Cinema VIRUS

VIRUS

virus-vincent-dawn1Dal grande artigiano Bruno Mattei, Virus (1980): uno zombie-movie estremo divenuto un cult in tutto il mondo

 

L’inquadratura apre su una futuristica centrale atomica, partono le musiche martellanti di Bacalov e lo spettatore già gode: sta cominciando Virus (1980), il cult assoluto di Bruno Mattei (che qui si firma come Vincent Dawn), simbolo di un cinema genuino, fatto con pochi mezzi ma dannatamente efficace – proprio quel cinema di cui oggi si sente il bisogno ma che probabilmente non tornerà più, almeno non in quei modi e con artigiani del calibro di Mattei. Tripudio di gore e splatter, azione ed “exploitation”, è uno degli zombi-movie più estremi mai realizzati, che ha fatto e continua a fare la gioia di tutti gli amanti dell’horror, diventando un cult mondiale amato – a quanto sembra – anche da Tarantino.

virus_margit_evelyn_newton_vincent_dawn_bruno_mattei_005_jpg_wabdVirus – L’inferno dei morti viventi nasce nel periodo in cui stava esplodendo il fenomeno degli zombi-movie: nel 1978, Romero aveva firmato il secondo capitolo della sua trilogia, Zombi (Dawn of the dead); nel 1979, Fulci aveva dato una svolta radicale all’horror italiano dirigendo quel capolavoro assoluto che è Zombi 2, la maturità dei film nostrani sugli zombi. Tralasciando l’eccezionale “trilogia della morte” fulciana, che segue un discorso diverso, nascono in quegli anni vari prodotti a basso costo che seguono in maniera più o meno fedele i modelli di Romero e Fulci: ecco quindi film come Zombi Holocaust (1979) di Marino Girolami, Zombi Horror (1981) di Andrea Bianchi e il nostro Virus. La sceneggiatura è scritta da Claudio Fragasso insieme allo spagnolo J.M. Cunillés: Fragasso, futuro regista di horror cult e soprattutto maestro del nuovo poliziesco italiano, in quegli anni collaborava spesso con Bruno Mattei, facendo anche da aiuto regista (come nel film in questione, dove ha lavorato molto anche dietro la macchina da presa).

Picture 8La vicenda sembra mescolare gli scenari esotici di Zombi 2 con le tematiche “sociologiche” di Zombi. Virus presenta l’ipotesi agghiacciante secondo cui l’occidente ha costruito varie centrali nel terzo mondo (le centrali “Hope”, cioè “speranza”) per eliminare il problema della sovrappopolazione facendo divorare fra di loro gli indigeni. Nella centrale “Hope” della Nuova Guinea, l’esperimento sfugge però al controllo e una fuga di gas tossico trasforma tutti in zombi assetati di carne e sangue. Presto il contagio si diffonde nell’intero Paese: l’occidente invia una task-force di quattro soldati per distruggere la centrale e con essa le prove. Sulla loro strada incontrano una giornalista francese, Lia (Margie Newton), e il suo uomo, sopravvissuti a un attacco degli zombi. Il gruppo si mette dunque in marcia nella giungla della Nuova Guinea, fronteggiando torme di famelici morti viventi. Arrivati finalmente alla centrale, sono di nuovo assediati dagli zombi, e nessuno ne uscirà vivo. Nel frattempo, come vediamo nel finale, il virus si sta diffondendo in tutto il mondo: una conclusione apocalittica che richiama la trilogia di Romero e il finale di Zombi 2.

zom1Si diceva, all’inizio, delle musiche di Bacalov: pulsanti e frenetiche, in certi passaggi al limite dello psichedelico, sono già il primo segnale del modus operandi di Mattei (non solo in questo film). Si tratta infatti di un brano di recupero dal bellissimo noir di Fernando Di Leo Diamanti sporchi di sangue (1978), e “la colonna sonora di Virus, a cura di Gianni Dell’Orso, è stata assemblata quasi esclusivamente con materiali di repertorio dei Goblin” (Nocturno Cinema) – fra l’altro, si tratta delle suggestive musiche composte per Zombi di Romero, con i caratteristici bassi ostinati e percussioni cadenzate che creano un senso di profonda inquietudine. Virus, frutto di una co-produzione fra Italia e Spagna, è infatti un film low-budget, ma l’abilità del regista e degli altri artigiani maschera la scarsità di mezzi confezionando un gioiello del cinema di genere, un orgoglioso “B-movie” come non se ne fanno più da anni. Ecco quindi l’utilizzo di location spagnole (il film fu girato nei dintorni di Barcellona) per ricreare le località esotiche, con l’interpolazione di scene tratte dal documentario giapponese di Akira Ide Nuova Guinea, l’isola dei cannibali (1974): alcune inquadrature sono magari inutili (come gli animali che saltano al rallentatore) e le sequenze coi rituali indigeni possono risultare un po’ noiose, ma poco importa, tali scene lasciano presto il posto al sangue e all’azione, e sono anche utili per ricostruire uno scenario abbastanza realistico.

