Pur nella sua ingenuità “ottantesca”, Silver Bullet è di certo molto meglio dei prodotti precotti e indigeribili, sia licantropici che vampireschi, che Hollywood ci ha propinato e ci propinerà in futuro.



Il film di Newland è un vero e proprio bigino del “cinema del terrore”, la rappresentazione lucida di un’ossessione che si trasforma in minaccia mortale.La vecchia casa vittoriana di Sally Farnham nasconde qualcosa in cantina. Qualcosa di terribile. Qualcosa che aspetta paziente da anni dei nuovi inquilini. Ora l’attesa è finita.
E’ brutto, ma non è quel tipo di fallimento orrorifico di cui sparlare su un divano o in una chat. Lo si dimentica ancor prima di concluderlo.Parlare di un film bello fa talvolta le fortune del critico: si può ricorrere a paroloni, concettoni e perdersi in colti (e anche un po’ estenuanti) excursus sul cinema e sul suo appeal. D’altro canto un titolo brutto permette di sfogarsi in lungo e in largo sulla mediocrità dello scritto, del girato e del recitato fino allo stremo delle forze e dei caratteri.
Un insolito connubio di trash, horror, romanticismo e commedia giovanile che, nonostante la pessima fattura, diverte parecchio e rischia quasi di intenerireCorrevano gli anni ottanta quando James Aviles Martin e George Seminara decisero di sperimentare cosa poteva accadere ad immergere una commedia adolescenziale con tendenze romantiche in uno spesso strato di sangue finto a buon mercato. La reazione chimica che ne risultò non fu certo esplosiva come quella delle mentos nella coca cola, ma sì dimostrò abbastanza divertente, e così, nel 1987, venne alla luce I Was a Teenage Zombie (tradotto senza apparenti motivazioni con I ragazzi del cimitero).
Alle atmosfere angoscianti e riuscite fa da contraltare una trama scarna, un po’ ripetitiva e con un finale assolutamente non all’altezza del resto della vicenda.Dopo un improvviso blackout gli abitanti di Detroit sembrano misteriosamente svaniti nel nulla: le uniche tracce che restano della loro esistenza sono le auto abbandonate e i mucchietti di vestiti sparsi a terra.
Il tema del fantasma assetato di vendetta ce le ha fatte cubiche, soprattutto quando mancano un contorno narrativo come si deve e un’atmosfera vincente.Una rudimentale sovraimpressione ci accoglie ed informa che il film (ispirato a una storia vera???) ha luogo su un’isola nei pressi della grande scogliera corallina del nord-est australiano, una delle sette meraviglie naturali del mondo. 80 minuti dopo, i fatti ci aggiungono che Uninhabited è uno dei sette film horror più insulsi e banali del mondo. Pari e patta.
Il nostro si lancia in un genere già di per sè immutabile in saecula saeculorum e porto franco per chiunque abbia un pruritino horror da togliersi, abbastanza soldi per farlo e nessun idea decente per farlo bene.Il dr. Walter Newman, responsabile del manicomio di Edgewood, è un genetista convinto di trovare la soluzione a buona parte delle malattie che flagellano l’umanità attraverso l’ingegneria genetica.
Il marito perfetto, vista anche la breve durata, sa regalare emozioni e aprire dibattiti sul tema, cosa di non sottovalutabile importanza in un horror indipendente.Un fine settimana perfetto per una giovane coppia, una località di montagna e tanta pace per un idillio amoroso. Lui è così amabile, dolce gentile, lei tanto innamorata. Queste le basi per una notte che culminerà in omicidi e amputazioni.