Editoria La clessidra infranta – J. L. Bourne

La clessidra infranta – J. L. Bourne

clessidraIl terzo capitolo di Diario di un sopravvissuto agli zombie si apre al racconto corale. Il memoriale dell’ex militare Usa scampato al risveglio dei morti viventi lascia il passo a un racconto a più voci.

La clessidra infranta rinsalda la narrazione survivalista con robuste iniezioni di fantascienza, spy story, cronaca bellica e fiction complottistica. È una bella sorpresa per chi (come chi scrive) aveva percepito segni di affaticamento nel volume precedente – Oltre l’esilio – e rende giustizia alla penna di Bourne, finora sacrificata alla scarna, iperpragmatica, narrazione diaristica, sgombrando il campo dal sospetto che Day By Day Armaeddon fosse stato il colpo fortunato di un militare (J. L. Bourne indossa la divisa anche nella vita e ha non pochi punti in comune con il protagonista della trilogia) prestato ala narrativa di genere.

bourneLa forma mentis dell’autore (nella foto a destra) si fa sentire ancora ma trova nuove strade per esprimersi, azzardando perfino incursioni ufologiche ed esercizi di stile in campo tecnologico-informatico. Le manovre non sono sempre perfette, gli incastri tra le diverse sottotrame portano molte cuciture “a vista”, nel complesso, però, Bourne dimostra di avere passione, stoffa e tanto per una buona storia di zombie vecchia maniera (qual è Diario di un sopravvissuto agli zombie) che per un mashup dove l’horror non sia cannibalizzato ma faccia da agente contaminante “attivo”. Se il diario precedente si era chiuso con il drammatico abbandono dell’Hotel 23 da parte del protagonista e del suo gruppo di sopravvissuti, accolti dai resti della marina nazionale, La clessidra infranta non risparmia azione e colpi di scena rimettendo in discussione il senso stesso della lotta ai non morti. A che serve sopravvivere se non si ha un piano a lungo termine per la conservazione della razza umana? In un mondo dominato dalla violenza si deve lottare per rimettere in piedi una parvenza di società, affidando il proprio destino a quella organizzazione istituzionale che si è dimostrata debole e violenta, se non colpevole?

Questi gli interrogativi con cui deve cimentarsi il neo comandante “Kil” (così è stato ribattezzato il protagonista), riportato a vestire i gradi e investito di responsabilità mai conosciute nel suo passato di pilota e soldato. Farà parte di una task force con il compito di penetrare in territorio cinese e riportare in mano americana il “paziente zero” che ha scatenato la pandemia zombie. Al suo fianco un ex nemico nazionale, il terrorista mancato Saien, e pochi bravi marines indispensabili alla causa e per essa sacrificabili. Una missione suicida da compiere con il sospetto che la patria si stia prendendo gioco dei suoi eroi.

daybydayDavvero l’anomalia che ha ucciso miliardi di persone è frutto di un virus alieno sfuggito al controllo? Cosa lega il famigerato incidente di Roswell, quello degli omini verdi sezionati sul tavolo da morgue dai militari a stelle e strisce, alla guerra non tanto fredda con la Repubblica Popolare Cinese?
Una sciarada di intrighi, boicottaggi, manovre segrete, con tanto di nomi in codice (Clessidra, Hurricane, Chang) che vede di volta in volta diversi attori venire alla ribalta. C’è John, con la sua cruciale competenza in materia di telecomunicazioni, i soldati Billy e Disco, l’infermiera Jan, il misterioso God, ovvero l’uomo nella stanza dei bottoni e via così in un sovrapporsi di voci, esperienze, stili d’azione. La rete di sostegno di Kil, fatta di vecchi amici e nuovi compagni di lotta, è l’equivalente del nucleo familiare che l’industria culturale, al cinema soprattutto, incastra in ogni action/horror/sci-fiction film destinato a grandi incassi. La trasposizione per il grande schermo di World War Z, in uscita mentre scriviamo, ne è un esempio lampante. Brad Pitt è l’indispensabile one man show per guidare l’audience non di genere in un’opera centripeta e collettiva come quella di Max Brooks. In Diario di un sopravvissuto agli zombie Bourne parte da un eroe solitario e autoreferenziale per approdare alla creazione di un gruppo coeso, con una parabola evolutiva che non può non richiamare alla mente quella di The Walking Dead e si pone come alternativa “credibile” rispetto a quella della narrazione mainstream, sempre tesa a un certa forma di preservazione del legame di sangue.
Un allargamento che arriva a includere antagonisti invisibili e insidiosi che ricordano il supervillain Governatore eppure ne negano la soddisfazione egotistica, il riconoscimento pubblico. Kil e i suoi non sanno per certo chi sta manovrando i fili del destino globale seminando esplosioni nucleari e ordigni avveniristici. Sanno però che esiste e che fino a prova contraria, anzi proprio in assenza di ogni prova contraria, si annida nello zoccolo duro del loro ex governo. Fin dalle prime battute della saga il protagonista non fa mistero della sfiducia nella trasparenza delle alte sfere istituzionali e militari e allo stesso tempo deride la fissazione dietrologica dell’americano medio (incarnata nella madre di Kil).

