubi concentrici) restituiscono un’atmosfera rarefatta e ambigua. Abbate punta più sul “non visto” che sul “visibile”, riuscendo però a creare un’opera altrettanto ansiogena: la casa sulla collina che domina il paesaggio, le sue austere finestre, le figure vestite di bianco che si muovono in strada, le leggende narrate sono tutti elementi perturbanti che rivisitano il gotico italiano in una nuova dimensione e che lasciano spazio alla fantasia dello spettatore. Nel cast spiccano Maya Dolan, affascinante e perfetta nei momenti di trance, e Sophie Pâris, inquietante, ipnotica e sibillina.

10401465_761388143906136_1400267114424443033_nNel secondo episodio, My gift to you, ci spostiamo in una dimensione gotica più classica e all’insegna della claustrofobia. Martella scrive il soggetto insieme a Raffaele Picchio (Morituris) e Lorenzo Paviano, e questi ultimi due sceneggiano insieme a Riccardo De Flaviis. Il racconto ha inizio nel 1983, quando un anziano signore (Venantino Venantini) consegna alla nipotina un diario come dono per quando sarà più grande, per poi suicidarsi. Anni dopo, Sarah (Cristina Puccinelli) fa ritorno alla casa del nonno: fra voci che la chiamano e presenze inafferrabili che la sfiorano, la ragazza ritrova il diario e fa una scoperta orribile sull’amato nonno e sul motivo del suicidio. Intrappolata nella casa, deve fare i conti con il suo fantasma: che cosa vuole da lei? My gift to you è forse l’episodio più “classico” del film, ma anche quello emotivamente più crudele e audace (soprattutto nella scoperta del retroscena). Se Abbate sfruttava gli immensi spazi aperti e la luce, Martella ambienta quasi tutto il corto nella tetra casa che vediamo fin dall’inizio, quando l’atmosfera allegra per il compleanno della piccola Sarah è funestata dal tragico gesto del nonno. Un Venantini sempre in forma, un elegante signore dello schermo che riesce a comunicare in maniera incredibilmente espressiva anche solo con il volto e con poche parole; altrettanto efficace la giovane Cristina Puccinelli nel ruolo della nipote, che deve fare i conti con i fantasmi (non solo per modo di dire) del passato. La fotografia satura e giocata sui contrasti di luce e ombra (Francesca Catalano) valorizza gli interni gotici della casa, che dopo tanti anni trasuda di vecchio e fatiscente, e le apparizioni; da notare anche una luce rossa iperrealistica e “argentiana” sulla porta, le perturbanti musiche infantili che si sentono di tanto in tanto e l’omaggio a Repulsion di Polanski con le mani e il volto che sporgono dal muro. Martella riesce a dosare bene il mistero sul “dono” del titolo e l’ossessione della ragazza che fugge nella casa perseguitata dal fantasma. Ottimo il make-up del medesimo, che in questo caso si manifesta esplicitamente.

