The Returned

Carballo offre un punto di vista inedito sugli zombie in un film asciutto e feroce: non più feroci cadaveri deambulanti ma malati vittime di pregiudizio.

Uno degli elementi più importanti per distinguere un film horror valido dalla “bassa macelleria” è la sua capacità di essere una cartina di tornasole per le paure e per i cambiamenti in atto nella società. Lo zombie “moderno” fin dalla sua prima apparizione nel capolavoro di Romero La Notte dei morti viventi, è sempre stato una figura particolarmente adatta ad esser riempita con metafore e riflessioni sulla società e sui suoi valori. Di volta in volta i morti viventi assumevano una valenza differente e si facevano portatori di nuovi significati: si parta dallo zombie “consumista” di Zombi di Romero fino ad arrivare all’episodio Homecoming della serie Masters of Horror diretto da Joe Dante in cui gli soldati non morti si fanno portavoce di un messaggio antimilitarista. Manuel Carballo sembra aver appreso molto bene questa lezione come si evince dalla visione di The Returned.

In un mondo piagato dall’epidemia di morti viventi, è stata scoperta una cura provvisoria che assunta quotidanamente permette a coloro che sono stati contagiati di non trasformarsi in zombie. Kate lavora in una struttura ospedaliera occupandosi dei cosidetti “Ritornati”, persone contagiate bisognose di cure. La sua dedizione al lavoro è assoluta perché dettata da un segreto che condiziona la vita di Kate: suo marito Alex è un Ritornato e per lui Kate cerca di procurarsi quante più scorte di farmaco è possibile. Le cose sembrano scorrere tranquille e senza scossoni ma la pace è solo provvisoria perché le scorte del farmaco stanno per terminare. Kate e Alex si ritroveranno soli contro odio, pregiudizio e tradimento.

Carballo con The Returned compie un operazione molto simile a quella fatta a suo tempo da Neill Blomkamp con District 9: utilizzare il genere per parlare di qualcos’altro. Se nel caso di Blomkamp si trattava degli alieni usati come metafora per la segregazione razziale, Carballo usa i suoi Ritornati per parlare della Malattia e di come essa alteri i rapporti tra le persone. The Returned dipinge una società individualista in cui le persone in difficoltà sono viste come un peso da cui prendere le distanze o nel peggiore dei casi come una minaccia di cui disfarsi. Mentre in District 9 Blomkamp non lesinava sugli effetti speciali e sulle sequenze ad effetto, Carballo in The Returned sceglie una strada differente, uno stile più sobrio: il sangue è ridotto al minimo, la violenza, intesa come atto esplicito, è quasi assente, gli spaventi non sono contemplati. L’appartenenza al genere horror è data più dallo spunto iniziale che non dagli avvenimenti mostrati. Il film si configura più come un film drammatico che non come un zombie movie.

La storia scorre senza intoppi fino a un finale che è un capolavoro di sadismo. Con uno spunto così, la malattia, la solitudine, sarebbe stato molto facile scivolare nel patetismo e nel didascalico ma Carballo evita questa trappola e si dimostra abile nel non rendere la vicenda lacrimevole. Anche nel suo atteggiamento nei confronti dei personaggi non traspare alcun giudizio: non ci sono personaggi esclusivamente positivi o prettamente negativi ma solo esseri umani alle prese con situazioni drammatiche. Questo è reso possibile anche dalle interpretazioni sofferte e sempre credibili del cast, in special modo dell’interprete di Alex, Kris Holden-Ried che restituisce un interpretazione davvero convincente.

In conclusione The Returned è un film consigliato a chi ama il cinema di genere che parla del reale e del mondo che ci circonda e ascrive Carballo al novero dei registi da tenere d’occhio.

 httpvh://youtu.be/KvShW5HxYZ4

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