Cinema Chained

Chained

 Finalmente un bel film diretto dalla figlia di Lynch.

Quando aveva solo nove anni, Tim e la madre sono stati rapiti dal serial killer tassista Bob. La madre di Tim è stata barbaramente assassinata, mentre il bambino è rimasto schiavo in catene, costretto a seppellire i corpi delle donne che Bob attira in casa sua e poi uccide. Ormai adolescente, Tim condivide con Bob una depravata relazione padre/figlio. Ma può esistere una famiglia il cui unico legame sia l’orrore?

Alla quarta regia (se si esclude il corale  Girls! Girls! Girls! e alcuni exploit televisivi) la figlia di David Lynch, Jennifer, aggiusta il tiro e confeziona un buon thriller dal colpo d’ala finale non banale. L’unico problema di Chained è di arrivare dopo il recentissimo Bereavement di Steven Mena e di avere a grandi linee la stessa trama (un bambino viene rapito da un serial killer e ne diviene il probabile successore), ma fortunatamente presto il film della Lynch prende un’altra strada e soprattutto una scrittura personale abbastanza originale. Se Bereavement era l’horror anni 80 sporco, sanguinoso e malsano, nipote del Maniac di William Lusting, Chained è soprattutto un film che parla in più linee del  rapporto padre/figlio lasciando l’orrore degli omicidi (che comunque ci sono senza concessioni alla censura) nel sotterraneo.

Alla Lynch non interessa tanto il lato truce e banalotto della vicenda, le gole tagliate, la carne esibita un tanto al pezzo come merce da macelleria splatter, quanto i suoi personaggi che vengono ritratti come parodia di una famiglia, un po’ come Hooper tanto tempo faceva con i suoi Sullivan in Texas Chainsaw massacre. Abbiamo quindi il serial killer, interpretato da un ottimo Vincent D’Onofrio, che dorme davanti alla tv con una birra in mano e il bambino/ragazzo incatenato che pulisce e mangia gli avanzi della cena, non considerato e pertanto chiamato Coniglio tutto il film. Se Chained non abolisse quasi del tutto la sessualità dei personaggi ci sarebbe persino il dubbio di un rapporto anche carnale tra i due trasformando quindi l’assenza di una figura femminile (madre) nello stesso ragazzo tuttofare (figlio). La penetrazione sessuale viene sostituita dalle coltellate alle vittime (più volte la frase “Devi provare una donna” detta da D’Onofrio al suo sottoposto intende l’omicidio non l’amplesso), tanto che affiora presto il dubbio che questo killer taxista (figlio sconfitto e imborghesito più del Travis Bickle di Taxy Driver che del grottesco mietitore di Giallo) sia impotente. Il sesso appare in Chained come qualcosa di malsano: i numerosi flash sul passato dell’assassino mostrano la sua genesi a cavallo con un’altra (l’ennesima del film) decostruzione familiare, un incesto tra figlio e madre sotto gli occhi di un padre/padrone e di un bambino (un altro) che non potrà che, da grande, distruggere un’altra famiglia, la sua. Ma forse per Coniglio il futuro sarà diverso, anche se l’ambiguo finale con la ragazza salvata al massacro che dorme nello stesso letto della sua cattività lascia disorientati. Chained sembra dirci che paghiamo tutti gli errori dei nostri padri, siamo la somma delle paure così come delle gioie dei nostri genitori, e l’unico modo per camminare con le nostre gambe è il taglio del cordone ombelicale, qui visto in maniera parossistica come l’assassinio generazionale, d’altronde anche Coniglio dovrà macchiarsi del sangue dei suoi padri per essere, forse, un padre migliore. L’elemento femminile, Angela, la ragazza vittima predestinata per il primo sangue di Coniglio, è anche l’elemento rassicurante che fa scattare la ribellione adolescenziale del ragazzo, lo staccarsi dal nucleo familiare, la riproduzione, la pulsione che per lui non deve necessariamente tramutarsi in omicidio.

Chained ha una regia elegante, ma sul piano visivo la Lynch non ci aveva deluso neppure nella sua sfortunata e troppe volte vituperata gratuitamente opera prima, quel Boxing Helena che aveva deluso troppi spettatori soprattutto alla luce di un finale poco coraggioso. Se lì c’era ancora una patina videoclippara figlio degli anni 90 qui vige la minimalità riflessa anche dagli scenari e dell’arredamento asettico, ma soprattutto qui, come in Surveillance e nell’orribile Hissss, Jennifer (Chambers) Lynch non ha come modello l’inarrivabile padre, cercando una scrittura personale ed originale. Forte di un’interpretazione sottovoce del grandissimo ex Palla di lardo kubrickiano Vincent D’Onofrio, ormai, dopo The cell, a suo agio in un altro psicopatico, Chained risulta opera preziosa, da coccolare, che ha il pregio di raccontare una storia malsana senza fare scadere tutto nel triviale, ma appassionando sia lo spettatore mainstream che quello più esigente. Tutto il cast è comunque perfetto, dal giovane Eamon Farren al luciferino Jake Weber (Dawn of the dead) e si segnala le presenze come cammei di Julia Ormond, vecchia conoscenza della regista in Surveillance, e di Gina Philips, ex ragazza di Jeepers Creepers.

Chained - VOTO: 4/5

Anno: 2012 - Nazione: USA - Durata: 90 min.
Regia di: Jennifer Lynch
Scritto da: Damian O'Donnell (based on a e Jennifer Chambers Lynch
Cast: Vincent D'Onofrio - Eamon Farren - Jake Weber - Julia Ormond - Gina Philips
Uscita in Italia: - Disponibile in DVD:

About Andrea Lanza
Si fanno molte ipotesi sulla sua genesi, tutte comunque deliranti. Quel che è certo è che ama l’horror e vive di horror, anche se molte volte ad affascinarlo sono le produzioni più becere. “Esteta del miserabile cinematografico” si autodefinisce, ma la realtà è che è sensibile a tette e sangue.

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