Intervista film I Saw the Devil: Parla il Regista

I Saw the Devil: Parla il Regista

Non credo che gli elementi classici dell’horror e quelli tipici della commedia siano così differenti“.

E’ una delle pellicole più belle della scorsa stagione: violenta, disperata e visivamente eccezionale, il sudcoreano I Saw The Devil potrebbe – ovviamente – non raggiungere mai i lidi italiani. Nella speranza che qualcosa si muova, vi proponiamo quattro chiacchiere con il suo regista Jee-woon Kim. Tnx to Bloody-disgusting.com.

Al contrario di quanto successo in passato, questa volta non sei autore della sceneggiatura del film. Come sei entrato in contatto con lo script di I Saw The Devil?

Ero in ballo con questa pellicola americana che è stata rimandata per più di un anno e nel mentre Min-sik Choi, quello che diverrà il villani protagonista di I Am The Devil, mi ha proposto questa sceneggiatura; non appena l’ho letto sono rimasto colpito dalla potenza grezza della storia, e ho deciso di accettare la sfida. Quello che mi ha colpito è il diverso punto di vista che sa proporre nei confronti del concetto di vendetta, nuove idee che non aspettavano altro che essere messe su pellicola.

Sembra che per la distribuzione coreana tu abbia dovuto proporre una versione diversa del montaggio finale. Cosa hai dovuto tagliare?

In effetti un paio di scene erano particolarmente ostiche per i parametri coreani. Si tratta di due momenti particolarmente forti che più che bocciare in toto, ho dovuto sfumare tramite un montaggio che escludesse i fotogrammi più espliciti. La mia impressione è che sia stata più la paura di quello che sarebbe stato che l’effettiva portata della violenza di quelle scene a impormi quelle correzioni nel montaggio.

Nonostante la pellicola abbia momenti di indiscutibile brutalità, è punteggiata da diversi elementi tipici della black comedy, tanto che alla fine le due componenti sembrano quasi equipararsi. Quant’è stato difficile raggiungere questo tipo di equilibrio?

Non credo che gli elementi classici dell’horror – tutto quello che è in grado di spaventare – e quelli tipici della commedia – tutto quello che è in grado di fare ridere – siano così differenti: del resto entrambi lavorano sulle dinamiche della sorpresa e dell’inatteso. Dopotutto le vite di ognuno non sono mai completamente divertenti o completamente oscure, e adoro creare una scena che sembra prende una certa piega salvo poi sterzare improvvisamente in una direzione del tutto inaspettata.

Il film è stato ovviamente paragonato alla Trilogia della Vendetta di Chan-wook Park. Come ti sei relazionato con quel lavoro?

La Trilogia della Vendetta è ovviamente qualcosa con cui dover fare i conti quanto si decide di affrontare certe tematiche, ma penso di aver lavorato con un’occhio di riguardo in più nei confronti della cinematografia di genere rispetto a quanto fatto da Chan-wook Park. La cosa più interessante è stato vedere i commenti del pubblico in Rete. C’è stata grandissima divisione: secondo alcuni è stato il film migliore della mia carriera, secondo altri il peggiore. Uno dei commenti più curiosi diceva che il mio film ha fatto capire al suo autore quanto odiasse Chan-wook Park e la Trilogia della Vendetta!

Sei fan degli horror di matrice più puramente americana?

Non sono particolarmente legato ai film di matrice gore: mi interessano molto di più i thriller e i noir che sono in grado di incorporare al proprio interno elementi di violenza visiva estrema. Se dovessi scegliere dei registi, direi i fratelli Coen e David Fincher.

Il tuo A Tale of Two Sisters è stato rifatto negli USA con il titolo The Uninvited. Cosa pensi di quel lavoro, e ti occuperesti di un remake yankee di I Saw the Devil?

Penso che la vera sfida di un remake sia quella di riuscire a riproporre lo spirito della pellicola originale, e che farlo facendo a pezzi per intero un film e poi riproporlo in una nuova, valida versione sia il problema alla base di ogni remake di pellicole straniere. Pensiamo al remake USA di Let the Right One In: la versione originale ha saputo proporre un insieme di suggestioni ed atmosfere che a mio avviso nella trasposizione yankee sono andate quasi del tutto perse. E’ anche un limite culturale e linguistico. Se I Saw the Devil venisse rifatto, il punto di maggior interesse credo risiederebbe nella differente riproposizione delle dinamiche tra il protagonista e l’uomo che è sulle sue tracce; una progressione più studiata e cervellotica delle loro dinamiche sarebbe un buon punto di partenza per un remake.

 

About Andrea Avvenengo
E’ nato nel terrore spiando Twin Peaks alla TV. Il tempo ha messo in fila passioni su passioni, raffinando (o imbarbarendo?) i gusti, ma senza mai scalfire la capacità del cinema fantastico di scaraventarmi indietro nel tempo, la mani davanti agli occhi, terrorizzato e fottutamente felice.

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