Apocalittico Incubo sulla città contaminata

Incubo sulla città contaminata

Incubo sulla città contaminata è brutto, ma di un brutto che rasenta il bello.

Dean Miller, giornalista televisivo, è incaricato di intervistare un famoso scienziato che sta per atterrare all’aeroporto cittadino. Ma insieme allo scienziato scendono anche dei mostri che travolgono le forze di polizia e invadono la città. La causa della mutazione dei passeggeri è una fuga radioattiva da una centrale atomica. Essa determina la trasformazione degli esseri viventi in terribili appestati mossi da furia omicida.

Incubo sulla città contaminata è un brutto film, ma di un brutto sublime, come tante pellicole italiane degli anni 80, figlie di una produzione sciacallesca che le voleva a giocare a fare gli americani con i soldi delle merendine. Piena di scatenata fantasia, la pellicola di Umberto Lenzi, glorioso artigiano del nostro poliziesco (suoi importanti film di genere a cavallo tra i 60 e i 70), viene penalizzata da interpretazioni atroci, da pessimi e posticci trucchi e da una regia stanca e mai convinta. Eppure c’è da divertirsi, se ci si tappa il naso e si dimentica la confezione abborracciata, perchè Incubo sulla città contaminata fa parte di un cinema che non esiste più, quello dei Bruno Mattei, dei Claudio Fragasso, dei Giuliano Carmineo, degli pseudonimi usati per confondere gli spettatori. E’ cinema italiano che non ha paura (o vergogna) di cimentarsi coi generi, di rileggere grandi classici come Terminator o La casa, di creare una scuola non capita, ma imitata negli anni a venire fino alla nausea dagli stessi americani scimmiottati.

Eccolo il cinema italiano che muta, diventa un serpente, si scrolla di dosso l’eleganza degli anni 70 o l’eroticofollia dei vari Batzella o Polselli, è cimema fatto di frattaglie sanguinose, di pajata che richiama i carabinieri, è un cinema cannibalico che finirà per consumarsi purtroppo come il Niko Tanopulos di Massaccesi, autodivorandosi. Sono gli anni dei Fulci, di Demoni, di Dario Argento pre artereosclerosi artistica, di un decennio mandato un po’ da tutti a fanculo, ma che creava bellissime storie ed altre orribili, ma che al pari ci mancano. Incubo sulla città contaminata è tutto quello che il cinema italiano di genere poteva dare al massimo apice, la sua miseria produttiva, il suo essere multietnico tra coproduzioni varie, Messico, Spagna, chi ne ha più ne metta, il suo scritturare vecchi dinosauri di una Hollywood ormai estinta (Mel Ferrer), promuovere a ruoli importanti prezzemoline senza talento pronte alla causa del seno mostrato, paladine di un femminismo da commedia scollacciata, e poi il sangue a fiotti malgrado armi di gommapiuma, malgrado make up da Gardaland, malgrado storie scritte su un post it. Ma il riciclo è un po’ come il sonno della ragione, genera mostri, e mostri bellissimi che sono le idee, le stesse idee che nascono quando la fame avanza, quando il lavoro non c’è, e noi, popolo di marinai, poeti, santi e puttane, ci improvvisiamo quasi come Totò a vendere Colossei a stranieri facoltosi.

Ecco allora che gli zombi non zombi corrono prima di Dan O’ Bannon e del suo Il ritorno dei morti viventi, ecco allora che, motherfucker badass, questi impestati sparano, ragionano, ti tendono le trappole come ninja e anche se non mordono, ahi, sono pronti a metterti un bel attizzatoio nell’occhio, magari senza neanche sapere chi è Bunuel e il suo Chien Andalou. Tarantino esulta, cita Lenzi in ogni dove, il frammento Planet Terror è stracitazionista di Incubo nela città contaminata, noi in Italia arriviamo sempre tardi, magari relegando questo horroraccio in cicli come I bruttissimi. Però l’abbiamo detto anche noi Incubo sulla città contaminata è brutto, ma di un brutto che rasenta il bello, perchè è vero che Lenzi non era più in forma, è vero che Hugo Stiglitz (ancora Quentin che lo eleggerà a nome aureo nel suo Bastardi senza gloria) è espressivo tanto quanto i contaminati coperti di lattice, ma, Madonna santa, quando si sente la musica potentissima di Stelvio Ciprani, quando Maria Rosaria Omaggio nasconde sotto la creta cadaveri, quando il film diventa una sorta di archetipo di Final destination, scatta il wow un po’ nerd e l’applauso. Ecco che la celluloide si fa carne, gli errori diventano pregi ed è impossibile non amare Incubo sulla città contaminata, anche se è brutto, perchè è uno di quei film che arriva al cuore e ci commuove, noi i sopravvissuti, i nuovi zombi di un cinema morto e sepolto.

Incubo sulla città contaminata

Regia     Umberto Lenzi
Soggetto     Antonio Corti, Luis Maria Delgado, Piero Regnoli
Fotografia     Hans Burman
Interpreti: Hugo Stiglitz, Laura Trotter, Maria Rosaria Omaggi, Mel Ferrer, Francisco Rabal
Paese     Italia
Anno     1980
Durata     92 min
Disponibile in dvd

About Andrea Lanza
Si fanno molte ipotesi sulla sua genesi, tutte comunque deliranti. Quel che è certo è che ama l’horror e vive di horror, anche se molte volte ad affascinarlo sono le produzioni più becere. “Esteta del miserabile cinematografico” si autodefinisce, ma la realtà è che è sensibile a tette e sangue.

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Comments

Posted On
gen 17, 2012
Posted By
Elvaira

Bellissima recensione che mi ha fatto venire voglia di rivederlo, tanto in qualche oscurissimo e dimenticato dvd “misto” ce l’ho!

Posted On
gen 19, 2012
Posted By
Marcello Gagliani Caputo

Pensa che ho scritto a Lenzi per un lavoro che sto seguendo e lui ha tenuto a specificarmi che questo non è un film di zombie e che lui aborra il genere zombesco…

Posted On
gen 20, 2012
Posted By
Andrea Lanza

Guarda posso anche fare un film dove il mio protagonista succhia il sangue e ha paura del sole, ma non è un cadavere e dire non è un vampiro, ma sempre vampiro rimane.

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