roswellRichar Hofstadtler (lo storico autore del saggio The Paranoid Style in American Politics) ha definito la passione per il complottiamo uno degli elementi caratterizzanti della cultura degli Stati Uniti fin dalla loro fondazione. Dall’agguato ai danni di Abramo Lincoln all’11 settembre, non c’è evento pubblico catastrofico che non abbia subito una storicizzazione parallela fatta di lobby ristrette, manipolazione dei media, creazione di diversivi e capri espiatori. Un atteggiamento che sembrerebbe presupporre una frattura tra il popolo e il suo governo o, perlomeno, un’incapacità di rispecchiamento.
Ipotesi smentita da un gruppo di ricerca dell’Università britannica del Kent. Analizzando l’atteggiamento di 250 studenti sulle 17 più grandi cospirazioni presunte di tutti tempi (dalla morte di Lady D a Roswell) gli studiosi hanno potuto appurare che «L’appoggio alle teorie del complotto – come recita anche il sottotitolo della ricerca – è influenzato dalla propria attitudine alla cospirazione». La controparte di una classe dirigente cospiratrice, che avrebbe raso al suolo le torri gemelle per giustificare una guerra e tenuto nascosti per decenni gli alieni del New Mexico, è una popolazione di cospiratori, paradossalmente resa più agguerrita dall’era 2.0. Alla base della visione del mondo cospirativa, infatti, c’è un invincibile senso di insicurezza e instabilità, combattuto strenuamente a colpi di analisi dogmatiche. Ogni evento, soprattutto uno brutto, deve avere una spiegazione, deve essere colpa di qualcuno. Per scoprire chi è quel qualcuno basta chiedersi chi ha guadagnato da questo evento. E così via in un meccanismo che non teme aporie logiche, anzi le divora ghiottamente facendo convivere, unendoli persino, complotto e controcomplotti. Ecco perché Bin Laden può allo stesso tempo essere, vivo, morto, ucciso prima di essere ucciso ufficialmente, mai esistito in quanto creato ad arte dall’intelligence americana. Un meccanismo di prolificazione infinita che trova su internet la sua massima fioritura.
Abbiamo spesso sottolineato come il grande impatto degli zombie nell’immaginario collettivo stia nella loro capacità di far deflagrare, portandole allo scoperto, le angosce collettive, le tensioni interne e le contraddizioni. Una tendenza che si conferma anche nel caso dell’ossessione complottistica. Una delle costanti del genere zombie è quella del coinvolgimento delle autorità nel ritorno dei morti viventi. Per un esperimento militare sfuggito di mano, un viaggio spaziale su Venere poco importa. Quando i morti camminano fuori dalle tombe di sicuro c’è qualcuno ai “piani alti” che non la racconta giusta.

Bourne prende questo topos postmoderno e lo smonta (assieme al lettore) giocando a imparentarlo con grandi classici del repertorio complottistico e leggende metropolitane evergreen. Ci sono gli alieni, la Cia, il governo-ombra, persino il mondo dominato dai computer quantistici. Il tutto prendendo ogni cospirazione maledettamente sul serio ma anche no in un perverso meccanismo di teorie che alla fine cattura anche chi è dall’altra parte della pagina. Quando la fine arriva e un punto di verità sembra essere stato isolato c’è sempre una voce che ti urla nella testa: «Ehi amico, questo è quello che vogliono farti credere….».

La clessidra infranta - VOTO: 4/5

Anno: 2011 - Nazione: Usa - Pagine: 370 - Prezzo: € 14,90
Autore: J.L. Bourne
Edito da: Multiplayer.it
Traduttore: Francesca Pongiglione
Data di uscita in Italia: maggio 2013 - Disponibile in eBook:

About SelenePascarella
Selene Pascarella è nata a Taranto nel 1977. Si è laureata alla Sapienza di Roma 23 anni dopo, con un tesi dedicata a Mario Bava, Lucio Fulci e i maestri dello spaghetti horror dal titolo "Estetiche di morte nel cinema dell'orrore e del fantastico". Giornalista per professione e per vocazione si occupa di cinema, tv, narrativa di genere e cronaca nera. Nel 2011 ha pubblicato, assieme a Danilo Arona e Giuliano Santoro, il saggio "L'alba degli zombie. Voci dall'apocalisse: il cinema di George Romero" (Gragoyle). Tra il 2012 e il 2013, Maya permettendo, ha curato il format 2.0 DiarioZ_Italia per Multiplayer.it.

Ti è piaciuto questo articolo? Condividilo!

Altri articoli:

Leave a Reply

You must be logged in to post a comment.

Horror Community

[captain-sign-up text="Partecipa al gioco"]

Focus on

Categorie degli articoli

ebook gratis


    Ai lettori di Horror.it, regaliamo una ghost story inedita di Andrea G. Colombo. Buona lettura!
  • RSS
  • Twitter
  • Facebook
%d blogger cliccano Mi Piace per questo: