Autori Bela Lugosi. Metamorfosi di un attore

Bela Lugosi. Metamorfosi di un attore

Secondo quanto tramandatoci dalla “storia”, il giorno della sua morte, il 16 agosto del 1956, Bela Lugosi pronunciò la seguente frase: “Io sono il conte Dracula, io sono il re dei vampiri, io sono immortale”

Secondo quanto tramandatoci dalla “storia”, il giorno della sua morte, il 16 agosto del 1956, Bela Lugosi pronunciò la seguente frase: “Io sono il conte Dracula, io sono il re dei vampiri, io sono immortale”. Subito dopo, l’ultimo visitatore, uscendo dalla stanza dell’ospedale di Los Angeles dove l’attore era stato ricoverato, dichiarò di aver visto un gigantesco pipistrello nero volteggiare attorno al corpo ormai privo di vita, per poi volare via nel cielo ormai sulla via del tramonto. L’attore fu sepolto all’Holy Cross Cemetery di Los Angeles, avvolto nel suo inseparabile mantello nero foderato di rosso, mentre l’amico Peter Lorre, rivolgendosi a Boris Karloff, chiedeva se avrebbero dovuto piantargli un paletto nel cuore… una leggenda che ha contribuito a fare della figura dell’attore ungherese una sorta di simbolo del male, la personificazione stessa della figura del cattivo al cinema.

I primi anni

Bela Lugosi, al secolo Bela Blasko, nacque a Lugos il 29 ottobre del 1882 e a vent’anni debuttò in teatro con la compagnia Pestri-Ihasz Lajos segnalandosi immediatamente per la straordinaria capacità di vivisezionare psicologicamente il suo personaggio (in quel caso un servo), grazie a una recitazione che dell’immedesimazione faceva il suo punto forte. Quando, qualche anno più tardi, la compagnia si sciolse, Bela trovò posto in quella di Polgar Karoly in cui rimase per quattro anni, per poi, nel 1912, entrare a far parte del teatro nazionale Ungherese, per il quale vestì i panni di Romeo, Amleto, Macbeth, Manfred e Guglielmo Tell in varie rappresentazioni di successo, ma quando, al sopraggiungere dell’estate, sui palcoscenici di Budapest le tragedie sembrarono improvvisamente lasciare spazio alle commedie, Bela trovò difficoltà ad adattarsi: “Perdere la propria individuale cadenza interna a vantaggio del ritmo collettivo, questo significa spesso la commedia… e questo davvero non mi riusciva”.

Dopo molti anni di gavetta teatrale, alla vigilia della Prima Guerra Mondiale, arrivò finalmente il debutto cinematografico che lo vide interpretare, sotto lo pseudonimo di Arisztid Olt, alcuni film prodotti dalla compagnia cinematografica “Star’s Phoenix”, sempre nel ruolo di antagonista. La sua carriera fu però interrotta dallo scoppio della guerra, che lo costrinse a sospendere la sua attività e a partire per la Germania dove, accompagnato dal suo inseparabile frac e da una borsetta nera, visse uno dei periodi più duri e difficili della sua vita. Oltre, infatti, alle grosse difficoltà di trovare una stanza dove dormire, Lugosi si sentì sempre un pesce fuor d’acqua lontano dalla sua Ungheria, ma per sua fortuna ancora una volta fu il cinema a venirgli in soccorso e alla fine degli anni ‘10 fu chiamato per la primissima versione cinematografica muta del celebre racconto di Robert Louis Stevenson Lo strano caso del dottor Jekyll e mister Hyde, realizzata dal regista Friedrich Wilhelm Murnau. La bella interpretazione sembrò infondergli nuova fiducia e a quel film ne seguirono altri, tra cui una versione di L’ultimo dei mohicani girata proprio nello stesso anno in cui un altro storico cattivo del cinema, Boris Karloff, debuttava ad Hollywood con una riduzione dello stesso romanzo.

 

L’arrivo a Hollywood: Dracula

Alla fine della Grande Guerra, Lugosi si spostò in Italia, a Trieste, dove senza denaro e sprovvisto di passaporto, si imbarcò per gli Stati Uniti alla ricerca del successo. Arrivò in America alla fine del 1921, decidendo immediatamente di assumere lo pseudonimo di Bela Lugosi, derivazione evidente del nome della sua città natale. Dopo un breve girovagare, l’attore giunse a Los Angeles sul finire del 1923, proprio in concomitanza con lo straordinario boom del cinema, che in quello stesso anno divenne la seconda industria dopo quella dell’automobile. Da Los Angeles si spostò a Hollywood e qui si stabilì, comprando anche una casa descritta come “lussuosamente gotica, posta su un precipizio e arredata interamente di lance, mazze di ferro e ossa umane mentre dai soffitti pendevano, nella loro caratteristica posizione di riposo, alcuni pipistrelli”.

Non appena a Hollywood, Bela Lugosi si iscrisse al Central Casting Office, ma in attesa della prima chiamata tornò a dedicarsi alla sua prima passione: il teatro. Tra il 1927 e il 1931 tornò protagonista in ruoli “vampireschi” grazie ai quali riuscì a smussare la sua recitazione a tratti troppo lenta e macchinosa, adattandola alle esigenze del pubblico americano, allora attratto da una recitazione eccessiva ed esagerata fatta soprattutto di mimica facciale. Lugosi cominciò così a entrare nei cuori e negli animi degli spettatori, fino al fatidico 1931, quando la casa di produzione Universal decise di investire 400.000 dollari nella realizzazione della versione cinematografica del Dracula di Bram Stoker. Dopo averlo interpretato con grande successo a Broadway, Bela fu naturalmente tra gli aspiranti Dracula, in mezzo a veri e propri divi del momento come John Griffith, Conrad Veidt e William Leonard Courtney, ma ciò che fece in più rispetto agli altri contendenti, fu stabilire una fitta corrispondenza con la vedova di Stoker, cercando di ottenere uno sconto sui 200.000 dollari che la donna pretendeva dalla Universal per cedere i diritti. L’operazione andò in porto e anche grazie alla riconoscenza dei produttori, Lugosi ottenne la parte, entrando di prepotenza nella storia del cinema.

