Il primo romanzo di Antonio Ferrara, nonostante alcune ingenuità proprie di un autore emergente, consegna al lettore una storia dell’orrore genuina, dai tratti marcatamente italiani. E un colpo di scena finale davvero inaspettato.
L’ambientazione italiana, in effetti, contribuisce a rendere L’urlo bianco un romanzo godibile a dispetto di alcune pecche stilistiche.
Siamo a Pizzoferrato, piccolo paesino di montagna in provincia di Chieti. Il periodo è la stagione invernale, siamo a ridosso delle feste natalizie. Pizzoferrato è un luogo isolato, il classico posto dove non succede mai niente, abitato da persone semplici, chiuse nelle proprie piccole paure, nei propri segreti. Qui Mike Calabritti, autore emergente e sotto pressione, arriva, una mattina, alla ricerca di un’ispirazione per il suo secondo romanzo.
Ma l’arrivo di Mike scatenerà, nel quieto e piccolo paese, qualcosa che sembrava aspettare solo lui per svelare segreti tenuti nascosti troppo a lungo.
L’ambientazione è il punto di forza del romanzo, ben rappresentata dalla copertina: una immensa distesa di vegetazione coperta interamente dalla neve. Il bianco, classico simbolo di purezza, in questa storia cambia di significato; è proprio il bianco, la neve, che nasconde e occulta ciò che nessuno vorrebbe mai più ricordare.
La decisione di ambientare il romanzo in un paese di provincia, paese che l’autore stesso conosce, dona alla lettura un’aria “familiare”. È facile, per il lettore, immaginarsi tra quelle montagne, sulla neve, persino nell’hotel che domina il paese e ricorda un altro hotel, di kinghiana ispirazione.
Lo stile è scorrevole, sebbene in alcuni punti si faccia sentire il peso della “scrittura di getto” e la mancanza di una seconda stesura. La presenza di refusi può risultare un po’ fastidiosa.
La maggior parte dei personaggi sono ben caratterizzati anche se, soprattutto per quanto riguarda Marcella, si ha come l’impressione che si siano saltati dei passaggi chiave nella costruzione del suo passato; tanto che, alla chiusura del libro, il lettore continuerà a lambiccarsi per ore sulla vera natura della ragazza. Molto bello il personaggio di Federico, il piccolo figlio autistico dei Corallo; forse il personaggio cui più facilmente il lettore riesce ad affezionarsi. Mentre la figura del protagonista, con i suoi problemi di alcool e di blocco dello scrittore, risulta a tratti un po’ troppo stereotipata perché si crei il giusto legame con il lettore.
La trama presenta un intreccio che si chiarisce solo al termine della lettura; un concatenarsi di azioni che hanno la loro origine nel passato e che, una volta giunti alla parola fine, permettono al lettore di incastrare la maggior parte delle tessere accumulate nel corso della lettura.
L’inserimento, all’interno della storia, di Non è nulla, racconto di Simone Carletti vincitore del Premio Crawford 2013, è una piacevole sorpresa. E il racconto ben si inserisce nel corpo centrale del romanzo.
Nel complesso, L’urlo bianco è un romanzo che, sebbene qualche ingenuità da parte dell’autore, alla sua prima prova come romanziere, e alcune lacune nella trama è tuttavia un’opera gradevole; interessante soprattutto per la familiarità dei luoghi in cui si svolge l’azione.
About Federica Leonardi
Irretita alla tenera età di 12 anni dai "Racconti" di E. A. Poe, si è lasciata sedurre dalla letteratura di genere. Sposata e con gatta a carico, scrive racconti e qualche romanzo di prova; legge un po' di tutto, anche se ha una certa predilezione per il noir e gli horror vecchiotti dalle atmosfere gotiche e le sfumature lovecraftiane. I finali "E vissero tutti felici e contenti" sono la sua nemesi.