Editoria Mucchio d’ossa – Stephen King

Mucchio d’ossa – Stephen King

Intendiamoci, non sono uno che si beve tutto di King commentando “Ah, fantastico”.

All’uomo del Maine non ho ad esempio perdonato, ad esempio, Insomnia, trovandolo in più punti stucchevole, pedante e noioso. Per dire, insomma, che non sono un kinghiano sfegatato e acritico. Inoltre da anni covo il malizioso sospetto che la premiata ditta sia una sorta di King & Co. a più mani, non accettando forse più per segreto livore che un uomo solo riesca a scrivere così “tanto” e quasi sempre così “bene”.

Per dire ancora che, a ogni nuovo book del nostro, mi ci avvento sopra dicendomi “Adesso ti becco in castagna, voglio un po’ vedere se sei ancora quello di Shining e di It“. Alla fine mi rendo conto di essere divenuto preconcettualmente un anti-kinghiano, che desidera nell’intimo che il nostro scriva finalmente la bufala del secolo. Ma con Mucchio d’ossa tutta la premessa di cui sopra si sfalda. Perché, per quanti pregiudizi uno si possa costruire, questo maledetto e abilissimo farcitore di best-seller ha il potere di entrarti dentro sin da pagina 2 per non mollarti più fino alla fine. I suoi personaggi, così simili a tutto il resto del mondo nel loro tragico quotidiano, si amano e si metabolizzano rapidamente. Sono vulnerabili, piangono, muoiono per colpi apoplettici e sono atterriti dall’ignoto. Non sono né superuomini, né superdonne, non barano e li potremmo incontrare ogni mattina al bar che bevono il caffé insieme a noi. C’è una ragazza in Mucchio d’ossa che si chiama Mattie, fondamentale nel castello narrativo e per la catarsi del personaggio principale, l’io narrante Mike Noonan (il solito scrittore alter ego di King, ma “non” è il solito scrittore…), di cui c’innamoriamo anche noi pagina dopo pagina. Mattie, con un colpo di scena troppo doloroso anche per un libro di King, ci lascia all’improvviso prima del pandemonium finale, perché qualcuno le spara in faccia da un’auto di passaggio. Pochi secondi dopo aver ballato per Mike in modo delizioso e indimenticabile, pochi secondi dopo averlo baciato. Se ne va così, di colpo, come se ne vanno veramente gli amici e le persone care in questo strano balletto che si chiama vita, questa vita che King definisce “l’attesa dell’Esterno che viene a reclamare quello che sta dentro il mucchio d’ossa”. Chi è l’Esterno?, mi chiederete. Bella domanda, ma neppure King conosce la risposta.

E’ un gran libro, fidatevi. Siamo dalle parti di Shining e nei paraggi di quell’irripetibile vademecum fantasmatico che era La casa dei fantasmi, così bello, così devastante, così compiuto che Peter Straub non è più stato in grado di produrre qualcosa all’altezza, parziale eccezion fatta per il raggelante Koko. Mucchio d’ossa ti afferra con l’elegante forza di un mulinello acquatico, un tocco di grazia degno di Shirley Jackson, e ti trascina dentro con la cattiveria di un Elmore Leonard, non a caso più volte citato in più passaggi. Ma, se fosse soltanto un grezzo lavoro di sintesi o di assemblaggio, avremmo a che fare con un trucchetto. Ma, ci ripetiamo, questo libro non bara. Ha un impatto emotivo disturbante e un’inteialatura geniale a dir poco, che King con diabolica distillazione ci fa intravedere nella sua totale ampiezza soltanto nelle ultime pagine. Sarei irriguardoso a raccontarvene il plot, fosse anche per sommi capi. Mi sono già permesso neppur troppo lealmente di parlarvi di Mattie e della sua terribile fine, perché (le cose stanno proprio così, lo verificherete) si tratta del passaggio che coaugula maggiormente la grande accezione metaforica (l’ambiguissima polivalenza multisignificante del termine “Bag of Bones”) che la storia sprigiona. Ah, di ingredienti classici ce ne sono a bizzeffe: la casa infestata, i poltergeist, le scritture automatiche, gli errori e gli orrori della Storia, il male in purissimo stile New England che ritorna per ricercare le nuove vittime sacrificali. Ma di classico, nel senso di “déjà vu”, non c’è proprio nulla. La robusta maestria del nocchiero del Maine sta (anche) qui. Se già Shining aveva dimostrato di essere un’intelligente ammodernamento della haunted house poesca (la mefitica e putrescente casa degli Usher, pedestramente rivisitata un paio d’anni addietro da un presunto discendente di Edgar Allan in Ritorno a Casa Usher, titolo da urlo di vendetta che ci fa chiedere come mai il mercato italiano possa recepire bassure del genere e chiudere quasi del tutto ai molti autori italiani che hanno la qualità di rinnovare il genere e in chiave completamente autoctona….), Mucchio d’ossa va oltre, perché con abilità e disciplina disperse come refoli profumati pagina dopo pagina ottiene di “fantasmizzare” (passatemi il termine, vi prego) la natura, le cose, tutto il Maine probabilmente e le sue ultime sette generazioni, persino le alterazioni climatiche. E come, vi chiederete? Non c’è risposta che possa darvi: leggetevelo, fatevelo dare in prestito, oppure se non avete fretta aspettate che esca la versione paperback.

