Editoria La caduta – Guillermo Del Toro – Chuck Hogan

La caduta – Guillermo Del Toro – Chuck Hogan

Simili a spiriti maligni, i non morti continuarono ad arrivare. Come evocate dagli edifici circostanti, ondate su ondate di livide creature dalla lingua scivolosa sciamarono dai piani inferiori. No, non stiamo parlando di zombie. I figli della notte di Guillermo Del Toro e Chuck Hogan sono revenantes, wurdalak, strigoi, in una parola, vampiri. Creature ancestrali, archetipi cui ogni popolo, ogni generazione, ha dato un nome diverso, nel tentativo di sigillarne in sillabe a misura d’uomo la forza e l’orrore. Incarnando, a seconda del tempo e delle latitudini, La progenie del male in icone allo stesso tempo familiari ed estranee, in bilico tra sapere iniziatico e cultura pop.

Al suo debutto The Strain l’opera di Guillermo Del toro e Chuck Hogan (primo volume della Trilogia della notte eterna) è stata salutata come una «rivisitazione» del mito del vampiro. Un termine abusato che spesso ha offerto una comoda via di fuga verso il ridimensionamento del mostro, la sua spendibilità in trame comedy e rosa, il passaggio in più gestibili generi della fiction conservando in parte l’allure orrorifica.  La caduta (titolo originale The Fall, seconda parte del trittico) dimostra che quella di Del Toro & Hogan è un’operazione non di rivisitazione ma di sintesi. Nei figli del Padrone (questo il nome dell’immortale protagonista della saga) ritroviamo caratteristiche della tradizione sumera, elementi del folklore mittleuropeo fin de siecle e suggestioni postmoderne. Il punto di vita del romanziere, dell’antropologo e dello scienziato si alternano nell’analisi approfondita di ogni sfaccettatura metafisica e fisiologica del vampiro. Joseph Sheridan Le Fanu e Richard Matheson, Bram Stoker ed Emilio de’ Rossignoli convivono nel riportare alla mente dei personaggi (e del lettore) la più evidente e negata delle verità: i vampiri sono sempre esistiti e noi abbiamo sempre saputo della loro esistenza. Del resto ci sono cose che sappiamo di non sapere e cose che non sappiamo di non sapere. E poi ci sono cose che scegliamo di non sapere. Le mandiamo in fondo a un angolo della mente, nel buco nero delle conoscenze comuni alla razza umana. «Però questo pozzo di paura è così profondo, in tutti i popoli e in tutte le culture, che non è mai scomparso». Si è accresciuto, in profondità e capienza con ogni angoscia collettiva, ogni rimosso.

Dal suo cuore più buio provengono vampiri che sono allo stesso tempo creature e virus. Si nutrono di sangue e si riproducono attraverso esso. Nelle loro vene scorre una sostanza ematica bianca cosparsa di vermi capillari. Sono quest’ultimi a passare nell’ospite umano dando il via alla mutazione del suo corpo. Gli organi della vittima avvizziscono, dal cuore ai genitali esterni (che vengono via come prugne secche), gradualmente sostituiti da nuovi apparati. La laringe si libera delle vie respiratorie e dell’esofago, si espande in una protuberanza retrattile, metà lingua e metà pungiglione, che servirà per la nuova alimentazione. Un processo tutto sommato veloce, ma doloroso, che passa per una fase di demenza in cui la nuova creatura è vulnerabile e completamente dipendente dalla volontà di chi l’ha trasformata. Una fase che coincide con il primo stadio della pandemia di cui il vampiro – «corruzione della carne e dello spirito» – è portatore. Al momento del risveglio i vampiri appena fatti sono simili a cuccioli. Si muovono insieme, si cercano tra loro, sono impacciati nei movimenti. Cercano rifugio sotto terra ed escono solo di notte.


