Cinema Oltre Brandon Lee: la saga de Il Corvo

Oltre Brandon Lee: la saga de Il Corvo

Parlare de Il corvo è affrontare un argomento risaputo e sciorinato nei massimi dettagli fin dalla sua uscita cinematografica. Non si contano a inizio anni 90 le testate, gli speciali, le dissertazioni intorno a quello che si può definire senza nessun problema l’ultimo cult movie del cinema moderno o meglio l’ultimo dei film maledetti.

Eh sì perché, al di là della qualità dell’opera, senza dubbio la grande fetta di successo del film, almeno l’input iniziale, è dovuta alla sciagurata fine della star emergente Brandon Lee, fino  a quel momento volto ignoto di produzioni action poco memorabili. D’altronde non sono entrati nella leggenda volenterose pellicole testosteroniche come Drago d’acciaio di  Dwight H. Little o Resa dei conti a little Tokio al fianco del leggendario Dolph “Tispiezzoindue” Lundgren. Non era cosa nascosta d’altronde che l’attore sentiva soffocante l’ombra del padre, il grande Bruce Lee che aveva rivoluzionato la storia del cinema marziale e l’aveva sdoganata anche nell’Occidente più razzista. Il Corvo fu quindi il suo ruolo più importante e maturo, quello che doveva essere il trampolino di lancio per una carriera di futuri successi. Il 31 Marzo 1993 una pallottola frantumò quei sogni in nulla anche se rese immortale il giovane Lee permettendogli finalmente di vivere di luce propria.

Il fumetto

Alla base del film di Alex Proyas, fino ad allora un regista apprezzato di cortometraggi e videoclip, c’è un fumetto che si porta dietro una storia altrettanto luttuosa. Il fumettista James O’ Barr iniziò a pensare al fumetto dopo aver perso sua moglie in un incidente. In uno stato di estremo dolore l’autore trasportò la sua anima dilaniata nel bianco e nero di un’opera, fredda e glaciale, sofferente e sofferta, a tratti così personale da essere  puro dolore.

La vicenda, ispirata al funereo poema di Edgar Allan Poe The raven, e a un fatto di cronaca, l’omicidio di due fidanzati  per un anello da 20$ nella città di Detroit, fu un vero miracolo nel panorama dei fumetti underground diventando un vero caposaldo della cultura dark gotica. Al fumetto principale, venduto e tradotto in tutto il mondo, seguirono altre opere tutte con lo stesso tema sotto l’etichetta “Il corvo presenta” dove altri personaggi venivano resuscitati per ottenere la propria vendetta. Tra queste opere un romanzo scritto da Poppy Z. Brite, sempre ispirato all’opera di O’ Barr, spicca su tutti. Nel cuore dell’eternità riesce a essere quello che non sono stati i seguiti su grande schermo de Il corvo, originale, tagliente, spietato. Si racconta in una New Orleans dalle tinte razziste e horror, con toni non dissimili da quelli usati da William Friedkin per Cruising, il barbaro omicidio di una giovane coppia gay. La morte di un amore quindi perde importanza nella sua sessualità, se sia uomo o donna, e diventa solo il sentimento principe motore della vicenda. Nel cuore dell’eternità è un piccolo capolavoro letterario misconosciuto, cupo e dark come lo era solo il fumetto di O’ Barr.

Il corvo

Dietro la morte di Brandon Lee ci sono moltissime leggende. Tra queste si racconta che l’attore fosse stato ucciso per volere della mafia cinese perché rifiutò di lavorare per il cinema cinese. Non sono infatti nascosti i collegamenti tra Le triadi e l’industria dello spettacolo, soprattutto quella di Hong Kong, tanto che alcuni attori orientali dichiararono in interviste di essere costretti a interpretare ruoli fuori dalle loro corde per non inimicarsi i boss locali. Un’altra diceria, molto più fantasiosa, era che Brandon Lee fosse stato punito perché, attraverso i suoi film, mostrava i segreti delle arti marziali al mondo occidentale. Ma la verità, forse più banale, è che l’attore venne ucciso da un colpo di pistola dell’ignaro Michael Massee, l’attore che interpretò “Funboy”.

