Cinema Non aprite quella porta 3D

Non aprite quella porta 3D

Un prodotto volenteroso, ma estremamente mediocre.

Una folla inferocita assedia la casa dei Sawyer, dove ha trovato rifugio un membro della famiglia accusato di essere un sanguinario serial killer responsabile di una sconfinata catena di orrendi delitti. Lo spietato assassino non può che essere Leatherface.  Mentre lo sceriffo locale è intenzionato a catturare il folle omicida e assicurarlo alla giustizia, il sindaco vuole stanarlo dall’abitazione e impiccarlo senza pietà. La rabbia della gente ha la meglio, e alla casa viene dato fuoco. Nell’incendio muore l’intera famiglia, compreso Faccia di Cuoio e suo padre Drayton. Ma questo non ferma gli omicidi, che riprendono dopo poco tempo. Lo sceriffo e la popolazione quindi si domandano: i Sawyer sono veramente tutti morti? O qualcuno di loro, magari addirittura Faccia di Cuoio, è sopravvissuto? Purtroppo i film non si girano con le buone intenzioni: questo ennesimo Non aprite quella porta ne è la prova lampante. Negli ultimi anni il regista Marcus Nispel, su produzione lussuosa Michael Bay, era riuscito, nella confusione dei tanti remake spazzatura, nell’impresa quasi impossibile di resuscitare (rifacimento o reboot che fosse) la famigerata serie dei Texas Chainsaw massacre grazie a una pellicola di notevole fattura. In Non aprite quella porte del 2003 si respirava, dopo tanti seguiti incolore, lo spirito del capostipide hooperiano, filtrato attraverso una revisione attenta dei gusti moderni, e riuscendo (in parte) a mettere d’accordo critica e pubblico.

Peggio andò con il successivo capitolo, un prequel stavolta, molto più spinto verso l’hardcore sadico ma troppo superficiale nel resto, diretto oltretutto da un regista, Jonathan Liebesman, incapace di ripetere il miracolo Nispel. Gli scarsi risultati al botteghino di quest’opera fecero però frenare la novella serie risorta solo al numero due (ma ai remake di Nightmare e Venerdì 13 andò anche peggio), segno che ormai il pubblico cominciava a stancarsi di rivedere al cinema sempre i soliti prodotti, imbellettati ma in odore di putrefazione. Perciò dopo quasi 7 anni che il marchio Non aprite quella porta era stato bandito dai cinema ecco che arriva, inaspettato, un nuovo capitolo e, tanto per confondere il pubblico, seguito diretto della pellicola originale con l’intenzione di fare tabula rasa di ogni capitolo o remake posteriore. Come si diceva all’inizio le buone intenzioni erano incoraggianti nello sviluppo di un film che si prometteva di essere un evento quasi epocale, basta immagini belle alla videoclip MTV o l’imbarazzante riproposta di temi non capiti, ora Leatherface e famiglia sarebbero tornati a terrorizzarci come mai avevano fatto prima. Cosa che, come avrete capito, non succede. Come spesso accade in questi progetti il regista coinvolto non ha la sensibilità per entrare in sintonia col prodotto e John Luessenhop, ex regista action improvvisato nell’horror, conferma la regola. Non che il film sia girato pedestremente, ma, pur essendo stato scritto a sei mani, è concepito male con la trasformazione sciagurata di Leatherface da assassino a novello Frankestein. E’ un’idea ormai risaputa quella di mettere a confronto i mostri dell’immaginario con l’orrore reale, il razzismo umano, la brutalità fine a se stessa, come dire un po’ qualunquisticamente “Ecco loro sono cattivi, ma il mondo fuori è ancora più cattivo”. L’ha detto bene Rob Zombie con il merito, sia dato atto a Dio, di mettere in scena una famiglia di bastardi in un mondo di bastardi, ma senza avere la pretesa di rendere troppo simpatici i suoi antieroi, capaci comunque di uccidere a sangue freddo ma anche di provare sentimenti più nobili.

Qui invece abbiamo un film diviso in due tronchi: uno il classico Non aprite quella porta con ragazzi sprovveduti massacrati ed appesi come quarti di manzo, l’altro una cosa inenarrabile dove, senza molte motivazioni, il gigante dalla faccia di pelle diventa un bambinone frignante. Tutto in Non aprite quella porta 3d (risolto l’effetto decantato nel titolo in un paio di scene neanche spettacolari) appare di seconda mano e le cose innovative sono totalmente fuori contesto dal prototipo hooperiano con l’aggravante di una certa confusione nellla collocazione temporale della vicenda (se è il seguito del film anni 70 e la ragazza protagonista ha sui vent’anni come si spiega la comparsa di un Iphone collegato ad internet?). John Luessenhop ce la mette anche tutta per sporcare la vicenda ed alcune sequenze (come l’arrivo di Leatherface nel Luna Park o la cucitura della maschera sulla sua pelle) sono anche visivamente interessanti, ma il film possiede quest’aria di malsanità d’accatto che non ti crea mai il disagio che si riprometteva. Tra gli attori, la maggior parte volti e corpi anonimi, si segnala la presenza dell’efficace interprete principale, Alexandra Daddario, già vista nel cupo Bereveament e non indegna delle classiche eroine della serie da Marilyn Burns a Jessica Biel. Il tanto sbandierato cammeo di Bill Moseley purtroppo è di pochi secondi e il nuovo Letaherface, pur se volenteroso, fa rimpiangere il classico Gunnar Hansen.  Noi continuamo comunque a considerare il vero seguito di Non aprite quella porta il secondo di Tobe Hooper, sbilenco è vero, urlato, ma così folle, colorato da essere a suo modo geniale!

Texas Chainsaw Massacre 3d - VOTO: 2/5

Anno: 2013 - Nazione: USA - Durata: 90 min.
Regia di: John Luessenhop
Scritto da: Adam Marcus, Debra Sullivann, Kirsten Elms
Cast: Alexandra Daddario - Dan Yeager - Scott Eastwood - Trey Songz - Tania Raymonde
Uscita in Italia: 28 Febbraio 2013 - Disponibile in DVD:

About Andrea Lanza
Si fanno molte ipotesi sulla sua genesi, tutte comunque deliranti. Quel che è certo è che ama l’horror e vive di horror, anche se molte volte ad affascinarlo sono le produzioni più becere. “Esteta del miserabile cinematografico” si autodefinisce, ma la realtà è che è sensibile a tette e sangue.

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