Cinema Hellraiser 5: Inferno

Hellraiser 5: Inferno

“Cerca l’Ingegnere e l’Ingegnere troverà te”.

Il brillante ed equivoco tenente di polizia Joseph Thorne (Craig Sheffer) è un uomo che indubbiamente sa fare il proprio lavoro: lucido e determinato, non ha paura di sporcarsi le mani per ottenere ciò che vuole e per lui il brutale omicidio di un ex compagno di liceo non è altro che l’ennesimo tassello investigativo di un’inchiesta che l’ha messo sulle tracce di un misterioso serial killer solito lasciare sui luoghi del delitto il dito mozzato di un bambino che si presume ancora vivo. Ma quel pur macabro cadeaux non è l’elemento che più fa vibrare le corde investigative del nostro: una misteriosa scatola di legno finemente intarsiata finisce con naturalezza quasi soprannaturale nella tasca del suo trench.

Una volta svelato il meccanismo di apertura della stessa, per Joseph si apriranno le porte di una dimensione che non avrebbe mai immaginato possibile, un mondo abitato da creature grottesche, mostruose e seducenti che sembrano cibarsi del dolore degli umani e cui l’avventato gesto di Joseph ha offerto un accesso preferenziale al nostro mondo. Sempre più sconvolto dagli incubi a occhi aperti provocati dai Cenobiti, il tenace poliziotto non rinuncia però a quella che è diventata la sua unica ragione di vita: salvare la vita di quel bambino e inchiodare l’autore della serie di efferati delitti, la cui figura assume sempre di più la forma di un leggendario essere forgiato dalle fiamme dell’inferno noto come L’Ingegnere.

Hellraiser: Inferno aka Che fine hanno fatto i Cenobiti? Mai sottotitolo infatti sembrerebbe più azzeccato che per il quinto capitolo del franchise sulle nefandezze del caro Pinhead e accoliti, primo firmato dalla coppia Scott Derrickson/Paul Harris Boardman alla sceneggiatura e diretta dallo stesso Derrickson, fino a quel momento salito agli onori delle cronache cinematografiche per la sceneggiatura di Urban Legends: Final Cut e futuro autore de L’Esorcismo di Emily Rose. Siamo all’alba del nuovo millennio e dopo quasi tre onorevoli lustri di qualità e popolarità decrescenti, la creatura cinematografica di Clive Barker si trova a navigare in quelle acque melmose e prive di reali sbocchi che per una serie di successo del genere può voler dire solo una cosa: straight to video e vaya con dios, anticamera di una definitva morte commerciale che arriverà – ahimè – solo diversi anni e filmacci dopo per una crisi creativa terminale che ha affondato le proprie unghie sulla serie tra il terzo e il quarto episodio per non lasciarla più. Crisi quindi, e crisi significa cambiamento. E cambiamento presuppone coraggio, quel coraggio che la nuova coppia di sceneggiatori sembra avere, almeno sulla carta, perché due milioni di dollari sono un budget ridicolo ma anche garanzia di maggior libertà.

Intenzionalmente dimentichi delle formule esauste dei due capitoli precedenti, i nostri confezionano per il proprio episodio un’ inedita struttura narrativa di natura squisitamente noir – la stessa voce fuoricampo del protagonista a ripercorrere le tappe della vicenda è un ulteriore elemento indicativo di questo tipo di scelta  – strutturata intorno allo stentoreo volto hardboiled di Craig Sheffer e costruendo il meccanismo di risoluzione dell’intrigo – nei fatti piuttosto prevedibile e lineare –  intorno alla figura dei temibili Cenobiti. Anzi, intorno alla loro quasi totale assenza.

 Tolte le perentorie e sfuggevoli apparizioni da incubo dei due Cenobiti nuovi di zecca – le Wire Twins e Chattered Torso – quella che lentamente va delineandosi lungo scorrere della pellicola è una non-presenza nera ed enorme che da un qualche oscuro anfratto infernale decide, comanda e agisce, un invisibile mastermind del male il cui nome è noto a noi tutti ma la cui assenza fisica – e cosa c’è di più importante nell’immaginario di Hellraiser della carne? – paradossalmente riesce a investire quella figura di un’aura e una grandezza fresche e ancor più malvagie. Ma restando in termini  di coraggio e qualità, quello che a conti fatti abbatte il giudizio finale sulla pellicola, considerato che le placide lande delle fedeltà filologica erano state decisamente lasciate alle spalle – la stessa soundtrack è profondamente rivoluzionata e adattata al mood urbano dell’insieme -, è la mancanza di quello slancio ulteriore che avrebbe potuto dare una valida profondità narrativa alla vicenda ma, al contempo, compromettere ulteriormente una formula originaria tanto stanca quanto cara alle migliaia di hardcore fans della serie, già quasi del tutto privata della componente gore com’è.

Invece l’idea forte di cui sopra è sorretta da una sceneggiatura farraginosa e contraddittoria, che se da una parte non accentua ulteriormente le componenti di rottura con il passato dall’altro condanna tutta la narrazione a quel purgatorio dove languono gli horror/thriller psicologici più impersonali, sopravvivendo grazie alla forza di un paio di momenti visivi piuttosto efficaci ma fatalmente debole a livello di scrittura complessiva.  E quasi a ribadire, nonostante tutto, l’indissolubile legame con la formula registica barkeriana, Derrickson si dimentica di essere nel 2000 e confeziona per la pellicola un comparto estetico che più anni 80 non si potrebbe, saturo di rallenty, patinature e pacchianate varie: il risultato, un curioso coacervo di elementi troppo diversi per un tentativo di amalgama tanto dozzinale, ha finito inevitabilmente per scontentare tutti, pubblico e critica, fino a mettere in secondo piano – quando non in cattivissima luce – un coraggioso quato azzardato tentativo di rinvigorimento che dovrebbe essere elemento fondante di ogni tipo di progetto giunto a un passo dall’ultimo respiro.

Hellraiser: Inferno - VOTO: 1,5/5

Anno: 2000 - Nazione: USA - Durata: 69 min. min.
Regia di: Scott Derrickson
Scritto da: Scott Derrickson/Paul Boardman
Cast: Craig Sheffer - Nicholas Turturro - James Remar - Doug Bradley - Nicholas Sadler
Uscita in Italia: 21 maggio 2003 - Disponibile in DVD:

About Andrea Avvenengo
E’ nato nel terrore spiando Twin Peaks alla TV. Il tempo ha messo in fila passioni su passioni, raffinando (o imbarbarendo?) i gusti, ma senza mai scalfire la capacità del cinema fantastico di scaraventarmi indietro nel tempo, la mani davanti agli occhi, terrorizzato e fottutamente felice.

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