Cinema Chernobyl Diaries: anteprima

Chernobyl Diaries: anteprima

In arrivo il nuovo lavoro del Re Mida dell’Horror Oren Peli.

L’Est Europa ha un innegabile  e più che solido legame con L’orrore. Pur senza addentrarci in complesse disamine socio-storico-politiche, non ci si può esimere dal pensare tale angolo di mondo come teatro di violenze inenarrabili, leggende da brivido, decadenza, natura selvaggia, insicurezza, tentazione peccaminosa, diffidenza. Tutti ottimi ingredienti da servire alla mercé di sua maestà paura. Da Dracula (1931, Tod Browning) a Hostel (2005, Eli Roth), da The Black Cat (1934, Edgar G. Ulmer) a Meteletsa (2011, Nikolai Pigarev), il cinema horror ha perseverato a più riprese nello sviluppare ambientazioni  fatiscenti e inquietanti, uniche nel loro genere, che solo la parte orientale del Vecchio Continente offre. La caduta del Muro di Berlino ha reso poi tutto più facile, non solo permettendo la nascita di una cultura Horror nelle varie nazioni d’oltre cortina (in particolare in Russia) ma soprattutto esonerando le troupe occidentali da rigidi controlli e divieti di produzione che fino agli anni Novanta rendevano praticamente impossibile girare un film da Nova Gorica a Vladivostok.

Oren Peli da sagace uomo d’affari, oltre che cineasta rampante,  non poteva che fiutare odore di verdoni nel produrre una pellicola ambientata nella più grande città fantasma del mondo, Prypiat, a pochi chilometri da Chernobyl, sede nel 1986 di un ecatombe nucleare di cui tutt’ora migliaia di persone in Ucraina e Bielorussia pagano un dazio altissimo in termini di salute. Prypiat, prima del giorno dell’evacuazione dei suoi cittadini, contava circa 47000 abitanti ed era non solo la città dormitorio dei dipendenti della centrale di Chernobyl, ma anche un fiorente centro economico e culturale. Allo stato attuale è un cumulo di palazzoni invasi da erbacce, rifiuti e detriti pur avendo sostanzialmente mantenuto l’architettura di ventisei anni fa. Una Silent Hill a tre ore da Kiev che forse nemmeno la mente diabolica e sopraffina di Ken Russel avrebbe saputo immaginare in cotanta intrinseca inquietudine. Un macabro e socculento  potenziale buisness per Oren Peli che, dopo il boom ottenuto con Paranormal Activity nel 2007 alla regia e con Insidous (2011, James Wan) nelle vesti di produttore, ci riprova con Chernobyl Diaries, sempre nelle vesti di producer, affidando la regia all’esordiente Brad Parker, noto come responsabile degli effetti video in Fight Club (1999, David Fincher), Blood Story (2011, Matt Reeves) ed I Padroni Della Notte (2007, James Gray). In questa scommessa dall’esito più che incerto Peli non sarà solo, ma si avvarrà della collaborazione di Brian Witten, ideatore brillante di numerosi successi come Final Destination (2000, James Wong), American History X (1999, Tony Kaye), Dark City (1998, Alex Proyas), Spawn (1997, Mark A.Z Dippè) e non ultimo lo splendido Mother’s Day (2010, Darren Lynn Bousman). In sostanza una supervisione sull’opera di altissima qualità. Vedremo se e quanto Brad Parker farà pesare la sua impronta su un film che sembra nato per lasciare poco spazio  all’inventiva del regista, stritolato tra due mostri dell’entertainment.

Il mago israeliano del found footage, soprannome più che appropriato per Oren Peli, ha scelto per Chernobyl Diaries non  il consueto cast di giovani esemplari aitanti di homo sapiens modellati da photoshop ma, dimostrandosi coraggioso ed a suo modo indi, attori poco famosi e nel complesso “umani”, tra cui il talentuoso Nathan Phillips, visto nel gradevole slasher australiano Wolf Creek (2005, Greg Mc Lean) e Jonathan Sadowski, il Wade di Friday the 13th, opera di rifacimento disgraziata a cura di Marcus Nispel del grande classico targato Sean S. Cunningham del 1980.

Veniamo alla storia la quale, di primo acchito forse un pò lineare e scontata, potrebbe riscattarsi attraverso uno sviluppo accattivante. Il trailer da poco uscito non lascia infatti allo spettatore la certezza di assistere a una ghost story, sebbene le premesse ci siano tutte, ma rinvia alla visione in sala ogni chiarificazione, regalando in tal modo un appetitoso retrogusto di smarrimento. L’ottimo montaggio e una fotografia come già detto sulla carta superba, non permettono di far chiarezza sulla tassonomia dei mostri dei quali celebreremo le gesta. Spettri, mutanti, zombi o semplicemente umani dimenticati e assai incazzati. Tutto è possibile. Certo è, invece, che a rimanere intrappolati nella radioattiva Prypiat saranno dei ragazzi americani in vacanza in Europa, ai quali viene la graziosa idea di darsi al turismo macabro. Il piccolo van che li ha portati nei pressi di Chernobyl non ha fatto il tagliando o roba simile. Guasto irreparabile, si fa sera, arriva il buio, e i giovani avventurieri si ritrovano a  passare la notte nella città fantasma. Scopriranno presto di non essere soli. La Warner Bros, nelle vesti di distributore americano della pellicola punta in alto, dichiarandosi certa del successo e fiera del lavoro di Oren Peli e della sua squadra. Per l’Italia distribuirà M2 Pictures, ormai lanciatissima lungo i sentieri del terrore dopo la divulgazione per il nostro mercato di Nurse 3D (Douglas AArniokoski, in post produzione al momento) e ATM-trappola mortale (David Brooks, 2012). Uscita negli States a Maggio. Nel nostro paese in sala a estate inoltrata.


 

About stefano paiuzza
Appassionato d'horror da tempi recenti ma affascinato dalla paura da sempre. Ama in particolar modo il cinema europeo ed extra hollywoodiano in genere. Sogna una carriera come critico cinematografico e nel frattempo si diletta tra letture specifiche e visioni trasversali. Lavora a stretto contatto con la follia o forse è la follia a lavorare su di lui. Se fosse un regista sarebbe Winding Refn, uno scrittore Philip Roth, un animale una tartaruga. Ha pronto uno script per un corto ma non lo ha mai fatto leggere. Citazione preferita: "La dittatura è dentro di te" Manuel Agnelli.

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