Agli occhi dei loro cari, i primi da cui cercano soddisfazione alla fame che li divora, appaiano né più né meno che walking dead. Sporchi, afasici, voraci. Esseri che vivono per nutrirsi e celebrano il godimento della suzione defecando e orinando su di sé e intorno a loro. Non proprio dei “principi” della notte, eppure vampiri allo stato puro. Si evolveranno, acquistando consapevolezza di sé e coscienza collettiva. Prenderanno forza dall’esperienza e dalla condivisione della volontà del loro creatore e dei loro fratelli. Con il passare degli anni, dei secoli, si libereranno degli ultimi orpelli della loro carcassa umana. Via il naso e le orecchie, spariti i peli e i capelli, la faccia scolpita dal vento e dalle intemperie, fino a somigliare a una roccia slavata. L’epidermide ridotta a un sottile foglio, sotto il quale i vermi si agitano e si contorcono, gli occhi illuminati da una luce rosso fuoco. Non esattamente dei campioni di bellezza, eppure oscena apoteosi di essa. Sono monstrum, ciò che meraviglia e attira, ipnotizza e fa distogliere lo sguardo. Ma perché così tanti e perché solo ora? Anche questa verità è diretta conseguenza della loro più profonda natura. Per spiegare come il vampiro sia passato da nemico individuale a portatore d’Armageddon, da cacciatore solitario a esercito di massa, Del Toro e Hogan attingono a uno dei simboli magici più diffuso e potente, il numero sette.

Tutti i vampiri esistenti sono derivazione, progenie, di sette immortali, ognuno scaturito da un luogo cui è legato per l’eternità. Come i loro figli non possono sopravvivere alla luce del giorno e sono vincolati a un limite fisico: gli è impossibile attraversare l’acqua corrente. Sono tutti potenti ma tra loro il settimo, ovvero il Padrone, è «il più ambizioso, il più affamato e, in un certo senso, il più giovane». L’ultimo a essere creato dal posto che ha generato «la bocca, la gola, la sete». Una sete di potere che ha portato i sette a dividersi per il mondo e a stabilire una tregua. Una tregua costruita sulla diffidenza reciproca, ma anche su un legame impossibile da sciogliere. Gli antichi originari hanno un solo nome «Sariel, come avevano condiviso una sola natura e un solo scopo». Si riproducono con giudizio, perché l’equilibrio non sia rotto. Solo umani altamente selezionati vengono ammessi nella loro elite. Per accedere alla vita eterna portano in cambio ingenti ricchezze, che permettono alla specie di prosperare nel buio e nel segreto, in attesa di un mondo privo di sole, che li vedrà tutti padroni. Per avere uno scopo individuale il Padrone dovrà eliminare gli altri sei. Sovvertire l’evento che li ha generati, scatenare l’Apocalisse sulla razza cui appartiene per farne la sua razza. Un processo che prevede lo sterminio degli umani, un’apocalisse nell’apocalisse. Per il trionfo del primo dei figli della notte, espressione ultima dell’individualismo che permea il mostro-vampiro, è necessario che la sua stirpe si faccia infinita, oceanica. Vampiri come ratti, che sciamano dai meandri della civiltà senza più paura di essere scacciati, cellule dormienti che si animano autonomamente ma perseguono, a distanza, l’obiettivo della mente che tutti li guida.

Il che fa del Padrone il più grande terrorista di tutti i tempi. Uno che ha imparato ad affinare l’orrore nei campi di concentramento umani e che ha guardato con interesse all’undici settembre. Non a caso il suo piano di dominio prende forma in un lager nazista e la sua prima mossa si gioca a bordo di un aereo di linea americano usato come bomba batteriologica. Esistono tanti modi di definire l’Apocalisse, infiniti quanto le paure umane. Gli autori partono de quello più immediato, l’eschaton biblico dei «morti che camminano sulla terra», per esplorarne i più vicini allo spirito del nostro tempo. L’Apocalisse è la Fine in quanto avvenimento catastrofico che la rievoca creando una frattura insanabile nel mondo come lo conosciamo, nel nostro modo di vivere o di pensare. L’Olocausto è stato l’Apocalisse del mondo occidentale. La lancinante scoperta del lato oscuro dell’Europa e per esteso dell’umanità, l’orrore dopo il quale (illusione!) nulla sarebbe stato più lo stesso. E’ nel campo nazista di Treblinka che il Vampiro conosciuto come il Padrone incontra la sua nemesi umana. Un uomo che la follia nazista ha cercato di ridurre a cosa, ma che è sopravvissuto. Abraham Setrakian, prigioniero ebreo sfuggito alla morte e ai non morti per consacrare la sua vita alla lotta contro i vampiri. Setrakian il sopravvissuto, il testimone dell’Apocalisse che vivrà abbastanza a lungo per carpirne il senso più profondo: La fine non è mai la fine. «La disumanità dell’uomo verso l’uomo aveva stuzzicato l’appetito del mostro per la strage. Con le atrocità commesse, gli uomini avevano firmato la loro stessa condanna alla nemesi finale, avevano dato il benvenuto allo strigoi come per profezia».