vlcsnap-2014-07-28-17h30m13s159Il terzo e ultimo episodio è Il serpente dalla lingua d’acciaio di Domiziano Cristopharo, il più lungo di Phantasmagoria. Il visionario e infaticabile regista mette in scena un racconto profondamente suo nella narrazione e nello stile: sceneggiato da Davide Chiara sulla base di un soggetto scritto da entrambi, è un coloratissimo e raffinato viaggio allucinatorio che condensa i temi e l’estetica del regista. In una stanza d’albergo, un uomo viene brutalmente assassinato a colpi di rasoio da una misteriosa donna. Tempo dopo, nella medesima stanza soggiorna un italiano (Alberto Cattaneo), che viene accolto da un ambiguo locandiere (Vittorio Castellano): mentre una ferita alla gamba lo rende zoppo, l’uomo riceve la visita della misteriosa “signora in nero” (forse l’assassina) e si trova circondato da un alone di profondo mistero. Chi è veramente quella donna? Cosa nasconde il gestore? E perché una ragazza in strada lo confonde per la precedente vittima? Cristopharo è un regista complesso, difficilmente classificabile in un “genere”, e l’episodio in questione forma insieme a Shock e Bloody Sin un’ideale rivisitazione personale del gotico. Il titolo omaggia quelli dei thriller italiani anni Settanta, ma è anche una metafora di quanto vedremo durante la narrazione, anticipato da una citazione dello scheletro narratore (“L’amore è come il veleno del serpente: o guarisce o uccide”). Cristopharo unisce sapientemente una sotto-trama più “gialla” con l’elemento soprannaturale, sviscerando vari temi a lui cari: la trasformazione e degenerazione del corpo (Red Krokodil, Doll Syndrome), la diversità negli esseri umani (House of flesh mannequins, The Museum of Wonders), la costruzione di una “mitologia narrativa” che lascia aperte varie interpretazioni. Il serpente dalla lingua d’acciaio è sicuramente l’episodio più complesso del film, dove elementi argentiani (le luci iperrealistiche rosse/verdi/azzurre, il rasoio scintillante) convivono con un surrealismo lynchiano e un’inquietante mutazione corporea in stile Cronenberg. Ci sono poi numerosi elementi gotici, come la “dama in nero”, il doppelgänger, una sorta di “maledizione” che si ripete, il paesino deserto con l’albergo e il cimitero che fa un po’ un clima “alla Pupi Avati”, il tutto accompagnato da musiche evocative e stridenti. Come sempre nel cinema di Cristopharo, è fondamentale l’utilizzo del corpo come veicolo di comunicazione, e in proposito sono veramente notevoli le performance di Cattaneo e del debuttante Castellano. Suggestiva la fotografia colorata e “allucinogena” e gli effetti speciali, entrambi a cura dello stesso regista: ricordiamo le ferite provocate dal rasoio e la lunga trasformazione di Cattaneo che si scarnifica e “cambia pelle” (come il serpente del titolo) – una mutazione corporea simbolo di una trasformazione interiore.

httpvh://youtu.be/PDcaR7iQnSI

PHANTASMAGORIA - VOTO: 3/5

Anno: 2014 - Nazione: Italia/Francia - Durata: 76 min.
Regia di: Mickaël Abbate - Tiziano Martella - Domiziano Cristopharo
Scritto da: AA. VV.
Cast: Maya Dolan - Sophie Pâris - Venantino Venantini - Cristina Puccinelli - Alberto Cattaneo - Vittorio Castellano
Uscita in Italia: - Disponibile in DVD: NO

About Davide Comotti
Davide Comotti. Bergamasco, classe 1985, dimostra interesse per il cinema fin da piccolo. Nel 2004, si iscrive al corso di laurea in Scienze Umanistiche dell’Università degli Studi di Bergamo (laurea che conseguirà nel 2008): durante gli studi universitari, ha modo di approfondire la sua passione tramite esami di storia, critica e tecniche del cinema e laboratori di critica e regia cinematografica. Diventa cultore sia del cinema d’autore (Antonioni, Visconti, Damiani, Herzog), sia soprattutto del cinema di genere italiano (Fulci, Corbucci, Di Leo, Lenzi, Sollima, solo per citare i principali) e del cinema indipendente di Roger A. Fratter. Appassionato e studioso di film horror, thriller, polizieschi e western (soprattutto italiani), si occupa inoltre dell’analisi di film rari e di problemi legati alla tradizione e alle differenti versioni di tali film. Nel 2010, ha collaborato alla nona edizione del Festival Internazionale del Cinema d’Arte di Bergamo. Scrive su "La Rivista Eterea" (larivistaeterea.wordpress.com), ciaocinema.it, lascatoladelleidee.it. Ha curato la rubrica cinematografica della rivista Bergamo Up e del sito di Bergamo Magazine. Ha scritto inoltre alcuni articoli sui siti sognihorror.com e nocturno.it. Ha scritto due libri: Un regista amico dei filmakers. Il cinema e le donne di Roger A. Fratter (edizioni Il Foglio Letterario) e, insieme a Vittorio Salerno, Professione regista e scrittore (edizioni BookSprint). Contatto: davidecomotti85@gmail.com

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