The boogeyman

Il film di Stephen Kay, prodotto, ahimè, dal troppe volte “perso per la strada” Sam Raimi, assieme a Rob Tapert per la loro compagnia Ghost House Pictures, può essere utilizzato in qualsiasi corso di tecnica cinematografica per fare sì che i discenti si rendano conto di come non deve essere fatto un film dell’orrore.

E’, forse, la sua unica ragione d’essere.
Premetto che la delusione che si prova nel guardare un film è direttamente proporzionale alle aspettative che si nutrono per lo stesso, e in questo caso le mie erano sicuramente sovradimensionate.

Proprio perchè ritengo che uno dei più bei racconti horror che mi sia mai capitato di leggere sia “The boogeyman”, in italiano tradotto con un efficace “Il babau”, contenuto nella magica raccolta “A volte ritornano” del Re del Maine, l’idea di un film che, speravo, almeno indirettamente si ispirasse a quel piccolo gioiello mi faceva fremere.
Invece nulla da fare.
La pedissequa ripetizione di stilemi filmici, unita a una sceneggiatura lacunosa e a tratti incomprensibile, e mescolata con effetti cgi da videogioco ne fanno una delle pellicole più inutili e imbarazzanti che siano passate per gli schermi cinematografici.
Non esagero: non sono contrario ai film horror di serie “b” o di serie “z”, se chiaramente dichiarati: la scala di valore, come in tutti i campi, è chiaramente proporzionata alle risorse messe in campo. Proprio per questo un film che può contare su mezzi e finanziamenti che altre pellicole si sognano non può rivelarsi così deludente.
Ovviamente anche questa pellicola, all’uscita nelle sale, ha fatto il botto, permettendo ai produttori di rientrare delle spese già la prima settimana di proiezione, e questo è un male, perché in questo modo chi detiene i cordoni delle borsa si convince della bontà economica di mere operazioni commerciali come questa, che lasciano l’amaro in bocca agli spettatori.

La storia raccontata dalla pellicola, che vede impegnati, oltre al protagonista Emily Deschanel, Skye McCole Bartusiak e Lucy Lawless, è presto detta: il piccolo Tim (interpretato abbastanza efficacemente da Barry Watson, già visto nella serie tv “Settimo Cielo”), in una classica notte di tregenda, è testimone inerme della sparizione del padre, “inghiottito” dal “babau” che vive nell’armadio della sua camera.
Ovviamente nessuno crede al ragazzino, che diventa grande convivendo con il terrore dei ripostigli.
Alla morte della madre, deve ritornare nella casa avita, per affrontare la sua paura e riprendere in mano le redini della sua vita. La razionalità del ragazzo diventato uomo si trova presto a fare i conti con la concretezza delle tenebre, e con i fantasmi generati dalla sua stessa mente, divenuti sostanza viva e maligna.
Ovviamente il bene trionfa, non prima di averci fatto sorridere abbondantemente grazie a un mostro che assomiglia tanto all’Eddy di “Powerslave” dei mitici Iron Maiden.
Il dvd è comunque di buona fattura, con un riversamento digitale correttamente eseguito, e anche la parte sonora è curata, con un ottima separazione dei canali, che permettono di distinguere la provenienza di ogni minimo cigolio. Accettabile la dotazione di extra, classici nel loro genere ma di buona fattura. Peccato manchi il finale alternativo presente nella versione americana in due DVD, e che gli extra non siano compresi nella versione a noleggio…

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