Posts Tagged ‘infetti’

WORLD WAR Z: gli zombie di Marc Forster.

world-war-z_Cinema_w_6645WWZ ha zittito tutto e tutti mettendo d’accordo critica e pubblico. Denso di tensione ansiogena, scene di epica portata e storia più che solida, il film di Marc Forster ci presenta anche uno zombie diverso dai classici e abusati stilemi, privo dei cliché che ne hanno sfiancato la natura e soprattutto molto plausibile.

Devastante. La parola perfetta per descrivere World War Z è devastante. Il primo zombie-kolossal della storia del cinema (di cui potete leggere qui la nostra recensione), con un budget stimato intorno ai 200 Milioni di $, si è rivelato uno spettacolare thriller dalla portata globale. Non lo zombie-movie definitivo certo, (per fare ciò bisognava adempiere nell’impossibile missione di riportare su schermo pagina per pagina il maestoso e omonimo lavoro epistolare di Max Brooks) ma di sicuro uno dei film più azzeccati del genere dai tempi di “La Notte” e “L’Alba” di George A. Romero, dalla quale però il film diretto dallo Svizzero Marc Forster si guarda bene a prenderne le giuste distanze. I puristi degli zombie-movie potrebbero, anzi, sicuramente avranno storto il naso, ma la realtà è che tale scelta si è rivelata per-fe-tta. Andiamo a scoprire il perché e i segreti degli zombie di World War Z.

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Devil’s Playground

A dieci anni di distanza tornano gli infetti alla Danny Boyle, stavolta più simili ad acrobati circensi.

Un’azienda farmaceutica inglese crede di aver scoperto un nuovo e rivoluzionario integratore per sportivi, ma quando lo sperimenta su trentamila cavie umane,queste subiscono durissimi effetti collaterali che causano mutazioni genetiche. Nel giro di poche settimane tutti loro, tranne una, si trasformano in feroci cannibali che trasmettono il virus a forza di morsi, cosicché il colosso farmaceutico è costretto ad affidarsi al mercenario Cole nel tentativo di rintracciare l’unica sopravvissuta ai test e trovare una cura.

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28 giorni dopo

Una Londra spettrale fa da sfondo alla rilettura del mito degli zombie da parte del ragazzaccio Danny Boyle.

In un momento storico in cui il cinema horror era intrappolato tra le deriva apocalittica di fine/inizio millennio e un orizzonte che si stava facendo oscuro in preparazione dell’apparizione dei nuovi vampiri meyeriani, Danny Boyle, regista rivelazione di Trainspotting, ebbe il coraggio di rispolverare dei personaggi che da un po’ di tempo erano stato dimenticati: gli zombie. Certo, la rilettura di Boyle nulla ha a che vedere con l’origine dei morti viventi romeriani, ma ebbe il merito (insieme a Resident Evil uscito lo stesso anno) di rinverdire i fasti di un tipo di cinema che ancora adesso non ha concluso la sua rinascita.

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The Killing Strain

E’ brutto, ma non è quel tipo di fallimento orrorifico di cui sparlare su un divano o in una chat. Lo si dimentica ancor prima di concluderlo.

Parlare di un film bello fa talvolta le fortune del critico: si può ricorrere a paroloni, concettoni e perdersi in colti (e anche un po’ estenuanti) excursus sul cinema e sul suo appeal. D’altro canto un titolo brutto permette di sfogarsi in lungo e in largo sulla mediocrità dello scritto, del girato e del recitato fino allo stremo delle forze e dei caratteri.

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