Dal fiore avvelenato del genocidio nazista si sviluppa il diabolico piano di conquista del Padrone: divenire l’unico degli antichi e trasformare gli umani bestie a scopo nutrizionale. Tenendone in vita il numero necessario al sostentamento della nuova stirpe unica, ammassandoli dentro recinti al pari di mucche da macellazione. L’innesco di una sciarada dove ogni Apocalisse ne preannuncia un’altra. Primo: la pandemia. Aiutato da un magnate il Padrone usa se stesso come vettore del contagio. Supera il mare a bordo di un aereo il cui intero carico umano giungerà nel cuore del nuovo mondo, New York, infettato e in stato di morte (apparente). Con la complicità dei vertici politico-militari del paese e la concomitanza, cruciale, di un eclissi solare, il contagio si diffonde senza ostacoli negli Usa e nel resto del mondo. Secondo: l’inverno nucleare. Mentre il virus viaggia spedito attraverso le principali metropoli del globo l’esplosione mirata di alcuni reattori nucleari permette al signore delle tenebre di raggiungere un doppio scopo. Distruggere i luoghi d’origine dei suoi rivali immortali, spazzandoli via, e avviare il globo a uno stato di buio semiperenne causato dai funghi atomici. Cacciati, sterminati, affamati e privati della protezione della luce gli umani si avviano a una clamorosa presa di coscienza.

«Perché insistiamo a credere che in qualche modo siamo qualcosa in più degli animali? Guardiamoci. Essenzialmente una collezione di cellule coordinate da segnali chimici. E se un organismo invasore prendesse il controllo di quei segnali? Se cominciasse a impadronirsi di noi, uno a uno? Riscrivendola nostra vera natura, convertendoci ai suoi mezzi? Impossibile, dite? Perché? Pensate che la razza umana sia “troppo grande per fallire”?». Ecco l’ultimo senso dell’apocalisse, la Fine come rivelazione, visione, non più parziale, della nostra vera natura. Una conoscenza assoluta che abbiamo avuto sempre avuto sotto gli occhi, disseminata negli infiniti segni che annunciavano la fine. Tutto ciò che accade prima della fine la annuncia, la determina, la verifica. Tutto ciò che accade dopo la conferma, la sublima, la rende inedita e conosciuta al tempo stesso. La profezia è la fine e la fine è una profezia. Guillermo Del Toro e Chuck Hogan costellano questa profezia di simboli. Simboli che compaiono sotto forma di graffiti realizzati da una giovane writer non morta. Raffigurazioni stilizzate del nuovo tipo di entità che popolerà il mondo. Simboli che annunciano l’avvento del nuovo mondo. Arte fatta apposta per essere guardata «da occhi di vampiro», dice una dei sopravvissuti umani. Arte di un mondo che è già morto e lo sa. Prendete, suggeriscono Del Toro & Hogan, l’antico simbolo a falci di luna (che rappresentano il ciclo temporale racchiuso in tre eclisse totali) che sintetizza e presagisce l’avvento del Padrone nel più antico volume contro i vampiri della storia e, naturalmente, nei tre volumi della loro opera. Lo abbiamo visto mille volte, sventolato dai telegiornali, accompagnato da mascherine bianche, segnali di quarantena e cordoni sanitari. La bandiera gialla e nera del terrore pandemico, il monito contro la diffusione di un’antica minaccia. Che comincia per “V”. Che sta per vampiro e anche per un’altra cosa…

La caduta - VOTO: 4/5

Anno: 2010 - Nazione: Usa - Pagine: 303 - Prezzo: € 17,50
Autore: Guillermo Del Toro - Chuck Kogan
Edito da: Mondadori
Traduttore: G.L. Staffilano
Data di uscita in Italia: Maggio 2011 - Disponibile in eBook: disponibile

About SelenePascarella
Selene Pascarella è nata a Taranto nel 1977. Si è laureata alla Sapienza di Roma 23 anni dopo, con un tesi dedicata a Mario Bava, Lucio Fulci e i maestri dello spaghetti horror dal titolo "Estetiche di morte nel cinema dell'orrore e del fantastico". Giornalista per professione e per vocazione si occupa di cinema, tv, narrativa di genere e cronaca nera. Nel 2011 ha pubblicato, assieme a Danilo Arona e Giuliano Santoro, il saggio "L'alba degli zombie. Voci dall'apocalisse: il cinema di George Romero" (Gragoyle). Tra il 2012 e il 2013, Maya permettendo, ha curato il format 2.0 DiarioZ_Italia per Multiplayer.it.

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