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Venerdì 13 (1980)

Il primo capitolo di una saga infinita e discontinua: un film cardine nel genere slasher, la nascita di uno dei più popolari nuovi mostri: Jason Voorhees.

Film a suo modo atipico, nel filone degli slasher movies, questo primo capitolo della lunga saga di Venerdì 13, firmato da Sean S. Cunningham, già produttore del cult “L’Ultima Casa a Sinistra” (1972), di Wes Craven. Atipico, poiché segna la nascita di un “nuovo mostro”, senza mai mostrarlo. L’icona Jason Voorhees, infatti, si manifesterà, così come noi la conosciamo, monolitica nella sua maschera da hockey, solo dal terzo film, il sequel  “Venerdì 13: Weekend di Terrore”  (1982), per la regia di Steve Miner (qui nelle vesti di produttore associato) .

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Venerdì 13 parte II – L’Assassino Ti Siede Accanto

La parte due è significativa: introduce il Jason adulto e spinge verso l’infinito il meccanismo del film precedente.

L’atto secondo di Venerdì 13 sancisce il passaggio di consegne da mamma Pamela al figliol prodigo Jason. Le psicosi della famiglia Voorhees continuano a funestare Camp Crystal Lake e dintorni, ora per mano dell’imponente e ritardato Jason annegato anni addietro nel lago causa negligenza dei sorveglianti.

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Venerdì 13: Weekend di terrore

Davanti all’opportunità di indossare una maschera vera, Jason Voorhees trova finalmente la sua vera pelle, l’anello mancante, il trait d’union della sua personalità scissa.

Dopo l’accusa di essere soltanto “una brutta copia del Michael Myers carpenteriano”, Jason Voorhees trova, definitivamente, la sua vera identità. Il protagonista della saga di Venerdì 13, infatti, era un omaccione deforme e ripugnante, uno scimmione rabbioso, caratterizzato “soltanto” da una camminata goffa tipica dei morti viventi. Almeno fino a questo momento. Steve Miner, nuovamente in cabina di regia, dirigendo Venerdì 13: Weekend di terrore, infatti, trova il giusto escamotage per regalare al villain il suo agognato emblema, il suo tratto distintivo, lo stendardo dell’intera saga.

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Venerdì 13 parte V: il terrore continua

Il dualismo psicotico che unisce Tommy Jarvis a Jason Voorhees suscita nuovi interrogativi. Jason c’è o non c’è? Di chi è la mano che uccide?

A dispetto del sottotitolo “tranchant”, Venerdì 13 parte IV consegnò ai posteri un lascito troppo allettante per poter essere davvero il “Capitolo Finale”. Sull’onda del Jason-entusiasmo e del buon lavoro effettuato dal regista Joseph Zito, la scia di sangue prosegue sfociando nel quinto atto, uno dei capitoli più atipici e controversi della serie.

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Venerdì 13: Jason vive

Jason vive, ma nessuno di quelli che lo incontra avrà la medesima fortuna.

Il sesto film della serie che segue le traccie insanguinate lasciate da Jason Voorhees, risulta nel mio immaginario indissolubilmente legato all’album “Constrictor” di Alice Cooper, che rappresenta il ritorno sulle scene del teatrale artista di Detroit, dopo il suo ritiro nel 1983, dopo il mediocre album “Dada”.

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