Da ultimo, impossibile non segnalare che King implacabilmente continua a segnare con un puntino rosso la sua articolata geografia del male che, a quanto pare, dal Maine dilaga inarrestabile a raggiera verso il mondo civile. Apprendiamo così che lo sceriffo Bannermann e Alan Pangborn se la stanno più o meno cavando nonostante gli anni e gli acciacchi, ma veniamo a sapere con un po’ di costernazione che Thad Beaumont è morto suicida, poco tempo dopo l’ultimo volo dei passeri. “Non so se c’entrasse il blocco dello scrittore” commenta ironicamente King. In compenso, “il temporale del secolo” che si abbatte alla fine sulla zona del Dark Score Lake è un appetitoso preambolo della “tempesta del secolo” con la quale King ha investito la comunità di Little Tall Island, già sede delle disavventure di Dolores Claiborne, il 14 febbraio scorso in un miniserial televisivo che ha ottenuto negli Stati Uniti un notevolissimo indice di gradimento. Fili quasi invisibili tra una stanza e l’altra del quotidiano orrore kinghiano, che svelano una radicata e originale visione del mondo in cui la vita di ciascuno si oppone titanicamente, nell’eroismo quotidiano del vivere, ai disegni imponderabili dell’Esterno. Tak, La Morte, L’Uomo Nero, Oz il Gvande e Tevvibile… La cosa nera alla fine della strada.

Mucchio d’ossa

Stephen King
Prezzo: € 11,90
2001, 640 p.
Editore Sperling & Kupfer

About Danilo Arona
Danilo Arona (Alessandria, 28 maggio 1950) è uno scrittore, giornalista e saggista italiano. Per anni si è occupato di narrativa fantasy e mistery, tenendo conferenze sulla letteratura fantastica e collaborando alla scrittura di sceneggiature. Ha scritto saggi sul cinema dell'orrore e su alcuni esponenti di punta di questo tipo di cinema, quali Wes Craven e Stephen King. Ha pubblicato, tra gli altri, con la Mondadori, Marco Tropea, Gargoyle Books, Corbaccio, Dario Flaccovio e Mezzotints.

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Comments

Posted On
dic 13, 2011
Posted By
Elvira

E pensare che io sono una kingiana sfegatata, ma ritengo che Mucchio d’ossa sia uno dei romanzi meno incisivi scritti dal Re.
Però aspetto con ansia di vedere la trasposizione televisiva, uscita proprio in questi giorni.

Posted On
dic 13, 2011
Posted By
deepred78

A me piacque, anche se sono d accordo sul fatto che non sia il piu incisivo del re, speriamo che il film ricordi le atmosfere del libro. . .

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