Cinema GODSEND

GODSEND

Esiste già un precedente con l’identico titolo e trama, tutto sommato, non così lontana da questo secondo film americano del regista inglese Nick Hamm, già autore un paio d’anni fa del claustrofobico The Hole.

Uscì nel 1980 e in Italia non si vide mai, quantunque la Sonzogno ne avesse stampato il libro ispirativo di Bernard Taylor, lanciato sul mercato con il titolo Baby Satana. Allora la storia, diretta con mano ferocemente neutrale da Gabrielle Beaumont, ruotava attorno a una neonata adottata da una famiglia americana con già quattro figli a carico.

La bambinetta, una volta raggiunta la minima età per nuocere,  da buon “dono di Dio”, si faceva fuori tutta la concorrenza familiare, fratellini e amichetti compresi, per rimanere da sola a ricevere coccole da mamma e papà. Si chiamava Bonnie, tutta occhioni e riccioli d’oro, mentre il Godsend versione 2004 è maschio, non meno inquietante ed è stato battezzato con simbolismo quanto mai dichiarato Adam, non a caso come il primo uomo della storia dell’umanità, concepito pure lui nel laboratorio divino.

Ma partiamo dall’inizio, da un prologo terribile che pone una domanda (con risposta adeguata) di assoluta semplicità, ovvero quanto chiunque di noi sarebbe disposto a fare per vedere tornare sulla Terra la creatura più amata – un figlio ad esempio – strappata ai nostri affetti dal più crudele dei destini. E’ ovvio: umanamente saremmo disposti a percorrere anche le vie dell’impossibile. Così, quando uno spaventoso incidente tronca a otto anni la vita del loro unico figlio Adam (un candido e inquietante Cameron Bright), Paul Duncan (Gregg Kinnear) e sua moglie Jessie (la mai troppo magnificata Rebecca Romijn-Stamos di Femme Fatale) sentono di non avere più altri scopi nella loro vita andata a rotoli se non quello di sfidare Dio e le leggi dell’universo perché tutto possa tornare a un secondo prima della sciagura.

Ma se il viaggio a ritroso nel tempo è di pertinenza ancora della fantascienza, la clonazone pare non lo sia più e il miracolo s’incarna nelle misteriose fattezze di uno scienziato specializzato nella ricerca genetica, Richard Wells (sui rimandi dei nomi e cognomi gli sceneggiatori sono andati sul pesante…), un luciferino Robert De Niro, che si dichiara disponibile e in grado di clonare un nuovo Adam, recuperando il DNA dal cadavere deturpato del ragazzino. Ovvio che la procedura è illegale e altrettanto prevedibile che, dal momento in cui i Duncan accettino la proposta, la loro vita debba per forza di cose subire una rivoluzione a 360° per proteggere un segreto a dir poco imbarazzante. Ma così è né potrebbe essere diversamente. Un nuovo Adam nasce e una nuova coppia si ripropone in una scena pubblica lontana mille miglia da quella precedente. Otto anni trascorrono in un soffio e i Duncan sembrano apparentemente felici con questo figlio “quasi” uguale al precedente, che sta per superare la boa di un periodo della vita che il primo non ha mai sperimentato.

Ed è a questo punto che inizia il crescendo di terrore che ci fa capire che il test di Wells non è andato secondo le previsioni: “questo” Adam inizia a fare lo strano e a guardare storto, a provocare incidenti e a comportarsi da “posseduto”, come se qualcosa nelle sue cellule clonate lo spingesse a oltrepassare limiti impensabili per un ragazzino di otto anni. Sembra “possessione”, ma non lo è e, senza guastarvi la sorpresa, possiamo solo sottolineare che la soluzione del dramma non è così scontata, avendo a che fare più con l’horror puro che non la fiction tecnologica di apparente competenza narrativa. In realtà Hamm (e con lui lo sceneggiatore Mark Bomback, che ha lavorato sul copione di Costantine, basato sul comic della DC Hellbazer, e ha appena ultimato quello di Die Hard 4) si è adeguato a una delle più recenti leggi di mercato nel campo dei sottogeneri, quello della fusione a tavolino di situazioni e tendenze che hanno più di altre funzionato al botteghino.

Se in The Exorcist-The Beginning, in ambedue le versioni, Indiana Jones se la deve vedere col satanic movie, perché mai un demon child (quell’archetipo del fantastico, mutuato dalla letteratura vittoriana, che noi chiameremmo, alla John Whyndam, “bambino dannato”) non dovrebbe sfangarsela con la speculative fiction dove i terrori biogenetici la fanno da padroni? Con un buon scrittore tutto diventa percorribile e, per quante similitudini il gelido Adam esibisca con il filone dei ragazzini posseduti, la spiegazione sta altrove, nei geni, in qualcosa di ereditario e di mostruosamente imprevedibile. In ogni caso Godsend è più film di attori che di effetti speciali e si propone d’impaurire senza ricorrere a trucchetti risaputi. Per di più il fatto che non sia horror nel senso stretto del termine è, secondo Hamm, un elemento di maggiore appeal. Singolare anche la dichiarata difficoltà del regista nel far concludere degnamente il film: esistono infatti ben cinque finali girati, di cui avremo cognizione solo quando uscirà il DVD.

 

GODSEND

Regia: Nick Hamm
Sceneggiatura: Mark Bomback
con: Gregg Kinnear, Rebecca Romijn-Stamos, Robert De Niro, Cameron Bright, Jenny Levine
Durata: 1,42
Usa, 2004
Distribuzione: Italian International Film

About Danilo Arona
Danilo Arona (Alessandria, 28 maggio 1950) è uno scrittore, giornalista e saggista italiano. Per anni si è occupato di narrativa fantasy e mistery, tenendo conferenze sulla letteratura fantastica e collaborando alla scrittura di sceneggiature. Ha scritto saggi sul cinema dell'orrore e su alcuni esponenti di punta di questo tipo di cinema, quali Wes Craven e Stephen King. Ha pubblicato, tra gli altri, con la Mondadori, Marco Tropea, Gargoyle Books, Corbaccio, Dario Flaccovio e Mezzotints.

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