Diretto da Todd Browning, Dracula rappresentò storicamente lo spartiacque tra cinema muto e sonoro: ispirato all’espressionismo tedesco (si veda soprattutto la tecnica della macchina da presa mobile che porta lo spettatore “dentro” la storia coinvolgendolo emotivamente) e legato ancora al cinema muto grazie a lunghe sequenze “silenziose” in cui la figura del vampiro domina in lungo e largo la scena (ricordiamo che Browning aveva raggiunto il successo proprio grazie a film muti), fu il primo film distribuito sia muto che sonoro e girato in due lingue (inglese e spagnolo) per soddisfare anche il pubblico latino-americano.

Con l’interpretazione del tenebroso conte Dracula, Bela Lugosi trasformò l’aspetto del vampiro cinematografico: dallo squallido e scarno vampiro di Murnau (Nosferatu – Il Vampiro del 1922), che si rifaceva letteralmente alla descrizione di Bram Stoker “nero dalla testa ai piedi, senza un solo cenno di colore in tutta la persona”, si passò a un personaggio più curato e affascinante: frac, camicia candida dai bottoncini di madreperla, fazzoletto che spunta bianco e delicato dal taschino e papillon stretto attorno al collo. Questa profonda trasformazione fu merito dell’attore ungherese che, spinto dalla volontà di fare di Dracula un personaggio metafisico, superiore ai comuni mortali, o più probabilmente da un più semplice sentimento di vanità già messo a frutto precedentemente anche nel carteggio con la vedova Stoker, riuscì a dare vita a uno dei personaggi più ricordati e imitati della storia del cinema, mettendo inoltre in evidenza due particolari fino ad allora del tutto trascurati: le scarpe e la capigliatura. Le prime, su cui le macchine da presa indugiano soprattutto nei momenti in cui il conte si corica nella sua bara, brillano minacciose nella loro straordinaria bellezza e lucentezza, mentre i capelli restano sempre perfetti, quasi fossero una parrucca, e scintillano di quel barlume minaccioso e cupo che fa del personaggio di Lugosi uno dei Dracula più spaventosi della storia del cinema.

 

Gli anni del declino

Dopo il grandissimo successo di Dracula, che permise a Bela Lugosi di entrare di diritto nell’Olimpo del cinema, arrivò il periodo oscuro della guerra che lo costrinse a interrompere momentaneamente la sua produzione per dedicarsi alla diffusione della cultura magiara negli Stati Uniti. In collaborazione con l’associazione Hungarian Anti-Fascist Committee, Lugosi organizzò vari spettacoli i cui proventi furono destinati a sostenere la resistenza in Europa e a soccorrere le vittime del nazismo. Tra queste iniziative, naturalmente, non ne mancarono alcune dove Lugosi tornò a vestire i panni del vampiro più famoso del cinema, come Il ritorno del vampiro, spettacolo ambientato in una Londra distrutta dalla guerra.

Ormai lanciatissimo come cattivo del cinema, Lugosi si trovò ben presto imprigionato nel personaggio di Dracula e le uniche offerte che gli arrivarono furono sempre legate a ruoli da bad boy: in Il dottor Miracolo (1932) è uno scienziato pazzo distrutto dal suo stesso esperimento; in L’isola degli zombie (1932) è lo stregone Legendre che resuscita i morti riducendoli in schiavitù; in I vampiri di Praga (1935) indossa ancora una volta i panni del conte Mora; Il figlio di Frankenstein (1939) e Il Terrore di Frankenstein è Igor, servo della Creatura; in L’uomo lupo (1941) interpreta uno zingaro licantropo; in Frankenstein contro l’uomo lupo (1943) veste i panni della Creatura stessa. Tutti film in cui Lugosi alterna parti da mostro a ruoli da pazzo e dove, grazie alla sua recitazione eccessiva, tendente fin troppo al realismo, i suoi personaggi si trasformano in esseri viventi.

Dracula, il personaggio che più di ogni altro gli aveva regalato la notorietà, per lui era ormai diventato reale più di ogni altra cosa, forse anche della sua stessa vita, e ogni film o spettacolo in cui lui ne indossava i panni si trasformava da finzione in realtà. Una realtà che Lugosi cercava in tutti i modi di far apparire tale anche agli spettatori, come lui stesso disse in un’intervista: “Non puoi essere credibile se, recitando una parte in un film dell’orrore, te la ridi sotto i baffi… se non sei serio la gente lo capisce. Non importa quanto la parte sia drammatica o ridicola: tu ci devi credere”. Una frase che spiega come Lugosi intendesse il cinema e soprattutto il vampiro: non finzione, non un semplice film, ma esperienza di vita.

About Marcello Gagliani Caputo
Giornalista pubblicista, scrive racconti (Finestra Segreta Vita Segreta), saggi sul cinema di genere, articoli per blog e siti di critica e informazione letterario cinematografica, e trova pure il tempo per scrivere romanzi (Il Sentiero di Rose).

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