Denti

Denti ha un enorme, irrisolvibile ed, ehm, castrante problema: non ha deciso da che parte stare.

Menzione d’onore all’italica promozione della pellicola: tra la pletora di suggestivi poster promozionali del film, è stato scelto quello di gran lunga peggiore e furbetto (qui di fianco). Che fosse un sottilissimo messaggio subliminale?

Anonimo midwest americano, terra d’ingombranti centrali nucleari e valori d’altri tempi scolpiti nel granito: Dawn O’Keefe (Jess Weixler) è bella, bionda , particolarmente naif, e dice sempre di no: strenua sostenitrice del locale gruppo di castità prematrimoniale, affronta con un profondo senso di colpa le prime, naturali pulsioni sessuali che la disinibita figura del fratellasto Brad (John Hensley) e l’intesa con Tobey (Hale Appleman) inevitabilmente portano con sè. Ma il ragazzotto, benchè sembri condividere le stesse idee di Dawn in materia sessuale, è un lupo travestito da agnello: alla prima occasione di vaga intimità, tenta di violentarla. Un strappo netto, ed il pene di Tobey diventa cibo per granchi: Dawn scopre infatti di essere stata dotata di una letale vagina dentata, assolutamente provvidenziale in quell’occasione, decisamente meno nella mera quotidianità. Da quel momento in poi Dawn dovrà fare i conti con la propria reale natura, una natura che affonda le proprie radici tra le nebbie del mito e che la rende suo malgrado l’incarnazione vivente della più ancestrale paura del genere maschile.

Denti ha un enorme, irrisolvibile ed, ehm, castrante problema: non ha deciso da che parte stare. Quella del crossover tra generi è pratica delicata ed equilibristica: necessita di dosaggi misurati, di un collante tanto forte quanto invisibile, di un’armonia nei contrasti tutta da inventare. Ed è, soprattutto, un efficace antidoto alla carestia d’idee. Il rischio più frequente e concreto è quello di creare una pellicola a compartimenti stagni, magari validi a sè stanti, ma fatalmente disomogenei nel contesto generale.

E (paradosso!) quando alla base c’è un’idea narrativamente forte da sfruttare, il pericolo di annacquare il tutto cresce in maniera esponenziale. Un pericolo incontro al quale la pellicola di Lichtenstein è andata dritta come un treno. Cos’è Denti? Una classica horror comedy? Una satireggiante allegoria sui tabù e sulle fobie sessuali della provincia americana? Una grottesca provocazione su pellicola, tra il serio ed il faceto? Un coraggioso lavoro filofemminista? Niente di tutto questo, o meglio, un po’ di tutto ( escluso il coraggioso lavoro filofemminista), a seconda del frammento di pellicola che ci si ritrovi a visionare. Non appena si crede di aver intuito quale sia il vero scopo, la vera finalità della pellicola, il tono della narrazione effettua una perentoria inversione ad U e si lancia verso nuovi, inesplorati lidi. Il regista non approfondisce, non imbocca l’una o l’altra via, promette orrore e rifila grottescherie, spara satira a salve e ritrae la mano, accontentandosi di saltellare bruscamente tra tagli narrativi diametralmente opposti, nel disperato tentativo di infilare nella storia tutte le possibili suggestioni del caso. Ma, al contrario della stragrande maggioranza delle pellicole a cui verrà accomunata, una valida ed efficace idea di partenza Denti l’avrebbe anche avuta, sarebbe valsa la pena di sfruttarla in una direzione più coerente ed approfondita, qualsiasi essa fosse, considerate le conseguenze del non averlo fatto.

L’Ultimo assalto ad una qualsiasi speranza d’omogeneità lo dà la caratterizzazione dei personaggi: tolta la protagonista principale, cesellata e molto ben interpretata da Jess Weixler – e meritatamente premiata con il Premio Speciale della Giuria al Sundance Festival – il resto della banda sembra esser messa insieme quasi fosse un noioso male necessario: lo stesso fratellastro della protagonista Brad, sul cui rapporto con Dawn è fondata buona parte del sottotesto della vicenda, è ridotto ad un vecchiotto stereotipo tagliato con l’accetta: grezzo metallaro tatuato, fuma come un turco, picchia qualche sfigatello di passaggio e sodomizza in stereofonia la povera fidanzata. Un manierismo riscontrabile anche sul versante più puramente tecnico: manca una fondamentale brillantezza nel ritmo, regia e montaggio si accontentano del lavoretto, incorniciati da un’orrenda fotografia di stampo televisivo. Denti è la delusione cinematografica dell’estate 2008, per un povero recensore che aveva sinceramente sostenuto la temibile vagina dentata sin dai primissimi vagiti dell’autunno scorso. Sniff.

Denti (USA, 2007)

Regia: Mitchell Lichtenstein

Sceneggiatura: Mitchell Lichtenstein

Interpreti: Jess Weixler, John Hensley, Josh Pais, Hale Appleman

Durata: 94 min.

Distribuzione: Dimensions Extreme

About Andrea Avvenengo
E’ nato nel terrore spiando Twin Peaks alla TV. Il tempo ha messo in fila passioni su passioni, raffinando (o imbarbarendo?) i gusti, ma senza mai scalfire la capacità del cinema fantastico di scaraventarmi indietro nel tempo, la mani davanti agli occhi, terrorizzato e fottutamente felice.

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