Category: Recensione film

Silent night deadly night 2 è delirante, esagerato, ma ha di quelle trovate tanto cretine da strappare più di un sorriso.

Dopo anni di degenza, Ricky viene rilasciato dall’ospedale per malati mentali nel periodo natalizio. Negli occhi ha ancora il ricordo della terrificante morte di suo fratello Billy e gli incubi a causa della Madre Superiora, a suo tempo fonte originaria della furia omicida dell’assassino in costume da Babbo Natale. Per Ricky cominciare una nuova vita significa innanzitutto vendicare la morte del fratello, una missione che proverà a completare in ogni modo e con ogni mezzo, anche i più violenti e sanguinari…

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Il Natale si tinge di rosso (anzi, di nero) in questa bellissima pellicola firmata da Bob Clark: un cult che è tra i precursori dello slasher, ma in modo originale ed unico nel suo genere.

Questa bella pellicola di Bob Clark, di cui ricordiamo l ‘inquietante  “La Morte Dietro La Porta”, anch’esso targato 1974, è da considerarsi a tutti gli effetti non solo uno dei prototipi dello slasher così come lo conosciamo ma anche il precursore di molti film successivi: impossibile, infatti, non pensare all “Halloween” di Carpenter (1980) ma soprattutto a Dario Argento, nelle soluzioni visive, in alcuni passaggi narrativi, nell’uso dei suoni e delle voci e in intere sequenze che sembrano prese di peso dai primi film del regista romano.

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 Il nuovo Santa Claus si presenta come un moderno Machete che, nascondendo i muscoli sotto il vestito di velluto, gira accompagnato solo dal fido bue albino, pronto a maciullare chiunque ostacoli la loro strada.

Il Natale è uno dei periodi festivi segnati in rosso sul calendario. Chi l’ha deciso? Il cristianesimo, in primis, capace allora come adesso di dettare regole (?) nel nostro Paese. L’horror, si sa, è un genere innovativo, sperimentatore, spesso sovversivo. Ecco perché decide di assorbire tutte le convinzioni popolari per manipolarle, cambiarle e ribaltarle.

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L’alba dei morti viventi di Zack Snyder è un cult che si confronta con il capolavoro di Romero senza la pretesa di superarlo, ma anzi lo attualizza, lo cannibalizza come i suoi stessi zombi, facendolo diventare materiale diverso dal prototipo e comunque un film sempre bellissimo.

Il miracolo poteva ripetersi con Day of the dead di Steve Miner, ma così non è stato. I sentori della bufala c’erano già tutti: problemi di produzione, ritardi con l’uscita, l’idea di farlo morire persino nel limbo dei film finiti e mai distribuiti e, dulcis in fundo, James Dudelson tra i produttori. Se non conoscete questo losco figuro che gira di solito in coppia con un’altra regista-produttrice, Ana Clavel, segnate subito il suo nome nel libro nero dei vostri incubi cinematografici più terribili.

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Prison of the dead è un film sicuramente da evitare anche se non è proprio uno dei peggiori film del suo autore. Ora nel leggere i credits il popolo insorgerà verso il povero recensore reo di una possibile gaffe: la regista è l’oriunda Victoria Sloan, una signora nessuno all’apparenza.

Ma se il nome vi intriga e già favoleggiate una playmate in bikini dalla labbra calde e le tettone generose vi devo deludere: Victoria Sloan è un uomo e mica un uomo qualsiasi: il regista più gay del secolo, David Decoteau. Se sapete di chi sto parlando i brividi di raccapriccio vi innonderanno la schiena: Decoteau è il regista più sciatto del panorama horror, uno che delle inquadrature se ne frega, che posiziona la macchina da presa come cazzo gli pare, l’importante per lui è filmare bei ragazzoni il più svestiti possibili.

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Non possiamo che consigliarvi questo Little deaths, una vera sorpresa di fine anno.

Capita di raro, ma per fortuna capita, che, senza conoscere i titoli dei film, ci si imbatta in un cestone da grande magazzino, quello con i dvd dai titoli più assurdi, Zombi contro Dracula, Le mutandine rosse della morte, e tra mille ciofeche capiti il capolavoro. E’ il caso di Little deaths, traduzione inglese del termine francese petite mort, ovvero orgasmo, opera antologica inglese diretta da tre promettenti registi indipendenti, Andrew Parkinson, Sean Hogan e Simon Rumley.

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Chiariamo subito una cosa: la versione di STIGMATA che è circolata nelle sale italiane proviene dalla copia inglese, ed è censurata di circa un minuto: manca, tra l’altro, una scena ambientata in Vaticano.

Inoltre, prima dell’uscita USA la produzione aveva apportato alcuni tagli e rigirato in maniera diversa alcune scene, recuperabili sul DVD statunitense (un prologo inedito, un nudo della Arquette, una scena gore ed un finale alquanto diverso da quello attuale). Come al solito tocca segnalare l’ottusità diffusa di fronte a opere di fiction che hanno il solo torto di affrontare un argomento ‘adulto’: sorte analoga ha dovuto subire il sudcoreano LIES, giudicato troppo scabroso per un pubblico maturo – il film è comunque vietato ai minori di 18 anni – e tagliato dal distributore italiano, la Keyfilms.

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C’è chi sostiene che lo sbarco sulla Luna sia stato il primo mockumentary della storia. C’è chi, tramite l’ennesimo mockumentary, ci racconta perché non ci siamo più tornati.

Apollo 18 ipotizza che l’omonima missione “mancata” della Nasa, sia stata in realtà effettuata (e poi insabbiata) con il preciso scopo di studiare le misteriose forme extraterrestri venute alla luce sul suolo lunare.

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Impossibile forse gustarselo in pieno se si ha la pretesa di un altro Carpenter…

Recensire il prequel de La cosa, classico scifi horror, è difficoltoso per diverse ragioni, la maggiore è l’ombra di un precedente tanto illustre. The thing, mega flop ingiustificato al botteghino, è un classico irraggiungibile per l’uso della musica, della tensione, per l’idea di girare in maniera assolutamente suicida sul piano commerciale una storia di soli uomini, dove l’elemento femminile, chi si riproduce, chi porta in sè blasfemamente l’idea di fertilità, è un alieno.

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La Francia sta subendo i colpi di una rivoluzione popolare che ruota intorno al verdetto delle elezioni politiche, in questo clima un gruppo di ragazzi è in fuga da una pattuglia della polizia.

Uno di loro viene ferito, così la sorella (Yasmine) e l’ex-ragazzo decidono di portarlo in ospedale dividendosi dal resto del gruppo, dandosi appuntamento al confine con il Belgio. La locanda dove due dei ragazzi trovano rifugio si rivela un mattatoio gestito da una famiglia di psicopatici, la cui mente deviata partorirà una sequela di inenarrabili torture.

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