Fu un tragico scherzo del destino, dovuto alla distrazione e alla disorganizzazione dello staff che decise di ricavare cartucce a salve da vere cartucce per risparmiare tempo nelle riprese. Con Brandon sfumarono diversi progetti tra i quali un seguito di Drago d’acciaio e l’idea di fare un Corvo 2 strettamente legato a questo primo capitolo. Inaspettatamente Il corvo non fu solo un film, ma un modo di pensare, di vestirsi, di vivere per molti giovani. La trama catturava perché in fin dei conti era l’eterna storia d’amore sofferta che poteva piacere al pubblico di giovani, niente di nuovo, una sorta di versione ultraterrena de Il giustiziere della notte comunque ben realizzata. Il film non aveva paura a mostrare scene forti e ambienti cupi ritrovando nella potenza delle immagini la stessa aria di morte imminente del fumetto di O’Barr. Il corvo poteva contare su una grandissima colonna sonora e una qualità realizzativa superiore alle aspettative di una pellicola che, si vociferava prima dell’uscita, fosse talmente scarsa da arrivare in sala solo grazie alla morte del suo attore. Brandon Lee è nel ruolo di una vita comunque, perfetto nei panni dello sfortunato Eric Draven (il cognome non è presente nel fumetto), in un cast che comunque conta caratteristi promossi ad attori, come lo strepitoso Michael Wincott, capaci di performance di intensità inaspettata. Neanche le frasi da baci perugina dark come il classico Non può piovere per sempre ammazzano il climax del film, anzi ne accrescono il fascino nella memoria. Chi d’altronde da ragazzino non ha ripetuto a memoria i dialoghi di Eric Draven?

Curiosità

Il film sembra dovesse essere girato in bianco e nero, con il colore soltanto per le scene dei flashback. Questo vezzo artistico fu bocciato dai produttori che avevano paura il film potesse essere scambiato per un prodotto troppo di nicchia.
In tutti i 4 film c’è lo stesso corvo di nome Magic.
Tra i vari registi chiamati prima di Alex Proyas c’era anche Dario Argento.
La pellicola è stata completata grazie alle controfigure e un parziale riutilizzo del “girato” unito a tecniche di computer grafica. Si possono riconoscere diverse sequenze manipolate dopo la morte di Lee. Tra queste:

  1. Il momento in cui Brandon Lee avanza in un vicolo, durante la pioggia, è stata rielaborata e sono state aggiunte gocce d’acqua provenienti dall’alto. Tutta la restante scena in cui Eric viene disturbato dal ricordo del suo assassinio e dello stupro di Shelly (compresa la scena in cui Massee uccise Lee nella realtà) è stata interamente rifatta da uno dei suoi stuntman.
  2. L’attore durante la scena del trucco è una controfigura e il volto di Brandon, visibile riflesso nello specchio rotto, è stato aggiunto in seguito, adeguatamente alterato.
  3. Le due parti quando Draven suona la chitarra sul tetto della sua abitazione.
  4. La scena dove il protagonista prepara la condanna a morte di T-Bird (David Patrick Kelly), riempiendo la sua auto di esplosivi, è stata realizzata da una controfigura. I brevi istanti in cui si nota il suo viso in primo piano fanno parte di una scena tagliata quando Brandon era ancora vivo.
  5. Quando Sarah visita l’appartamento, il viso di Eric non viene mai inquadrato perché  Lee era già morto.

I seguiti

Fare un seguito de Il corvo non doveva essere una cosa proprio semplice, anche se, sopratutto a livello di incassi, la serie non poteva finire così. Quindi tra il 1996 (2 anni dopo l’uscita del primo capitolo) e il 2005 vennero stanziati ben 3 seguiti di qualità altalenante e una serie tv di sconcertante banalità con l’atleta Mark Dacascos. Il risultato migliore, pur se derivato e fotocopiato dall’originale, fu Il corvo 2 dove si mantenne una certa continuity con il precedente e una buona fattura tecnica realizzativa. Via Alex Proyas, ormai proiettato nel capolavoro di una vita Dark city, si optò nell’incognita Tim Pope, artista dal passato di videoclip famosi per gruppi dark come i The cure, e bramoso di girare un film. Se la troupe dichiarò in molte interviste che il nuovo regista fosse negato nel girare le scene d’azione così non era per il comparto visivo che non faceva rimpiangere il prototipo. A rivestire i panni di Ashe Corven (resuscitare Eric Draven sarebbe stata una scelta troppo contestata) si optò sull’attore francese Vincent Perez, volto abbastanza sconosciuto dal cinema di massa. Purtroppo il film non piacque al pubblico per diversi motivi, soprattutto l’assenza di Brandon Lee scottava ancora troppo per non fare i dovuti paragoni. Peccato perché l’opera, pur non essendo un capolavoro, era un discreto seguito in linea con l’idea dei fumetti de Il corvo presenta ovvero storie scollegate con unico comune denominatore la vendetta ultraterrena. Si ricorda di questo Corvo 2 la bellezza eterea della allora sconosciuta Mia Kirshner e un’aria ancor più decadente gotica rispetto al precedente capitolo. L’opera incassò solo 17 milioni su un budget di 13, un disastro che affossò pure la carriera cinematografica del talentuoso Tim Pope.