virus5Il punto forte di Virus, va detto, non è tanto il messaggio “sociologico” che viene trasmesso: L’inferno dei morti viventi è innanzitutto un prodotto d’intrattenimento, dunque è l’elemento gore e splatter che la fa da padrone, grazie a un ottimo lavoro artigianale di make-up. Vedremo quindi abbondanti schizzi di sangue, carne strappata a morsi da ogni parte del corpo, pasti a base di interiora appena estratte. Alcune scene sono indimenticabili: il bambino-zombi che divora suo padre in macchina (ricorda un po’ il suo simile che in Zombi Horror di Andrea Bianchi mangia il seno della madre), la donna anziana a cui fuoriesce un gatto dalla pancia decomposta, e l’orribile fine della Newton – a cui viene infilata una mano in bocca, strappata la lingua e fatti uscire gli occhi dall’interno. Notevole anche l’estetica degli zombi, dal classico incedere lento e con la pelle bianca o decomposta, come il prete zombi dal volto scarnificato. Le sequenze nella centrale “Hope” hanno un sapore quasi da film post-atomico: un genere che stava proprio nascendo in quegli anni, e che Mattei porterà all’estremo con un altro cult, Rats – Notte di terrore (1984); in esso sono fra l’altro presenti alcuni elementi – come la registrazione audio lasciata ai posteri e il topo carnivoro – che troviamo già in Virus. L’assedio nell’ambasciata e l’intervento della task-force sono invece sequenze d’azione che ricordano vagamente l’irruzione dei militari nelle case portoricane all’inizio dello Zombi romeriano.

italian-horror-zombie-creeping-fleshNel cast, la vera star è la bellissima Margie Newton, che nello stesso anno ha interpretato un ruolo di spessore anche ne L’ultimo cacciatore di Antonio Margheriti – uno dei migliori film di guerra italiani: in Virus la possiamo ammirare anche senza veli e dipinta come gli indigeni, nella scena in cui vuole accattivarsi la simpatia dei medesimi. Il volto più famoso è quello del caratterista italiano Franco Garofalo. Presente in numerosi film di genere (Il commissario di ferro, Occhi dalle stelle, L’altro inferno, Il sesso della strega e molti altri), col suo inconfondibile volto allucinato dà vita al personaggio più interessante del film: il soldato Santoro, psicopatico e tarantolato, che si diverte a sfidare gli zombi verbalmente prima di ucciderli. Gli altri membri della task-force sono interpretati da attori semi-sconosciuti in Italia: gli spagnoli José Gras (con lo pseudonimo di Robert O’Neil) e Luis Fonoll e il turco Selan Karay. Tutti interpreti di “seconda classe”, forse più caratteristi che attori, ma perfetti per l’atmosfera di Virus: il film si svolge infatti all’insegna dell’esagerazione quasi fumettistica, con personaggi sopra le righe e dialoghi divertenti che spesso sfiorano il “trash”, ma quel trash sano (e probabilmente voluto) che purtroppo manca nelle produzioni odierne.

httpv://youtu.be/nA3FiX9hn1g

VIRUS - VOTO: 5/5

Anno: 1980 - Nazione: Italia, Spagna - Durata: 95 min.
Regia di: Bruno Mattei
Scritto da: Claudio Fragasso e J.M. Cunillés
Cast: Margie Newton - Franco Garofalo - José Gras - Selan Karay - Luis Fonoll
Uscita in Italia: - Disponibile in DVD: CG Home Video (Collana Cinekult)

 

About Davide Comotti
Davide Comotti. Bergamasco, classe 1985, dimostra interesse per il cinema fin da piccolo. Nel 2004, si iscrive al corso di laurea in Scienze Umanistiche dell’Università degli Studi di Bergamo (laurea che conseguirà nel 2008): durante gli studi universitari, ha modo di approfondire la sua passione tramite esami di storia, critica e tecniche del cinema e laboratori di critica e regia cinematografica. Diventa cultore sia del cinema d’autore (Antonioni, Visconti, Damiani, Herzog), sia soprattutto del cinema di genere italiano (Fulci, Corbucci, Di Leo, Lenzi, Sollima, solo per citare i principali) e del cinema indipendente di Roger A. Fratter. Appassionato e studioso di film horror, thriller, polizieschi e western (soprattutto italiani), si occupa inoltre dell’analisi di film rari e di problemi legati alla tradizione e alle differenti versioni di tali film. Nel 2010, ha collaborato alla nona edizione del Festival Internazionale del Cinema d’Arte di Bergamo. Scrive su "La Rivista Eterea" (larivistaeterea.wordpress.com), ciaocinema.it, lascatoladelleidee.it. Ha curato la rubrica cinematografica della rivista Bergamo Up e del sito di Bergamo Magazine. Ha scritto inoltre alcuni articoli sui siti sognihorror.com e nocturno.it. Ha scritto due libri: Un regista amico dei filmakers. Il cinema e le donne di Roger A. Fratter (edizioni Il Foglio Letterario) e, insieme a Vittorio Salerno, Professione regista e scrittore (edizioni BookSprint). Contatto: davidecomotti85@gmail.com

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