Claudio Vergnani recensisce il romanzo da cui è stato tratto “Angel Heart”, il film diretto da Alan Parker e interpretato da Mickey Rourke.
In un’epoca di piattezza espressiva, di finali a sorpresa che a sorpresa non sono, di personaggi che si scimmiottano a vicenda sino a rendersi l’uno la caricatura dell’altro (vogliamo parlare dei tanti monaci investigatori che hanno messo a durissima prova la nostra pazienza dopo la pubblicazione de Il Nome della rosa di Eco?), di ricerche trafelate e convulse (e spesso francamente sconclusionate) in ambiti esoterici, di rivelazioni evangeliche segrete (segretissime, le più segrete di tutte), di nuovi apostoli sconosciuti, ennesimi (e stucchevoli) misteri templari, di trame smontate e ricostruite su piani temporali allucinati e frammentari (come vecchie matrioske russe pescate sui banchi di un mercatino dell’usato), di opere – letterarie e cinematografiche – che ripiegano sul remake per poter dire – si badi – qualcosa di nuovo… In un’epoca così caratterizzata, dicevamo, dovrebbe stupire che per trovare un genuino colpo di scena, ben congeniato, originale e realmente disorientante, si debba ripescare un romanzo pubblicato nell’ormai lontano 1978.