Andò meglio allo sceneggiatore David S. Goyer che invece da questo insuccesso cominciò a scrivere sceneggiature sempre più importanti fino al mega blockbuster Batman di Christopher Nolan. De Il corvo 2 esiste pure un videogame uscito per la prima playstation così terribile e mal fatto da generare mal di testa e frustrazione dopo 5 minuti di gioco. Come detto venne stanziata anche una serie tv (una sola stagione) dal titolo The Crow: Stairway to Heaven; se il pilot è tutto sommato dignitoso non si piò dire lo stesso dei restanti 21 episodi più vicini ad un telefilm Marvel o Dc tipo Flash e assolutamente fuori contesto con lo spunto iniziale di James O’ Barr. E’ però l’unico seguito o presunto tale che riporta sullo schermo Eric Draven, il personaggio reso famoso da Brandon Lee.

Un terzo capitolo fu realizzato solo nel 2000 e la storia non era cambiata una virgola: questa volta a morire era un innocente sulla sedia elettrica. Diretto con scarso piglio dall’anglo-indiano Bharat Nalluri, Il corvo 3 Salvation è più spinto verso il versante horror tanto che il nuovo vendicatore ora indossa una tuta da metalmeccanico che ricorda quella di Michael Myers della serie Halloween, ma anche più rozzo, razzista e cretino. Ad interpretare Alex Corvin c’è il giovane Eric Mabius che leggenda vuole avesse fatto un provino nel 1994 per interpretare un cattivo del primo Il corvo. Nel cast pure la giovane Kristen Durst che in molte interviste si è rammaricata di avere interpretato questo film.

Peggio va con il quarto capitolo, tanto bello da uscire inizialmente in Italia in vhs senza il titolo Il corvo 4, così mal girato e interpretato da risultare una pietra tombale della serie. Preghiera maledetta ha nel suo nutrito cast, diretto da un signor nessuno, una serie infinita di ex: l’ex ragazzino di Terminator 2 ormai distrutto dalla droga (Edward Furlong), l’ex vampiro innamorato di Buffy (David Borneaz) e l’ex figona ormai parodia extralarge (Tara Reid). Questo incassa meno dei precedenti ed esce dappertutto pochissimo.E’ la fine della serie Il corvo iniziata con un lutto e finita nell’inferno peggiore, quello dei film mediocri e senza smalto.

Il remake

Il 14 dicembre 2008, Stephen Norrington, regista di Blade, annunciò alla rivista Variety di avere in progetto  un reboot di The Crow poco gotico, molto realista e dallo stile documentaristico. Il 7 aprile 2011 Norrington fu escluso dal progetto a favore di Juan Carlos Fresnadillo (Intacto, 28 settimane dopo) con Bradley Cooper nel ruolo di Eric Draven. A metà agosto 2011, si fecero i nomi di Mark Wahlberg, Channing Tatum e Ryan Gosling come probabili protagonisti, ma pochi mesi dopo il progetto si bloccò. L’ultima voce, datata Gennaio 2012, vuole il regista indipendente Francisco Javier Gutiérrez come ultimo nome dirigere il remake. Chissà che non sia la volta buona per vedere volare ancora il vecchio corvo Magic…

About Andrea Lanza
Si fanno molte ipotesi sulla sua genesi, tutte comunque deliranti. Quel che è certo è che ama l’horror e vive di horror, anche se molte volte ad affascinarlo sono le produzioni più becere. “Esteta del miserabile cinematografico” si autodefinisce, ma la realtà è che è sensibile a tette e sangue.

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